Estratto dell’articolo di Marco Imarisio per www.corriere.it
La verità va cercata oltre la formula della «equilibrata equidistanza» che per altro somiglia da vicino a quella usata da gran parte del Paesi dell’ex Unione sovietica sull’Operazione militare speciale in Ucraina. A parole dicono tutti così, ma ognuno coltiva poi le proprie aspirazioni e mira a trarre il più grande vantaggio possibile dalla situazione.
Fa lo stesso anche Vladimir Putin, che di suo ci aggiunge solo un forte accento sulle eventuali responsabilità degli Stati Uniti. Parlando ieri al Forum della «Settimana energetica russa», dopo giorni di silenzio il presidente ha per la prima volta commentato quel che accade in Israele. «Si trattava fin dall’inizio della creazione di due Stati indipendenti e sovrani« ha detto.
«Ma una Palestina autonoma e sovrana non si è mai formata. Anzi, una parte dei terreni che i palestinesi hanno sempre considerato loro originari, è stata occupata dagli israeliani, quasi sempre con l’aiuto della forza militare. Qual è il problema oggi? Gli Usa hanno deciso di regolare tutto da soli, cercando di sostituire la soluzione dei problemi fondamentali politici con elemosine materiali. Ma senza la formazione di uno Stato palestinese sovrano con capitale a Gerusalemme Est, è impossibile risolvere il problema nel complesso».
Sono dichiarazioni che in parte riflettono i pessimi rapporti del Cremlino con Israele dopo l’invasione dell’Ucraina, e al tempo stesso schierano, senza nessun appoggio esplicito, la Russia sulla linea dei Paesi arabi.
Ma è ben difficile che lo Zar possa spingersi oltre queste parole. Come tutti, guarda a quel che succederà. E intanto, come tutti, pensa a quale possibile vantaggio potrà ottenere da questo autentico «cigno nero» rappresentato dall’attacco di Hamas.
Il giornale di opposizione online Verstka, di solito ben informato, riferisce che i deputati e i senatori russi avrebbero ricevuto l’ordine di commentare in modo contenuto il nuovo conflitto, limitandosi ad additare al pubblico ludibrio i russi che sono emigrati in Israele dopo l’inizio della guerra in Ucraina.
Ai politici di ogni ordine e grado è stato suggerito di seguire la dichiarazione di Putin, rimarcando le sue accuse agli Usa come veri responsabili di questa tragedia. Persino i programmi e i canali televisivi della propaganda si sono distanziati dall’aperto sostegno a una delle parti. […]
Il politologo Konstantin Kalachev ne fa una questione di algebra bellicista: «La posizione attuale di Putin si può descrivere con la formula “il nemico del mio nemico è mio amico”. Se gli Usa stanno dalla parte di Israele, nelle condizioni odierne Mosca preferirà senz’altro l’Iran, Hamas e altri simili. Ma sempre in modo da preservare i suoi rapporti economici con Tel Aviv. Formalmente fuori dalla mischia, rimarcando la propria offerta di fare da mediatore».
La Russia sta alla finestra. Aspetta e spera, come vuole il suo Zar. Ma molti politologi, indipendenti e non, concordano sul fatto che abbia molto da guadagnare. Ci pensano i suoi uomini a dire che quel che Putin davvero pensa. Kostantin Gavrilov, il capo della delegazione russa ai sempiterni negoziati di Vienna su armamenti e sicurezza militare, ha rilasciato una lunga intervista a Izvestia, il più filogovernativo dei quotidiani russi. «L’elemento più positivo di quel che accade in Medio Oriente è che i carri armati Abrahams di produzione americana verranno mandati in Israele e non in Ucraina. Gli Stati Uniti ridurranno di molto il loro sostegno militare a Kiev. E così l’Operazione militare speciale potrebbe ben presto volgere in nostro favore, perché noi siamo autosufficienti, mentre l’Ucraina dipende dai Paesi occidentali in tutto e per tutto». Il diplomatico russo vede un altro fattore favorevole. «Abbiamo la possibilità di presentarci come una vera potenza, diventando un fattore chiave per la pacificazione di quell’area, e assestando così un colpo all’immagine degli Usa».
Lo spazio e la posizione in prima pagina accordati alle sue parole danno l’idea di una posizione ufficiale o quasi, di un promemoria per la politica interna. Infatti, sono proprio queste due tesi che si dividono gli editoriali dei principali giornali.
Eccoli, i veri obiettivi della Russia. Un vantaggio immediato sul fronte militare, un altro su quello delle relazioni internazionali. L’avveramento della prima ipotesi, che riguarda un indebolimento quasi fisiologico del sostegno all’Ucraina, viene data per certa. Sulla seconda, che prevede la proposizione di Putin come uomo di pace, «pesano invece gli incomprensibili pregiudizi dell’Occidente». Chissà come mai.
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