Estratto dell’articolo di Paolo Virtuani per il “Corriere della Sera”
«Se li vedete, avvertite il 112». È l’appello lanciato dal Comando provinciale dei Carabinieri di Udine: si sospetta che Edmond ed Eduard Trushi, albanesi, 38 anni,siano gli autori di furti avvenuti negli ultimi mesi con la tecnica del «foro nell’infisso». I due gemelli sono autentici specialisti: con il trapano fanno un buco nell’infisso, poi infilano un filo di ferro con il quale aprono la porta o la finestra e si intrufolano in casa per svaligiarla.
Così hanno compiuto centinaia di colpi negli ultimi anni nel Nord-Est ma anche in Piemonte, in Lombardia e in alcune regioni del Centro. Il problema è che i due sono praticamente identici (stesso taglio di capelli e stessi tatuaggi) ed era difficilissimo attribuire in modo specifico a uno di loro due il reato soltanto con l’analisi del Dna: le loro tracce lasciate sui luoghi del delitto davano risultati incerti.
Grazie anche a questo, erano stati assolti tre volte, l’avevano fatta franca per molto tempo ed erano stati soprannominati «Gemelli Lupin». Finché, con tecniche come l’analisi delle loro impronte digitali (che, per quanto gemelli omozigoti, restano differenti) e il tracciamento dei loro spostamenti incrociando celle telefoniche e tabulati, si riuscì a incastrarli e arrivare alla loro condanna nel 2020 da parte del Tribunale di Mantova a 2 anni e due mesi. In precedenza erano stati condannati a Pordenone: in primo grado a 6 anni e 10 mesi e in appello a 5 anni e 5 mesi per 41 furti. Nel 2014 i carabinieri trovarono del Dna su un’auto rubata e poi lasciata a Sacile dopo un lungo inseguimento.
Da quelle tracce si era risalito a Eduard Trushi, ma nel processo che si svolse fu assolto in quanto non era stato possibile «oltre ogni ragionevole dubbio» stabilire chi dei due fosse al volante. Dall’inchiesta era infatti emerso che l’impronta genetica dei due gemelli era troppo simile e avrebbe richiesto analisi più approfondite. Nel luglio 2015 era stata perquisita la loro casa a Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, dove erano stati ritrovati circa 300 mila euro di refurtiva: 24 mila euro in contanti, Rolex, diamanti, altri gioielli e apparecchiature elettroniche.
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