“Rispetto per il suo dolore ma diceva un sacco di minch***” Solo Vittorio Sgarbi ha avuto le palle per dire della signora Murgia quello che pensa la stragrande maggioranza degli italiani

Va controcorrente Vittorio Sgarbi. Che sulla scomparsa di Michela Murgia che si è spenta a 51 anni, scrive in un articolo pubblicato sul sito di Nicola Porro: “Non sono un ipocrita, e nel rispetto che si deve a chi non c’è più, e ancor più a chi le ha voluto bene, devo dire che della Murgia donna di cultura conservo un pessimo ricordo. Quando, per esempio, disse di Battiato: ‘Scriveva delle minchi***‘. Mi sarei aspettato argomentazioni più profonde invece che una battuta cosi triviale”.

E ancora, prosegue Sgarbi: “Ricordo anche quando, per puro pregiudizio politico e faziosità, trasformò un saluto militare in un saluto romano. O quando, pochi giorni fa, polemizzando con l’amministrazione di Ventimiglia, ha evocato addirittura ‘il regime fascista'”. Insomma, per il critico d’arte e sottosegretario alla Cultura la Murgia appartiene “a quella schiera di mitizzati intellettuali di sinistra a cui tutto è concesso, anche insultare uno dei più grandi autori e compositori della musica italiana con il compiacimento dei moralisti alla bisogna, pronti invece a scagliarsi contro i sovvertitori del politicamente corretto: penso a giornali militanti come Il Fatto o La Repubblica“.

Conclude Sgarbi: “Grande rispetto per la sofferenza di questa donna e per la sua morte, ma vedo e leggo messaggi e parole di circostanza che rivelano incoerenza e ipocrisia. Anche la Murgia, quando interveniva nel dibattito politico, diceva un sacco di minchi***. Ricordarlo oggi che non c’è più significa renderle onore con franchezza e lealtà”.

Perché non mi unisco al coro per Michela Murgia

di Vittorio Sgarbi per il blog di Nicola Porro
Non sono un ipocrita, e nel rispetto che si deve a chi non c’è più, e ancor più a chi le ha voluto bene, devo dire che della Murgia donna di cultura conservo un pessimo ricordo. Quando, per esempio, disse di Battiato: “Scriveva delle minchiate”. Mi sarei aspettato argomentazioni più profonde invece che una battuta cosi triviale.

Ricordo anche quando, per puro pregiudizio politico e faziosità, trasformò un saluto militare in un saluto romano. O quando, pochi giorni fa, polemizzando con l’amministrazione di Ventimiglia, ha evocato addirittura “il regime fascista”.

Ma la Murgia credo che appartenesse a quella schiera di mitizzati intellettuali di sinistra a cui tutto è concesso, anche insultare uno dei più grandi autori e compositori della musica italiana con il compiacimento dei moralisti alla bisogna, pronti invece a scagliarsi contro i sovvertitori del politicamente corretto: penso a giornali militanti come Il Fatto o La Repubblica.

Grande rispetto per la sofferenza di questa donna e per la sua morte, ma vedo e leggo messaggi e parole di circostanza che rivelano incoerenza e ipocrisia. Anche la Murgia, quando interveniva nel dibattito politico, diceva un sacco di “minchiate”.

Ricordarlo oggi che non c’è più significa renderle onore con franchezza e lealtà.

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