Alexei Paramonov, ambasciatore russo in Italia, ha inviato una lettera a Repubblica dopo esser stato convocato dalla Farnesina in seguito al caso Navalny. Eccola di seguito
Caro Direttore,
di recente, nei discorsi dei politici occidentali e nei materiali dei principali mass media, si registrano sempre piĆ¹ frequentemente affermazioni sulle presunte intenzioni aggressive della Russia nei confronti dellāOccidente e in particolare degli Stati membri della Ue, dopo la fine del conflitto in Ucraina, sulla presunta inevitabilitĆ o alta probabilitĆ di uno scontro armato tra Russia e Nato nel giro di pochi anni. Lo spazio mediatico si riempie di nuovi āpiani segretiā della Nato in caso di guerra con la Russia, creando letteralmente unāatmosfera di psicosi prebellica. Anche la morte di Alexei Navalny, che di per sĆ© ĆØ un evento inaspettato e tragico che dovrebbe suscitare molta compassione umana, viene interpretata in Occidente in una chiave accusatoria ai fini di fomentare lāostilitĆ nei confronti delle autoritĆ russe e giustificare la frattura insanabile tra la Russia e lāOccidente.
Siamo onesti e ricordiamo una veritĆ ben nota: nella sua storia plurisecolare, la Russia non ha mai mostrato aspirazioni espansionistiche verso lāOccidente, ha solo risposto ad antecedenti atti di aggressione. LāOccidente, invece, compie regolarmente robusti tentativi di indebolire e spingere la Russia verso il cortile del mondo, lo fa con invidiabile ostinazione, circa una volta ogni secolo. Solo negli ultimi 400 anni la Russia ha dovuto sopportare lāoccupazione polacco-lituana del XVII secolo, le campagne del re svedese Carlo XII, lāinvasione della āGrande ArmĆ©eā di Napoleone e la fallimentare āBlitzkriegā di Hitler.
La Russia non dimentica nemmeno i piani postbellici degli ex alleati della coalizione antihitleriana che, nellāambito dellāOperazione Dropshot, prevedevano il massiccio bombardamento nucleare di quasi tutte le principali cittĆ dellāUrss, per fortuna, tutti i relativi documenti sono stati desegretati da tempo.
Nellāottica di questa esperienza storica ĆØ da considerarsi anche lāespansione a Est della Nato, iniziata negli anni ā90, nonostante gli accordi esistenti e in mancanza di una minima oggettiva necessitĆ , ma con gli stessi scopi ostili ed espansionistici. Questāultimi si esprimono in modo esemplare nel tentativo occidentale di sconfiggere la Russia per mano dellāUcraina, da tempo intesa, adescata, preparata, caricata a servire da ordigno ibrido contro Mosca.
Sia il Presidente Vladimir Putin che il Ministro degli Esteri Sergey Lavrov negli ultimi mesi hanno ripetutamente dichiarato che la Russia non ha intenzioni aggressive nei confronti dei Paesi occidentali. E se i piĆ¹ informati pubblicisti italiani (come lo stimato direttore Maurizio Molinari) sulle pagine dei principali quotidiani ammettono che i leader russi, a differenza di quelli occidentali, āfanno sempre quello che diconoā, allora dovrebbero essere coerenti e convenire che le cose stanno cosƬ anche in questo caso. Lo confermano i principali documenti teorici, prima fra tutti la Dottrina Militare della Federazione Russa adottata nel 2014, dopo la cui lettura anche un non competente puĆ² comprendere la logica puramente difensiva nella gestione dellāapparato bellico russo
Se durante la Guerra Fredda la tesi dellāinevitabilitĆ dello scontro tra Occidente e Oriente si fondava sulle insormontabili contraddizioni ideologiche tra il mondo capitalista e il sistema socialista e appariva piĆ¹ o meno razionale, oggi questa affermazione viene fatta sulla base dellāidea, attualmente di moda nellāambiente degli esperti anglo-americani, del mondo moderno come campo di battaglia tra ādemocrazie occidentaliā e āautocrazie orientaliā.
Questo quadro del mondo, tuttavia, ĆØ molto artificioso, superficiale, essenzialmente antiscientifico e non ĆØ supportato da osservazioni reali delle tendenze dello sviluppo sociale globale e delle realtĆ emergenti della vita internazionale. Se non altro perchĆ© la definizione di ādemocrazie occidentaliā, che in origine aveva un significato ben preciso, si sta sempre piĆ¹ svuotando di ogni contenuto.
Molti ricercatori hanno evidenziato lāerosione delle fondamenta veramente democratiche in Occidente tra cui lāultimo, E.Todd (āLa defaite dāOccidentā, āGallimardā, 2024), ha suggerito che lāattuale conflitto dovrebbe essere visto come āuno scontro tra la democrazia autoritaria della Russia e lāoligarchia liberale dellāOccidenteā. In effetti, i percorsi delle Ć©lite e delle popolazioni di molti Paesi occidentali hanno iniziato da tempo a divergere in modo significativo.
Durante il periodo della pandemia e sullo sfondo del conflitto in Ucraina, siamo stati testimoni del fatto che nel sistema politico occidentale le Ć©lite dirigenti ascoltano sempre meno le voci dei cittadini e sempre piĆ¹ si fanno pilotare da varie lobby e gruppi di influenza politici, industriali e finanziari, i cui interessi non hanno nulla a che fare con le richieste della popolazione, anzi, nella maggior parte dei casi, le contraddicono direttamente.
Allo stesso tempo, non si puĆ² contestare il fatto che la forma di governo presidenziale in Russia, introdotta in conformitĆ alla Costituzione del 1993 e agli emendamenti del 2020, sia marchiata da caratteristiche di democrazia diretta piuttosto che di democrazia proporzionale rappresentativa, come nella maggior parte dei Paesi occidentali. Non sarebbe quindi superfluo raccomandare a tutti di rileggere ogni tanto la carta costituzionale russa per la migliore comprensione dei principi fondanti della statualita` dellāattuale Federazione Russa. A questo proposito il punto di vista del ricercatore francese sembra quindi essere molto piĆ¹ vicino alla realtĆ rispetto alle dichiarazioni ufficiali delle alte tribune euro-atlantiche.
Nellāattuale situazione di crescente ostilitĆ dellāOccidente nei confronti della Russia, sorprende unāaltra cosa. Si nota sempre di piĆ¹ che, dietro ai discorsi sullāāautonomia strategicaā dellāUnione Europea, cāĆØ sempre meno Europa, la quale sembra dissolversi nei ranghi omogenei sempre piĆ¹ militarizzati dellāOccidente collettivo, plasmato prevalentemente da Stati Uniti e Regno Unito, grazie al rigido sistema delle relazioni transatlantiche che ĆØ stato a lungo il principale strumento militare e politico dellāegemonia anglosassone.
Dāaltronde, non sfugge il fatto che anche durante la Guerra Fredda, gli Stati dellāEuropa continentale erano meno subordinati agli Stati Uniti di quanto lo siano ora. Ora stiamo assistendo a come i nostri ex partner europei ā alcuni in misura maggiore, altri in misura minore ā siano stati trascinati in un conflitto che contrasta con i loro interessi e li porta allāautodistruzione.
Pare abbastanza logico che alcuni studi di scienze politiche abbiano suggerito che il livello di aggressivitĆ dellāEuropa nei confronti della Russia possa aumentare significativamente con il continuo deterioramento della situazione socioeconomica e lāaumento del numero di persone impoverite e moralmente degradate. Non sono forse questi gli obiettivi di vari guerrafondai in giro che spingono la Ue verso una completa rottura economica e ācivileā con la Russia, a qualsiasi costo?
Pertanto, per quanto possa sembrare paradossale e provocatorio, il fallimento dei piani dellāOccidente collettivo in Ucraina potrebbe essere una vera e propria vittoria per lāEuropa, che sarebbe finalmente in grado di respirare ācon entrambi i polmoniā, liberandosi dalla necessitĆ di essere una base territoriale degli Stati Uniti in Eurasia, di scontrarsi con la Russia āad ogni costoā, pagandone un prezzo ogni anno piĆ¹ alto. Inoltre, la Ue e i suoi Paesi membri, come del resto anche gli Usa, avrebbero la possibilitĆ di realizzarsi liberamente nel mondo multipolare emergente e sarebbero in grado di fare un uso pieno e sovrano dei loro indiscutibili vantaggi civili, tecnologici e culturali, senza remora alcuna
Oggi, come non mai, ha senso invertire la rotta autodistruttiva e pensare al futuro, alle opportunitĆ senza precedenti che le innovazioni nellāintelligenza artificiale e nelle altre tecnologie digitali, nella robotica, nella biomedicina, nellāesplorazione spaziale, nei trasporti, nellāurbanistica, nellāambiente, nella cultura e in molti altri settori, offrono allāumanitĆ intera. Questi grandi temi sono tra le principali prioritĆ della Russia sia nella definizione della sua agenda interna sia in relazione alle idee per lāinterazione, avanzate nel formato del Grande Partenariato Eurasiatico, come spazio di cooperazione strategica plurisettoriale nelle condizioni di reciprocitĆ di stima, equitĆ , interessi e del rispetto di sovranitĆ , diversitĆ di culture, tradizioni e civiltĆ , in cui lāEuropa continentale potrebbe ritagliarsi un posto adeguato e dignitoso.
Tuttavia, in risposta allāagenda aggregante che Mosca propone ormai da molti anni, i politici occidentali continuano, con una perseveranza degna di miglior causa, a cercare di resuscitare i costrutti distruttivi del passato, a dividere il mondo in āinsiderā e āoutsiderā, a creare focolai di tensione e conflitto tra gli indecisi e a stimolare incertezza, caos, povertĆ e migrazioni di massa. Tutto questo va veramente a vantaggio del progresso e dellāarmonia internazionale? E dove sono le aspirazioni espansionistiche e aggressive di Mosca in tutto questo? La risposta sembra ovvia.
Suscita profondo dispiacere che, nel contesto di tutto ciĆ² che sta accadendo in Europa, la culla della civiltĆ ebraico-cristiana, anche lāarte della diplomazia stia degenerando. I minuziosi sforzi congiunti per trovare compromessi, reciprocamente accettabili sulla base del rispetto dei reciproci interessi, non sono piĆ¹ considerati la forma migliore per risolvere le contraddizioni.
Prevalgono lā āistinto del brancoā, il diritto del piĆ¹ forte, il diktat, il rigetto delle ragioni altrui e il rifiuto dei punti di vista alternativi, la cieca fede nella superioritĆ aprioristica del modello di ordine mondiale occidentalocentrico, il vincolo preconcetto di tutte le decisioni prese dalle strutture del āmiliardo dāoroā. Tutto questo, ovviamente, non avvicina le prospettive di un ritorno al dialogo reciprocamente rispettoso e di una messa in cantiere di un ordine internazionale piĆ¹ sicuro, giusto, equo e inclusivo. Ma cāĆØ la speranza che non sia sempre cosƬ.
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Senza dubbio la Gran Bretagna e gli U.S.A. sono tutt’ora le nazioni piĆ¹ guerrafondaie del mondo e tutti i nostri politicanti sono loro servi.
L’attuale Russia ĆØ pacifica, ma abbraccia completamente le menzogne propagandistiche sovietiche sulla II GM ed ĆØ comprensibile, perchĆØ i sensi di colpa sono soltanto autodistruttivi e dividono la nazione.
Stalin per piĆ¹ di un decennio aveva istituito un’economia di guerra, aveva milioni di schiavi-prigionieri politici, produceva unicamente armi, anche moderne come il BT poi T-34 aveva mobilitato un milione di paracadutisti (!!!) e aerei… per invadere, conquistare tutta l’Europa, non mi si venga a raccontare la storiella dei russi, martiri e Santi:
la Polonia chi l’aggredƬ… San Stalin? PerchĆØ inglesi e francesi dichiararono guerra solo alla Germania?
PerchĆØ Hitler attaccĆ² la Russia e come fece a sbaragliarne l’esercito, 24.000 carri contro 4.400 tedeschi… in poche ore?
Stalin (la Russia) dopo qualche mese decise di aggredire anche gli inoffensivi stati baltici con l’approvazione degli “alleati” ed a fine guerra i russi si papparono tutta la Mittleuropa, che rimase in loro possesso fino all’89 schiacciando sotto i cingoli dei carriarmati i popoli (cecoslovacchi, ungheresi…) che dissentivano.
Ma oggi ĆØ nel nostro interesse avere relazioni amichevoli con la Russia, i popoli europei e russi vogliono soltanto vivere in pace.
Invece, la dottrina strategica inglese e poi USA afferma che se l’Europa e la Russia convivessero pacificamente si formerebbe la ricca e prospera Eurasia, con Cina e India, relegando gli anglo nella loro isoletta di periferia e gli USA ai margini del mondo… cosƬ sono piĆ¹ di un secolo che gl’anglo sobillano guerre per dividerci dalla Russia.