Il burattino di Repubblica che copre le malefatte del suo padrone John Elkann: con questo trucco ha relegato la notizia dell’indagine in corso dell’erede del clan Agnelli

La notizia finisce relegata in fondo su “Repubblica” e “La Stampa” di proprietà degli Elkann, dopo le bacchettate al governo che “si arrende ai furbetti fiscali”

di Paolo Bracalini per Il Giornale

Bisognava cercarla bene la notizia di Elkann indagato sulla Stampa di ieri, giornale di proprietà degli Elkann. Nessun accenno in prima pagina, evidentemente non è stata giudicata di sufficiente rilievo per superare in importanza l’intervista al pilota Bagnaia o gli allarmi sul gennaio troppo caldo che minaccia il Brunello e l’olio d’oliva. Eppure la tematica, quella dell’evasione fiscale grave piaga italiana, è una di quelle che appassiona il giornale torinese, gruppo Gedi, lo stesso che possiede La Repubblica, altro quotidiano molto vigile sull’argomento. Specie quando il governo di centrodestra «si arrende agli evasori», come appunto titolava Repubblica parlando del concordato fiscale per le partite Iva varato dall’esecutivo con l’obiettivo di far emergere il sommerso presunto. Titolo molto simile alla Stampa per la quale la riforma fiscale del governo Meloni è «un regalo agli evasori».

E l’inchiesta sulle irregolarità fiscali milionarie contestate all’editore? Con un po’ di pazienza, sfogliando fino a pagina 20, anche sulla Stampa si trova il pezzo sulla faida di casa Agnelli-Elkann. Certo, si tratta di «presunte irregolarità», come avverte il sommario iper-garantista. Nel pezzo si ripete per due volte, giusto per chiarezza, che le accuse sono «presunte» e per tre volte che si tratta delle «ipotesi formulate dai magistrati», sono «le ipotesi degli inquirenti», e insomma quella di Margherita è una «ipotesi» su «presunte irregolarità fiscali». La stessa delicatezza che si ritrova nell’altro giornale di famiglia, Repubblica, che con il fratello torinese condivide la scelta di non menzionare in prima pagina l’indagine sull’editore.

Anche sul quotidiano diretto da Maurizio Molinari il lettore deve arrivare fino a pagina 20 per sapere che l’editore di Repubblica è indagato. Qui però il garantismo pervade anche il titolo: «Presunte irregolarità fiscali». Anche qui «se le ipotesi della procura dovesse trovare riscontro» eccetera. Non c’è traccia dell’indignazione che invece pervade gli articoli sulle norme fiscali varate dall’esecutivo. La cui riforma del fisco, per Repubblica, è «iniqua e favorevole agli evasori» perchè «strizza l’occhiolino con concordati e riduzioni delle sanzioni a chi le tasse non le paga». Cioè le solite partite iva e gli autonomi, non certo le ricche famiglie di ereditieri e editori di giornali progressisti. Il fisco del centrodestra «è amico soltanto di chi evade», spiegava Massimo Giannini, ex direttore della Stampa, ora editorialista di Repubblica. In attesa della sentenza sulle presunte evasioni dell’editore.

È da un po’ di tempo che la questione della proprietà viene fuori sui giornali del gruppo. La scorsa estate c’era stato l’incredibile pezzo di Alain Elkann sul suo viaggio in treno disgustato dai «lanzichenecchi» bifolchi e vestiti male seduti vicini a lui. Un reportage classista che aveva imbarazzato i giornalisti e costretto il comitato di redazione a prendere le distanze dalla direzione con un comunicato (non pubblicato dalla direzione) molto duro per il «grave danno di reputazione causato alla nostra testata dal pezzo a firma di Alain Elkann, padre del nostro editore. Già questo particolare rappresenta di per sé una commistione editoriale, ma anche le argomentazioni riportate non rispecchiano in alcun modo le sensibilità di chi questo giornale lo fa uscire tutti i giorni». Poi la guerra Hamas-Israele, con una linea della direzione (e dell’editore) troppo filo-israeliana non condivisa da gran parte della redazione che le giudica non in sintonia con le posizioni di un giornale di sinistra. Poi nei giorni scorsi il duro scontro con la Meloni su Stellantis (ex Fiat) francesizzata e la sede spostata all’estero. Parole che hanno ricordato la micidiale diagnosi dell’ex editore di Repubblica, Carlo De Benedetti: «Elkann sostanzialmente ha comprato i giornali solo per coprire la fuga di Stellantis dall’Italia – disse al Foglio -. Per coprire la deindustrializzazione e la smobilitazione degli impianti produttivi automobilistici di un gruppo che ormai è francese. Di come vanno questi giornali non gli importa nulla».

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