1. IL DEFICIT URLA, LA CASSA E’ VUOTA E SU PALAZZO CHIGI SVENTOLA BANDIERA BIANCA
2. ALLA DUCETTA SONO NECESSARI 20 MILIARDI PER COPRIRE IL DEFICIT DELLA LEGGE DI BILANCIO. LE VIE SONO DUE: TAGLIARE I COSTI O AUMENTARE LE TASSE. ONDE EVITARE DI ALIENARSI LE SIMPATIE DEGLI ELETTORI, A POCHI MESI DALLE EUROPEE, LA MELONA SCEGLIE L’ULTIMA SPIAGGIA: SVENDERE LāARGENTERIA DI STATO. MA POSTE, ENI, FERROVIE NON BASTANO
3. VIA CRUCIS: LE VERIFICHE DEL PNRR, LA RIFORMA FISCALE AL PALO, IL CUNEO UNA TANTUM, LA SANITĆ PUBBLICA AL COLLASSO ā DOVE LI PRENDIAMO GLI 80-100 MILIARDI PER LāAUTONOMIA?
DAGOREPORT di dagospia.com
L’arroganza parolaia di Giorgia Meloni ricorda quei poveretti che strepitano: “Dopo di me, il diluvio!” e poi sono costretti a limitarsi a tirare la catenella dello sciacquone.
Malgrado tutte le veline di Fazzo e i Bocchino in libera uscita su La7 che cianciano di un’Italia immaginaria dove tutto va ben Madame la Marchesa Giorgia, le casse dello Stato sono desolatamente vuote, come la testa di un Mollicone.
Dopo aver approvato la legge di bilancio in deficit da 28 miliardi, inclusivi dei 4,8 per il decreto fiscale, il Governo dovrĆ ricorrere a una manovra correttiva, anche in vista del ritorno nel 2025 del Patto di StabilitĆ e crescita.
Come scriveva Beda Romano sul āSole 24 Oreā del 20 dicembre 2023, āIl risanamento dei conti pubblici prende avvio da un primo periodo di quattro-sette anni, concordato con Bruxelles. Nei fatti i paesi membri con un debito superiore al 90% del Pil saranno chiamati a perseguire un aggiustamento pari ad almeno lā1,0% del Pil in media annua.
”Nel caso di deficit eccessivo, lāaggiustamento strutturale dovrĆ essere di almeno lo 0,5% del Pil. Nel periodo transitorio 2025-2027 circostanze attenuanti, quali il costo del servizio del debito, permetteranno di limitare lāonere dellāaggiustamento.
”Inoltre, ĆØ stato deciso di introdurre salvaguardie di bilancio che impongano deficit dellā1,5% del Pil in termini strutturali, in modo da avere spazio di manovra nel caso di shock economicoā.
Altro che le roventi e demenziali polemiche che hanno accompagnato il rigetto italico della ratifica del Mes (che lascia libero ogni Stato dell’Unione Europea di avvalersi o meno del patto: infatti su 20 paesi, l’unico a rigettarlo ĆØ il governo Meloni); con tutte quelle scadenze da rispettare tassativamente, ha per una volta mille ragioni Giuseppe Conte a liquidarlo come “Pacco” di StabilitĆ .
Davanti alla necessitĆ di reperire nuove risorse, le strade normalmente sono due: taglio della spesa corrente, altrimenti detta da chi ha studiato āspending reviewā, o aumento delle tasse. Terza via, non c’ĆØ. In entrambi i casi, il consenso popolare va a ramengo con annessi “vaffa”, “mortacci vostri” e “ve possino ammazzavve”.
Onde evitare di alienarsi le mutevole simpatie degli elettori ormai socialmente de-ideologizzati, a pochi mesi dalle europee, Giorgia Meloni ha scelto Coccia di Morto, l’ultima spiaggia: svendere lāargenteria dello Stato.
Il Cdm di ieri ha avviato il percorso per la privatizzazione di alcune quote di Poste Italiane (precisando che la maggioranza resterĆ in mano allo Stato: ma va!). GiĆ annunciata la cessione del 4% di Eni e galleggia, come da tempo, lāipotesi di una quotazione di Ferrovie (su Fs si potrebbe arrivare addirittura a vendere fino al 40%).
Lāoperazione privatizzazioni, che il ministro dellāEconomia Giorgetti ha quantificato in 20 miliardi in due anni, non sarĆ una festa di gala: da un lato, attraverso la cessione di quote pregiate, allo Stato entreranno ovviamente meno dividendi dalle aziende partecipate, che fanno molti utili (Esempio: il 4% dell’Eni, che il governo vuole vendere, ha prodotto 125 milioni di proventi, a fronte dei 94 milioni di prevedibile onere del debito che verrebbe ridotto attraverso il collocamento sul mercato. Poste nel 2022 ha staccato, solo al Mef, 250 milioni di euro di cedola, a cui va aggiunta quella di Cdp).
Dallāaltro lato, secondo alcuni analisti la cifra prevista dalla ”svendita” dei gioielli di Stato, detta educatamente privatizzazione, puĆ² raggranellare al massimo a 8 miliardi: ammontare che non ĆØ sufficiente per coprire la manovra correttiva.
La via Crucis continua:Ā laĀ presentazione del Def alle Camere ĆØ prevista ad aprileĀ ma occorre tempo per portare in Borsa il ramo Ferrovie. A via XX Settembre, i funzionari del Mef sono in fibrillazione per trovare la quadra ai conti pubblici, tanto che l’annunciata riforma fiscale, carissima tanto a Meloni che a Salvini, ĆØ diventata una mera ipotesi. Il taglio del cuneo fiscale per alleggerire il costo del lavoro ĆØ varato solo per il 2024, e non reso strutturale.
Che il piatto pianga ĆØ evidente anche a molti osservatori economici, che hanno iniziato informalmente e non,Ā vedi lāaffondo dellāOcse, a ipotizzare la necessitĆ di una āpatrimonialeā.
Un tema elettrico per il centro-destra, che non vuole, secondo il vecchio adagio di Silvio Berlusconi, āmettere le mani nelle tasche degli italianiā.
A Palazzo Chigi non possono stare sereni neanche per i soldi che entrano nelle casse dello Stato, cioĆØ le rate del Pnrr arrivate dallāEuropa e annunciate in pompa magna per certificare la ābravuraā del ministro Fitto.
Peccato che non solo parte di quei soldi sono presi in prestito (e dunque sono nuovo debito), ma nei prossimi mesi gli ispettori di Bruxelles arriveranno in Italia per verificare la āmessa a terraā dei progetti e lo stato di avanzamento dei lavori: ahĆ², che cāavete fatto co’ āsti sĆ²rdi? Li avete spesi bene? Altrimentiā¦zac!, vi tagliamo le erogazioni.
Nella penuria di pecunia, a pagare dazio ĆØ soprattutto il Sistema sanitario nazionale, vista anche la mai nascosta simpatia del centrodestra per le cliniche private, a partire da quelle del deputato “abusivo” della Lega, il meloniano Antonio Angelucci.
Se gli ospedali pubblici italiani sono al collasso, lāautonomia differenziata, in cantiere in Parlamento, rischia di peggiorare la situazione. A proposito di costi, dove troverĆ il Governo gli 80-100 miliardi di euro necessari a finanziare i Lep, i ālivelli essenziali delle prestazioniā, prevista dalla riforma cara alla Lega? Ah, dimenticavamo: ci resta l’oro alla patria…
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