Le frodi alimentari, in un Paese la cui cucina è unanimemente riconosciuta come la migliore – e più sana – al mondo, sono uno dei reati in crescita costante, con sofisticazioni e adulterazioni che vanno a colpire i prodotti più importanti e diffusi della dieta mediterranea. Ecco perché l’associazione Altroconsumo ha effettuato una ricerca sull’olio d’oliva extravergine, conosciuto anche con l’acronimo EVO, prodotto in Italia e, in base parametri e criteri che lo categorizza, ha classificato i principali marchi. L’analisi è stata condotta su trenta oli extravergini di oliva presenti tra gli scaffali del supermercato: sui prodotti sono state effettuate delle analisi di laboratorio e l’assaggio.
Sicché, se da un lato è emerso che i campioni di olio prelevati siano tutti conformi ai parametri di legge, d’altro canto la successiva prova, eseguita per verificare le proprietà organolettiche del prodotto, ha riscontrato talune criticità che hanno fatto declassare da extravergine a vergine alcuni marchi, come leggiamo su Trend-online. La verifica è stata piuttosto accurata, avendo previsto un doppio passaggio. Ovvero, dapprima, i diversi oli sono stati assaporati da alcuni esperti assaggiatori del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e, in un secondo momento, le marche che hanno riscontrato criticità sono state sottoposte a un altro test effettuato dagli assaggiatori del Consiglio oleicolo internazionale. Ebbene, in virtù dei risultati delle due prove effettuate, alcuni marchi sono stati declassati da extravergini a vergini.
Dalle analisi effettuate, nove olii hanno ottenuto un punteggio che non scende sotto i 70 punti, ossia la soglia sotto il quale il prodotto è considerato di “qualità ottima stabilita”. La differenza tra olio extravergine di oliva e olio vergine risiede nel diverso sapore e odore dei due, oltre che nell’acidità: quest’ultima deve essere di 0,8 grammi per 100 grammi di prodotto nell’olio extravergine, mentre ha un tetto massimo di 2 grammi per 100 grammi di prodotto nell’olio vergine. Ecco il perché del declassamento di certi marchi. Se presenta qualità inferiore, pertanto, l’olio d’oliva non può essere commercializzato come “extra vergine” e dovrà essere venduto semplicemente come “olio di oliva” mescolato all’olio raffinato. Già oltre vent’anni fa l’Unione europea aveva fissato i parametri della classificazione dei diversi oli su base organolettica. Il Regolamento Cee numero 1531 del 23 luglio 2001, entrato in vigore dal primo novembre 2003, regola tutte le denominazioni degli oli d’oliva vergini, extravergini e di sansa. Emerge che la qualità degli oli deriva dalla produzione esclusivamente con mezzi e metodi meccanici e processi fisici che non causino alterazione del prodotto; inoltre, l’olio extravergine è tale perché subito come soli trattamenti solo: lavaggio, decantazione, centrifugazione e filtrazione. Senza alcuna sostanza “estranea”.
Ora, in base all’indagine di Altroconsumo, scopriamo il “podio” degli oli d’oliva extravergine italiani: il più rispondente ai criteri di cui abbiamo scritto sinora è il Monini Bios 100 per cento Italiano, con un punteggio di 78 in una scala che, come abbiamo scritto, non deve scendere sotto i 70 punti; abbiamo, poi, l’olio Clemente e il Carapelli.
Inoltre, Altroconsumo ha individuato il prodotto con il miglior rapporto qualità prezzo nell’olio Desantis Classico. Di buona qualità anche: Bio Podere del Conte, Carapelli Il frantoio, Desantis 100% italiano e Desantis classico, Conad Verso Natura Bio, De Cecco classico, Carapelli Oro verde.
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