“Non lo faremo”. L’ostruzionismo delle Ong che guidano le navi pirata che Piantedosi vuole spezzare: la mossa del ministro

di Matteo Milanesi per il blog di Nicola Porro

È Piantedosi contro tutti. Dopo lo stop alle due navi Ong Ocean Viking e Humanity One, rispettivamente battenti bandiera norvegese e tedesca, quest’ultima ha forzato i confini marittimi italiani, senza l’autorizzazione del ministro dell’Interno, circa quarantotto ore fa. Come già riportato nella giornata di ieri, il diritto internazionale vuole che la competenza delle navi umanitarie spetti, in questo caso, a Oslo e Berlino, ma le risposte dei due Stati sono state chiare. Dopo un primo silenzio, la Norvegia non ha dato la propria disponibilità ad accogliere i migranti; mentre Berlino e Parigi hanno manifestato una lieve apertura nell’accogliere “parte dei rifugiati”. Bisognerebbe stabilire, però, il vero significato della parola “parte”: fa riferimento ad un numero che risponda a criteri di equa distribuzione, oppure il masso dovrà essere sempre a capo dell’Italia, come avvenuto in questo decennio a trazione centrosinistra?

Lo sbarco

Piantedosi, comunque, continua a mantenere la linea dura. Nella conferenza stampa con Giorgia Meloni, seguita alla conclusione del Consiglio dei Ministri, l’ex braccio destro di Matteo Salvini era stato chiarissimo: sì all’assistenza sanitaria ed umanitaria, ma chi non ha diritto non potrà sbarcare. Detto, fatto: nella notte, la nave Humanity One è arrivata al porto di Catania con a bordo 179 immigrati. Di questi, dopo l’ispezione delle autorità italiane ed il primo via libera all’accoglienza di un neonato di 7 mesi e tre minori, si sono aggiunti 140 rifugiati, mentre per i restanti 35 (buona parte di origine pakistana) vi è un obbligo di ritornare in acque internazionali con la Ong. Per il momento, comunque, la Humanity One rimane ancora ferma al porto di Catania, dove sono sopraggiunte una delegazione del Pd e un’altra di Sinistra Italiana, che hanno ispezionato la nave in mattinata. Per ora “non ci è stato chiesto di partire – riferisce l’Ong – noi restiamo nel porto e abbiamo intenzione di sbarcare anche gli altri 35 naufraghi ancora a bordo”. Braccio di ferro.

“Rispetto delle regole”

Dalla politica del governo Meloni, quindi, si rilevano due dati fondamentali. Da una parte, come già detto, potranno trovare rifugio nei confini italiani solo fragili, minori, donne e conseguentemente chi ne ha diritto secondo le norme italiane e comunitarie. Dall’altra, invece, si evince il chiaro rispetto delle regole, che non sono più regolamenti invecchiati sulla carta, ma a cui ne viene data una decisa attuazione. Lo afferma anche lo stesso Piantedosi: “L’Italia si farà carico di ciò che presenti problemi di ordine assistenziale e umanitario, ma senza derogare al fatto che gli obblighi di presa in carico competono allo Stato di bandiera”.

Cosa significa? Il piano di Piantedosi prevede un “cambio” di strategia rispetto al passato. Fino a ieri i migranti venivano caricati dalla nave Ong, portati in porto italiano dove, dopo l’identificazione, gli stessi presentavano formalmente richiesta di asilo. Secondo il ministro dell’Interno, questo processo potrebbe avvenire direttamente a bordo della nave. Essendo ogni imbarcazione una sorta di “isola galleggiante” di proprietà dello Stato di cui batte bandiera, se i migranti chiedessero asilo direttamente a bordo, spetterebbe ai relativi Stati farsene carico.

“La responsabilità è dei comandanti, sono loro a dover rispettare le regole. Non possiamo agire sugli Stati, ma su di loro sì”, spiega Antonio Tajani. Dalle Ong è però arrivato un netto diniego all’ipotesi identificazione a bordo. “Il capitano di una nave che soccorre persone in mare non è obbligato a identificarle ma a soccorrerle – ha detto Alessandro Porro, presidente di Sos Mediterranee Italia – La prassi prevede che l’identicazione sia effettuata al momento dello sbarco dalle autorità competenti, nel caso dell’Italia dalle forze di polizia”. Loro, insomma, non intendono farlo. “Identificare le persone a bordo, suddividendole tra richiedenti asilo e migranti – aggiunge Porro – violerebbe il principio di non discriminazione sancito dal diritto internazionale. Senza contare che la richiesta di asilo non può essere fatta a bordo. L’identificazione è una competenza esclusiva dello Stato di approdo”. Il governo, è chiaro, non la pensa così.

La situazione nel Mediterraneo

Nel frattempo, la situazione ai confini si fa sempre più tesa. Per le ore 13 è stato preannunciato l’arrivo della Ong Geo Barents al porto di Catania, proprio per valutare i casi di vulnerabilità a bordo. Si tratterebbe di quasi 600 migranti da controllare e ispezionare. Nonostante tutto, pochissimi minuti fa, è arrivata la firma del ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, insieme ai colleghi di Interno e Difesa, che hanno ribadito l’obbligo di abbandonare le acque italiane dopo il termine delle operazioni di soccorso delle autorità.

Allo stesso tempo, lungo i confini marittimi a sud di Calabria e Sicilia, sono posizionate altre due navi Ong (Rise Above e l’onnipresente Ocean Viking) con 324 persone a bordo. E si presume che il trattamento sarà lo stesso: sì all’assistenza, ma no all’assunzione di responsabilità spettanti ad altri Paesi.

Intanto, la portavoce di Sos Humanity, Petra Krischok, parlando con i giornalisti presenti sul posto, paventa una presunta illegalità “se non dovessero sbarcare tutti i migranti”. Come abbiamo visto, però, la realtà risulta essere all’opposto: accogliere indiscriminatamente, compresi coloro che non avrebbero diritto, non solo metterebbe sotto pressione gli hotspot (che a Lampedusa, per esempio, contano un numero di migranti tre volte superiore rispetto ai posti totali), ma rischierebbe di avallare il solito circuito immigrazionista, dove l’Italia è vista come porto dell’intero continente europeo.

Si badi bene: fino a questo momento, il ministro Piantedosi sta applicando quelle che sono le norme comunemente accettate dall’intero continente. Le responsabilità sono a capo di chi rispetta ed applica le leggi, oppure di chi le deroga agli altri Stati dell’Unione Europea?

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