Il terrorismo sul clima di Repubblica e Stampa imposto dal loro padrone: l’erede di Gianni Agnelli ha notoriamente dichiarato di voler investire nella fuffa green

di Stefano Lorenzetto

dal sito http://www.stefanolorenzetto.it/pulci.htm, pubblicato da “Italia Oggi”

Titolo dalla Repubblica: «Oceani bollenti». Titolo dalla Stampa, stesso giorno: «Oceani bollenti». Vabbè che entrambi i quotidiani sono editi da Gedi, il cui presidente John Elkann di recente ha scritto agli azionisti che ha «iniziato a esplorare opportunità d’investimento nel climate-tech», ma vorremmo sommessamente far notare che a livello del mare una pentola d’acqua continua a bollire, se sotto le accendi il fuoco, a 100 gradi, mentre la temperatura media massima degli oceani è arrivata a 21 gradi. Quindi ne mancano all’appello 79 perché Pacifico, Atlantico e Indiano (tenderemmo a escludere Artico e Antartico) diventino bollenti.

Articolo pubblicato il 12 luglio 2023 da “Panorama”

Il futuro dei profitti ha un cuore verde. E spiega l’appoggio entusiasta alle politiche di decarbonizzazione in Europa e Nord America… Dove stia andando Exor della famiglia Agnelli-Elkann è stato messo nero su bianco da John Elkann a metà dello scorso aprile. A pagina 15 dell’annuale Lettera agli azionisti, il presidente della holding che vive dei ricchi dividendi di Ferrari, Cnh Industrial e Stellantis, scrive: «Abbiamo anche iniziato a esplorare opportunità d’investimento nel climate-tech, essenzialmente focalizzate nel ridurre le emissioni di gas delle case green». Ovvero, il piano che sta spaccando l’Europa e rischia di tramutarsi in un salasso per i proprietari di casa di una nazione come l’Italia, dove i170 per cento delle famiglie ha almeno un’abitazione. Clima e ambiente non pesano ancora tantissimo, in termini assoluti, nell’economia della famiglia torinese che ha posseduto la Fiat. Ma sono la punta di diamante della nuova Exor, un colosso gestito con straordinaria intelligenza e visione, capace di macinare dividendi «old style» da auto e trattori e di reinvestirli nel lusso, nella moda, nella sanità e nella ricerca su tumori e malattie infettive. Vaccini compresi.

Exor, che ha sede in Olanda, a fine 2022 aveva un patrimonio netto di 28,2 miliardi di euro: quadruplicato nel giro di dieci anni e quasi 10 volte superiore ai 3,2 miliardi del 2009, quando la società nacque dalla fusione tra le storiche holding Ifi e Ifil. L’ultimo bilancio al 31 dicembre 2022 si è chiuso con ricavi per 41,9 miliardi, un utile di 4,2 miliardi e una potenza di fuoco finanziaria da 6,5 miliardi, di cui 5 per fare nuove acquisizioni. Dalle controllate sono arrivati 3 miliardi di utili e 839 milioni di cedole. Le tre partecipazioni maggiori sono Ferrari (22,9 per cento), Stellantis (14,4 per cento) e Cnh Industrial (26,9 per cento). Solo l’anno scorso, Ferrari ha garantito 61 milioni di euro di dividendi, Stellantis 467 e Cnh 103 milioni. E se i bilanci Exor tengono il valore della quota Ferrari a costo storico di 633 milioni, in Borsa quel pacchetto alla fine di giugno valeva 13 miliardi. Discorso simile per il colosso delle macchine agricole e movimento terra, il cui valore di libro in Exor è a 1,87 miliardi, ma sul mercato ne vale 5. Insomma, il cuore antico e «pesante» della Exor assicura il 75 per cento dei dividendi (631 milioni di euro su 839 nel 2022).

Ma Exor guarda altrove, com’era chiaro già tre anni fa dalla scelta vincente di mollare Fca ai francesi di Psa Group e di tenersi il «cavallino rampante» di Maranello, che fa pane di un altro settore, il lusso. La nuova vocazione green di Exor marcia di pari passo con l’impegno crescente in comparti leggeri, innovativi o comunque anticiclici e in costante crescita, come quello della cura della persona. Exor ha fatto irruzione nella moda a dicembre del 2020, investendo 80 milioni di euro per conquistare la maggioranza (82 per cento) della griffe cinese Shang Xia, cresciuta con l’aiuto dei parigini di Hermès. Pochi mesi dopo, a marzo del 2021, un colpo a effetto: Exor ha staccato un assegno da 541 milioni per diventare azionista al 24 per cento delle scarpe francesi valutando la maison delle suole rosse re scorso, Louboutin ha garantito 28 milioni di utili, mentre Shang Xia viaggia ancora in perdita, ma è vicina alla svolta.

Un altro simbolo dell’era post-automobile è Nuo, costituita al 50 per cento con la Wwicl della famiglia Pao Cheng di Hong Kong nel giugno del 2021. La società è partita con 300 milioni di euro e investe in medie imprese italiane che realizzano beni di consumo di alta gamma. I primi investimenti sono stati in vini, abbigliamento, design e prodotti per la cura della persona con l’acquisto per 50 milioni del 30 per cento di Ludovico Martelli, che ha in portafoglio marchi storici comenc Marvis e Valobra. L’anno scorso, Nuo ha comprato ae i126 per cento dell’azienda pugliese Andriani che produce paste senza glutine e fattura poco meno di 100 milioni di euro. E a dicembre del 2021 aveva rilevato il gruppo di abbigliamento tecnico perla montagna Montura, insieme alla Herno. Insomma, mentre gli stabilimenti italiani della ex Fiat Chrysler sono molto sottoutilizzati e bersagliati dalla cassa integrazione (che paghiamo anche noi), coni dividendi Stellantis gli Agnelli-Elkann svariano dalle scarpe di lusso all’alta moda, passando per dentifrici, creme da barba e giacche da sci. Entrano nel mercato cinese e aiutano capitali di Hong Kong a fare incetta di marchi italiani.

Ma ovviamente, non è finita qui. Nel 2022, Exor ha investito un miliardo di euro nella sanità, dove prevede di continuare a espandersi. Ad aprile ha rilevato per 67 milioni il 45 per cento di Lifenet Healthcare, guidata da Nicola Bedin, che gestisce una rete di cliniche private tra Emilia Romagna, Lazio e Piemonte e ha messo nel mirino la Lombardia. A luglio 2022, Exor ha comprato per 833 milioni il 10 per cento del prestigioso Institut Mérieux, che fattura 4 miliardi e conta 21 mila dipendenti. Il gruppo francese è leader mondiale della diagnostica in vitro e ha attività che spaziano dalla scienza della nutrizione alla sicurezza alimentare, fino allo sviluppo di cure contro i tumori e le malattie infettive, inclusi i vaccini. Anche qui, vale la pena leggere che cosa ha scritto un entusiasta John Elkann nella Lettera agli azionisti: «Il Covid19 ha accelerato l’innovazione in quest’area e la corsa attuale è guidata da tre fattori: il bisogno di una diagnostica veloce per combattere la “pandemia silenziosa” della resistenza antimicrobica che, se non controllata, potrebbe causare fino a 10 milioni di morti all’anno fino al 2050; la domanda di test diagnostici di accompagnamento che permette trattamenti individuali; l’esigenza di una diagnostica sempre più rapida che si allargherà dai laboratori ospedalieri a tutti i vari centri sanitari, fino a casa».

Il futuro della sanità è questo, siamo tutti avvertiti. Per evitare di andare in clinica, perb, è anche utile non vivere in un pianeta contaminato. 0 meglio, in un Occidente green, perché intanto i nostri soci cinesi e indiani possono continuare a fare quello che vogliono. E allora eccoci al gioiello danese Welltec, specializzato in robot e tecnologie destinate al settore petrolttero e del gas. Exor aveva rilevato i113 per cento per 103 milioni di euro nel 2016 e nel giugno di due anni fa ha chiuso l’operazione arrivando al 95 per cento. Le nuove missioni di Welltec sono la cattura dell’anidride carbonica e lo sfruttamento della geotermia. La holding di Amsterdam ha anche messo gli occhi sul nucleare e dal 2021 è tra i soci finanziatori di Newcleo, una startup nata tra Torino e Londra che ha appena annunciato investimenti per 3 miliardi di euro entro il 2030 per lo sviluppo di un piccolo reattore modulare in Francia. Questi Smr (Small nuclear reactors) sono impianti di energia nucleare da circa 300 megawattora, più piccoli e meno potenti di quelli tradizionali, ma più rapidi da costruire e più sicuri. Ovviamente, anche qui la parola magica è «decarbonizzare».

Ma per capire dove osano gli Agnelli è anche utile vedere che combina Exor Ventures, il braccio armato nel campo del venture capital. Nel 2022 ha investito circa 500 milioni di dollari in 75 società, essenzialmente nella mobilità intelligente, il fintech, la cura della persona. E come ha spiegato John Elkann, «abbiamo anche iniziato a esplorare opportunità d’investimento nel climatetech, essenzialmente focalizzate nel ridurre le emissioni di gas delle case green». Con il termine «climate tech» (o «climatetech») si definisce un’ampia serie di settori impegnati nella sfida di decarbonizzare l’economia mondiale, per arrivare alle emissioni zero nel 2050. Quanto ai cosiddetti «obiettivi ESG» (ambiente, società e governance, in sostanza il politicamente corretto in azienda), il presidente di Exor aggiunge che «non sono solo importanti per il modo in cui operiamo, ma sono anche un punto di vista interessante per opportunità di investimento». Evviva la sincerità. E ancora sul fronte dell’innovazione tecnologica, lo scorso aprile è nata Lingotto, società di gestione di investimenti a lungo termine. Ha un glorioso nome italiano, ma ha sede a Londra ed è partita con una capacità di investimento da 3 miliardi di dollari, al 50 per cento con i francesi di Covéa, il colosso assicurativo a cui Exor l’anno scorso ha venduto PartnerRe per 8,6 miliardi. Come presidente non esecutivo di Lingotto è stato ingaggiato George Osborne, cancelliere dello Scacchiere del Regno Unito dal 2010 al 2016.

Certo, tra le partecipate di Exor, oltre alla malandata Juventus, ci sarebbe anche il piccolo impero editoriale della Gedi, che nel biennio 2020-2021 ha perso 210 milioni di euro e l’anno scorso è tomato a un piccolo utile di 2 milioni dopo cinque anni in rosso. Ma quando si parla di informazione non bisogna essere meschini e stare li a guardare il centesimo. Schierare quotidiani gloriosi come La Stampa e la Repubblica, o il settimanale The Economist (il cui primo azionista è Exor) per promuovere nuovi stili di vita e modi di curarsi, tanti vaccini, una transizione verde a tappe forzate e per ricchi, oltre al famoso nucleare pulito, in fondo è nell’interesse di tutti. Specialmente dei soci di Exor.

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