Napoli, in caso di eruzione del Vesuvio l’unica speranza è San Gennaro: il piano di evacuazione è praticamente impossibile. Non si possono portare via oltre un milione di persone in poche ore

Estratto dell’articolo di Virginia della Sala e Marco Palombi per “il Fatto Quotidiano”

Non si può non essere d’accordo col sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, quando dice che parlando dello sciame sismico in corso ai Campi Flegrei “l’allarmismo non aiuta: ci vuole grande responsabilità nella gestione dell’informazione, dobbiamo dire ai cittadini la verità”.

E quindi va chiarito che ad oggi sul campo vulcanico flegreo non sta succedendo nulla di inusuale o troppo preoccupante – ancorché si stia discutendo in queste ore se alzare il livello di allarme ad “arancione” (il penultimo) – ma è altrettanto vero che quello resta un territorio a rischio in cui abitano quasi un milione e mezzo di persone, con infrastrutture viarie carenti e piani di evacuazione che esistono solo sulla carta, quando esistono.

Sperare in bene è certo utile, prepararsi al peggio però dovrebbe essere il compito delle istituzioni, specie se si parla di un’area geografica in cui tre milioni di persone vivono a 15-20 km da uno dei tre vulcani della zona.

Nelle zone a maggior rischio dei Campi Flegrei ci sono almeno 1,3 milioni di persone: 500 mila in “zona rossa” (a Pozzuoli, Bacoli, Quarto, in alcuni quartieri di Napoli, etc) e altre 800 mila in “zona gialla”. Questo è l’esodo biblico che andrebbe garantito dal Piano di evacuazione della Protezione civile in caso di eruzione.

Il ministro competente Nello Musumeci ne ha promesso l’aggiornamento in tutta fretta attraverso un decreto ad hoc in modo da consentire l’evacuazione anche per “bradisismo intenso”: “Poteva essere concepito già diversi anni fa: una cosa è operare sotto la spinta emotiva della popolazione, un’altra farlo nell’ordinarietà…”.

Insomma, si è perso tempo e l’aggiornamento del Piano richiederà mesi: tanto vale capire cosa prevede quello in vigore. Come detto non riguarda i fenomeni sismici, ma solo l’eventualità di un’eruzione, che i tecnici della Protezione civile prevedono di “taglia media”: una colonna eruttiva di gas e pezzi di lava “alta fino a decine di km” con relativo “scorrimento di flussi piroclastici” per chilometri e la caduta di cenere e lapilli anche a grande distanza (più altri tipi di esplosioni “minori” tipo quelle freatiche).

Come si scappa da questo disastro? Quando viene dato “l’allarme” tutta l’area dovrebbe svuotarsi in tre giorni, 72 ore, le prime dodici dedicate a “permettere alle persone di prepararsi” e a “predisporre le necessarie misure di regolazione del traffico”: l’eventualità che quelle 72 ore non ci siano non è stata presa in considerazione, non esiste alcun “piano B” per una evacuazione a eruzione in corso.

Si presume che la gran parte delle persone si muoverà con la sua auto per allontanarsi: queste decine di migliaia di macchine dovrebbero seguire vie di fuga già individuate che però nessuno conosce e che in qualche caso non esistono. “Sono in parte ostruite da crolli, abusi edilizi e opere stradali incompiute”, dice Francesco Borrelli dei Verdi. “Le vie di fuga sono il punto debole: quelle esistenti andrebbero allargate e dovremmo crearne di nuove ad hoc”, conferma al Fatto il sindaco di Quarto, Antonio Sabino.

Per strada in quel momento ci sarà anche chi sceglie l’evacuazione “assistita”, ma su decine e decine di autobus: dovrebbe fornirli la Protezione civile regionale (ammesso li abbia) per prelevare le persone dalle “aree di attesa” comunali e portarle nelle sei “aree di incontro” – ovvero le stazioni di Napoli, Afragola, Aversa e Villa Literno, il porto di Napoli e una scuola di Giugliano – metà delle quali è peraltro in zona rossa. La fine del viaggio sono i “punti di prima accoglienza” nel resto d’Italia: secondo il Dpcm del 2016, ad esempio, i residenti a Pozzuoli andranno in Lombardia, quelli di Quarto in Toscana, etc.

La viabilità dell’area è il vero incubo: “Noi per evacuare dobbiamo attraversare tre Comuni: Bacoli, Pozzuoli e Napoli. La situazione è molto critica, abbiamo sole due strade per 12 mila abitanti, peraltro soggette a frane”, ci dice Giuseppe Pugliese, sindaco di Monte di Procida. È l’imbuto della fuga ben noto anche al primo cittadino di Bacoli, Josi Gerardo della Ragione: […]

Le esercitazioni sono un altro buco nero: fondamentali, ma finora ne sono state fatte poche e puramente simboliche. “Da Bacoli nel 2019 hanno partecipato solo 2 persone su 26 mila”, ammette il sindaco.

Anche quella appena annunciata dal presidente campano Vincenzo De Luca riguarderà qualche centinaio di persone: roba che serve a poco, perché anche il miglior piano del mondo è inutile se la popolazione non sa dove andare e cosa fare.

E ci sono molti dubbi che questo piano sia il migliore: “Un’evacuazione improvvisa, problematica e costosa, si stima 30 miliardi di euro all’anno”, sostiene Antonio Coviello, docente universitario e ricercatore del Cnr che si occupa dei rischi da calamità naturali e del loro impatto economico. […]

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