Mattarella e l’indegno elogio all’invasione clandestina: senza alcun freno il maggiordomo della peggio feccia pensa solo ed esclusivamente a soddisfare le esigenze dei suoi padroni

Applausi, cori e standing ovation per Sergio Mattarella, il cui intervento era molto atteso al Meeting di Rimini. “Presidente, uno di noi”, è lo slogan con cui i volontari lo hanno accolto al momento del suo arrivo alla Fiera di Rimini. Poi l’ovazione all’ingresso in Auditorium e per la passerella finale, con in mezzo tanti applausi che hanno fatto da sfondo al discorso ufficiale. Tra i vari argomenti trattati, il presidente della Repubblica ha inviato un messaggio politico sul tema dei migranti.

“I fenomeni migratori vanno affrontati per quello che sono – ha dichiarato – movimenti globali, che non vengono cancellati da muri o barriere. Nello studio dell’appartamento dove vivo al Quirinale ho collocato un disegno che raffigura un ragazzino, di quattordici anni, annegato con centinaia di altre persone nel Mediterraneo. Recuperato il suo corpo, si è visto che nella fodera della giacca aveva cucita la sua pagella: come fosse il suo passaporto, la dimostrazione che voleva venire in Europa per studiare. Questo disegno – ha aggiunto il presidente – mi rammenta che dietro numeri e percentuali delle migrazioni, che spesso elenchiamo, vi sono innumerevoli singole persone con la loro storia, i loro progetti, i loro sogni, il loro futuro. Il loro futuro: tante volte cancellato”.

Per gestire i flussi migratori occorre “un impegno finalmente concreto e costante dell’Unione europea”. Secondo Mattarella è necessario “rendersi conto che soltanto ingressi regolari, sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio, sono lo strumento per stroncare il crudele traffico di esseri umani: la prospettiva, e la speranza di venire, senza costi e sofferenze disumane, indurrebbe ad attendere turni di autorizzazione legale. Inoltre ne verrebbe assicurato un inserimento lavorativo ordinato; rimuovendo la presenza nascosta, incontrollabile, di chi vaga senza casa, senza lavoro e senza speranza; o di chi vive ammassato in centri di raccolta, sovente mal tollerati dalle comunità locali”.

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