Calenda come Meloni: anche lui si rimangia la parola. Si accoda come un cagnolino alla Schlein contro la riforma che prevede l’elezione diretta del premier, al contrario di quanto predicato per anni

Contro il premierato, il Pd pronto alle barricate. Al no si unisce Calenda
Roma — Contro l’elezione diretta del capo del governo che nelle prossime settimane dovrebbe avere il via libera del consiglio dei ministri, il Pd è pronto alle barricate. Per la segretaria Elly Schlein «le prerogative e le funzioni del presidente della Repubblica vanno difese»: non si toccano. E il premierato invece le mette in discussione. Un “no” secco arriva da tutte le opposizioni (eccetto Matteo Renzi, che ne ha fatto una sua battaglia).

La propensione al dialogo, per usare un eufemismo, non è la migliore prerogativa dell’opposizione nostrana. L’abitudine di Schlein e compagni rimane la stessa: dire “no” a tutto. Dalle riforme istituzionali alla rivoluzione della giustizia, dal nodo immigrazione all’autonomia differenziata. Le barricate, con un conseguente atteggiamento aprioristico, diventano il riflesso pavloviano adatto a qualsiasi situazione di minimo cambiamento. La riforma costituzionale che ha in mente l’esecutivo, il premierato targato Casellati, non va giù alla nuova ammucchiata rossa.

Il “no” delle opposizioni

L’asse sinistro è già pronto a difendere il fortino dello status quo. Il “no” secco al premierato mette d’accordo tutte le forze di opposizioni: dalla sinistra italiana di Nicola Fratoianni al campo largo firmato Elly Schlein e Giuseppe Conte, passando per Azione di Carlo Calenda. L’unico a sfilarsi dal carro anti-riforme è Matteo Renzi che, a onor del vero, ha sempre sostenuto l’ipotesi di una riforma istituzionale organica. Tutti gli altri, compreso l’apparentemente distante leader di Azione, parlano con una voce sola. L’elezione diretta del capo dell’esecutivo, che nelle prossime settimane dovrebbe arrivare sul tavolo del consiglio dei ministri, dovrà superare il “no” pregiudiziale in primis del Partito democratico.

“Le prerogative e le funzioni del presidente della Repubblica – assicura Elly Schlein – vanno difese”. Per la serie, viva lo status quo. Un’accusa smontata prontamente dalla stessa ministra delle Riforme, Elisabetta Casellati“I pilastri essenziali dellla riforma -ha spiegato su Repubblica la ministra – sono due: stabilità dell’esecutivo ed elezione diretta del premier da parte dei cittadini”. Le prerogative del presidente della Repubblica non saranno stravolte:“Sarà un modello italiano perché adattato alla sensibilità e alle esigenze del nostro Paese in un sistema di pesi e contrappesi – ha assicurato Casellati – che non svuoteranno le prerogative del Capo dello Stato come garante dell’unità nazionale. Il suo ruolo resterà cruciale e insostituibile”. La posizione paradossale del nuovo corso dem, sempre pronto alle barricate, si contra con il muro delle contraddizioni.

L’asse Calenda-Schlein

“Oggi – dice ancora la ministra – lo stesso Pd afferma che l’elezione diretta del capo dello Stato priverebbe la sua figura del carattere di terzietà e che l’elezione diretta del premier renderebbe irrilevanti le sue prerogative costituzionali”. E il paradosso è servito: “Da qui la loro proposta di un cancellierato alla tedesca che contraddice le premesse del loro ragionamento, perché questo modello indebolisce sostanzialmente la figura del presidente della Repubblica condannandola alla irrilevanza”. Ma il no al premierato arriva anche dal Movimento 5stelle, da Sinistra-Verdi e perfino da +Europa. Tra questi, ovviamente, arriva la bocciatura “senza se e senza ma” da Carlo Calenda. La posizione del numero uno di Azione, sempre attento a non apparire allineato al campo largo, si stanno via via sempre più schiacciando verso Schlein &Co. Le occasioni di estrema vicinanza con il nuovo corso dem si sommano, giorno dopo giorno. Prima il salario minimo legale, poi la sanità pubblica, adesso la riforma istituzionale.

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