Estratto dell’articolo di Monica Serra per “la Stampa”
Non è la prima volta che il governo ungherese interviene sul caso di Ilaria Salis. Ma ieri le parole «dure e nette» del portavoce di Viktor Orban, Zoltan Kovacs hanno mostrato tutta l’irritazione di Budapest per l’interessamento del presidente Sergio Mattarella e dei media italiani, che ogni giorno seguono la vicenda della militante di sinistra da 13 mesi in una cella del carcere di massima sicurezza di Budapest, con l’accusa di aver aggredito tre neofascisti nel «Giorno dell’Onore» del febbraio 2022.
[…] si legge nel lungo post pubblicato da Kovacs su X […] «nessuna richiesta diretta da parte del governo italiano (o di qualsiasi altro importante organo di informazione) renderà più semplice difendere la causa di Salis, perché il governo, come in ogni altra democrazia moderna – sottolinea il segretario di Stato per le comunicazioni, quasi a voler rispondere alle critiche mosse alla scarsa indipendenza del giudici magiari – non ha alcun controllo sui tribunali».
Parole che rendono sempre meno fiducioso il papà di Ilaria, Roberto Salis, che da oltre un anno combatte al fianco della figlia: «Il processo è già stato fatto – commenta – il verdetto è stato emesso, non si capisce perché proseguano con le udienze… Quando c’è un politico che se la prende con un privato cittadino di un altro Stato è chiaro che c’è qualcosa di incredibile». Per Roberto Salis, il post di Kovacs dimostra quanto l’intera vicenda sia «tutta politicizzata».
[…] Scrive ancora Kovacs, che riposta il video della prima aggressione di cui è accusata la militante: «Da metà febbraio Roberto Salis ha fatto il giro dei media europei dicendosi “preoccupato” per la sicurezza della figlia finché sarà in Ungheria. Per questo hanno chiesto i domiciliari in Italia. Giovedì, il Tribunale di Budapest ha respinto la richiesta, affermando che esiste il rischio che l’imputata fugga o si nasconda. Per lei la procura chiede una condanna a 11 anni».
In verità, nel capo d’imputazione, la proposta di condanna a 11 anni veniva offerta dalla procura qualora lei si fosse dichiarata colpevole. Dopo che la militante ha respinto le accuse, rischia fino a 24 anni. «Perché?», aggiunge Kovacs nel post corredato da una serie di emoticon. In questo caso usa il pugno: «C’è il ragionevole sospetto che Ilaria Salis si sia recata in Ungheria con i suoi due amici #antifa con l’obiettivo di picchiare persone innocenti per le strade di Budapest. Nel frattempo, i media italiani hanno fatto del loro meglio per dipingere Salis come una martire».
Poi il portavoce ricorda le dichiarazioni del ministro degli esteri Szijjártó: «È sorprendente che dall’Italia stiano cercando di interferire in un caso giudiziario ungherese: non si è trattato di un crimine commesso per capriccio ma di un atto pianificato. Hanno quasi ucciso delle persone e ora Salis è dipinta come una martire».
Così, anche le speranze per il ricorso promosso dalla difesa contro il rigetto della richiesta di domiciliari davanti a un collegio di giudici di secondo grado, per la famiglia si fanno irrisorie. Il 24 maggio, intanto, si torna in aula davanti al giudice József Sós – lo stesso che in prima istanza e almeno per cinque volte ha respinto la richiesta di domiciliari – per ascoltare i primi testimoni dell’accusa: la presunta vittima dell’aggressione nel video, una cassiera e una donna di passaggio che ha assistito all’azione.
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