La risorsa si era schiantata contro l’auto ferma al casello ammazzando le due amiche che erano a bordo: il giudice lo ha assolto perché «incapace di intendere e volere»

Milano, tamponò e uccise due donne al casello della A4: assolto perché «incapace di intendere e volere»
di Luigi Ferrarella per Corriere.it

Già in passato era stato dichiarato incapace di intendere e di volere in un procedimento per rapina, lesioni e violenza privata, ma non gli era stata tolta la patente

Il problema non è che sia capitato una volta nel 2023, ma che tutt’oggi possa ricapitare che a prendere e mantenere la patente sia una persona affetta da patologie psichiatriche incompatibili con la guida, fatto salire il giorno prima su un aereo perché in palese delirio. Tanto che la cosa più lineare finisce per essere ieri in Tribunale a Milano proprio l’esito — «non luogo a procedere» per «totale incapacità di intendere e volere», più 4 anni di misura di sicurezza in una Rems a motivo della pericolosità sociale — del processo a Amine Mohaamed El Mir: cioè al 40enne italiano di origine marocchina che la notte del 18 febbraio 2023, a folle velocità in auto per fuggire da chissà quali suoi demoni in quella «sindrome da fine del mondo» ora attestata da due coincidenti perizie psichiatriche, piombò sull’ingresso del casello autostradale Ghisolfa sulla A4 Torino-Milano, uccidendo Laura Amato e Claudia Turconi (54 e 59 anni) mentre pagavano il pedaggio.

Già il 17 ottobre 2015 un «non luogo a procedere per totale vizio di mente» gli era stato sentenziato dal Tribunale di Piacenza per una tentata rapina con resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, quando una perizia ne aveva attestato un «disturbo psicotico breve» tra un minimo di un giorno e un massimo di 30.

Ma il 27 ottobre 2018 la Motorizzazione civile di Piacenza, all’oscuro di perizia e sentenza, gli aveva rilasciato normalmente la patente. E anche all’interno del Servizio sanitario una mano evidentemente non ha saputo cosa sapesse l’altra, benché dal 2015 al 2020 l’uomo fosse stato in carico a un Centro di salute mentale. Il medico firmatario del certificato per la patente parrebbe essere stato in condizione di conoscerne le turbe visto che dall’8 luglio 2020 fa tre prescrizioni di visite psichiatriche: e del resto il paziente già a un altro medico in una banale visita chirurgica il 14 febbraio 2019 aveva riferito di assumere in forma cronica un potente antipsicotico. Ma il medico curante non aveva obbligo di segnalazione: a carico dei medici di assistenza primaria questo obbligo era stato inserito nella prima stesura del decreto del ministero dei Trasporti del 30 novembre 2010 in recepimento della direttiva europea 112/2009, ma poi i medici lamentarono il possibile incrinarsi del rapporto fiduciario con i pazienti, sicché il successivo decreto legislativo 59 del 18 aprile 2011 restrinse l’obbligo solo a specifiche categorie di medici (come quelli militari o delle ferrovie) individuate dal Codice della strada all’articolo 119.

Martedì El Mir, difeso dall’avvocata Wally Salvagnini, ha letto al giudice Tommaso Perna e al pm Paolo Filippini una lettera di «scuse» per l’«immenso dolore» procurato ai familiari delle due donne uccise, «in quel maledetto istante non comprendevo cosa stavo facendo, stavo male, molto male (…). Mi sento un po’ vittima perché forse se i medici si fossero accorti che io avevo una patologia, mi avrebbero costretto a farmi visitare». Il giorno prima dello schianto era stato respinto all’imbarco di un volo a Malpensa, un medico lo aveva visitato (e calmato con un farmaco), un’ambulanza l’aveva portato all’ospedale di Gallarate, da cui però in attesa del triage si era allontanato, facendosi riportare da un cugino all’auto parcheggiata. A suo dire per riposarvisi. E invece per poi materializzarsi come un «proiettile» al guard-rail del casello.

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