Compravendita di uteri, le indegne parole di Luxuria dopo l’approvazione di una delle poche cosa buone fatte da questo scalcagnato governo

Gestazione per altri, Luxuria: “Siamo capri espiatori del governo, una distrazione dai problemi reali del Paese”
L’artista interviene al webinar con abbonate e abbonati de La Stampa. Focus su adolescenza trans, carriere alias e famiglie arcobaleno. In studio Pasquale Quaranta, Diversity Editor de La Stampa: «Gpa e utero in affitto non sono la stessa cosa, impariamo a informare senza discriminare».

Un delirio totale tratto da La Stampa

La Stampa si apre all’ascolto di abbonate e abbonati attraverso un webinar in diretta insieme ai lettori. In un incontro intitolato «Parliamo di diritti», la redazione social ha selezionato due lettrici tra coloro che hanno risposto all’invito del giornale. Durante l’evento, le nostre abbonate hanno avuto l’opportunità di condividere la propria storia personale e porre domande sulla minaccia ai diritti civili nel nostro Paese.

In collegamento video, oltre a due lettrici selezionate, ha partecipato l’attivista transgender Vladimir Luxuria, bandiera del movimento lgbtq+ in Italia. Nel nostro studio televisivo di via Lugaro, a rappresentare il giornale c’erano Pasquale QuarantaDiversity Editor de La Stampa, e Lucia Caretti, responsabile dei social media, che ha moderato il dibattito.

Le protagoniste dell’incontro sono due delle nostre abbonate: Ilaria Franceschini Beghini, un’impiegata di Torino, madre di un adolescente transgender di nome Leo, e attivista di GenderLens, un’associazione di genitori di ragazze e ragazzi transgender o non binari. In collegamento video, partecipa anche Laura Gattoli di Olgiate Olona, provincia di Varese, impiegata al Comune di Gallarate.

L’incontro ha inizio con la testimonianza di Ilaria Franceschini Beghini, che condivide le sue preoccupazioni riguardo al figlio transgender e auspica che Torino, città da sempre pioniera per i diritti lgbtq+ grazie alla nascita dell’associazione FUORI!, possa evitare al suo ragazzo sofferenze inutili a causa dei pregiudizi.

«Tre anni fa, mio figlio Leo ha fatto coming out e da allora abbiamo riorganizzato la nostra vita per offrirgli tutto il sostegno necessario. Queste giovani vite hanno bisogno di essere viste e riconosciute. Ci sono bambini, le nostre preziose creature, che dal momento in cui sono in grado di esprimersi manifestano un’incongruenza con il genere loro assegnato alla nascita. Ci sono famiglie che lottano ogni giorno, prima di tutto, per comprendere queste esigenze e poi farle valere nei confronti dei parenti o nelle scuole. Inoltre, ci sono anche bambini non binari che non si identificano né come maschi né come femmine».

Si parla così di carriere alias, una procedura che consente alle studentesse e agli studenti transgender o non binari di scegliere un nome diverso da quello assegnato alla nascita da utilizzare a scuola o all’università. Di recente, questo tema è stato al centro di un’accesa controversia tra la Regione Lombardia, che si oppone al riconoscimento della carriera alias, e alcuni istituti milanesi, che invece la sostengono.

È importante sottolineare che «grazie a dirigenti illuminati – afferma Franceschini Beghini – ci sono scuole elementari che hanno adottato le carriere alias e che includono le identità di queste giovani vite, anziché escluderle o ignorarle. Tuttavia, l’associazione GenderLens sta anche combattendo un’altra battaglia, questa volta nei confronti del sistema sanitario nazionale». «Esistono servizi pubblici, seppur in modo non uniforme nel nostro Paese – aggiunge la lettrice – che si occupano di accompagnare i minori nel loro percorso di affermazione di genere. Tuttavia, in alcuni casi, soprattutto qui a Torino, c’è un’eccessiva patologizzazione della loro condizione». Pertanto, la domanda principale di Ilaria Franceschini Beghini è rivolta proprio alla sua città, Torino: «Come intendiamo trattare queste giovani vite? Vogliamo davvero, a livello politico e cittadino, promuovere l’uso delle carriere alias? Vogliamo depatologizzare la disforia di genere? Spero che ci sia la volontà, come dimostrato dal sindaco Stefano Lo Russo attraverso l’iniziativa “Le Città per i diritti” (alla quale La Stampa ha collaborato come media partner, ndr)».

Le città per i diritti, i sindaci uniti a Torino per le famiglie arcobaleno: l’integrale

Il dibattito prosegue con l’intervento di Vladimir Luxuria, che afferma: «Non si diventa transgender al compimento dei 18 anni, si è transgender prima. Non è come ricevere la patente di guida quando compi 18 anni, non ti portano una torta con le candeline e ti dicono: “Auguri, finalmente puoi essere trans”. Esiste un’adolescenza transgender che spesso viene ignorata, anche dalla politica».

La direttrice del Lovers Film Festival di Torino mette in evidenza la preoccupazione riguardo all’uso di escamotage da parte della classe dirigente, che non solo manca ai suoi doveri, ma crea dei capri espiatori per deviare l’attenzione dai reali problemi del Paese: «Alcuni politici creano pericoli inesistenti e si autonominano protettori da questi pericoli. Ma quale pericolo si sono inventati? L’ideologia di genere, secondo la quale esisterebbero persone che tifano affinché gli adolescenti, invece di essere cisgender, cioè conformi al loro genere assegnato alla nascita, diventino transgender. Come se esistesse una sorta di missione per “deviare” le menti degli adolescenti. Questo è il motivo per cui, ad esempio, ci sono tante difficoltà nel parlare di bullismo omofobico e transfobico nelle scuole. Vogliono far passare l’idea che chi va nelle scuole a parlare per preservare la passione per lo studio e la gioia di vivere degli adolescenti, in realtà stia insegnando loro come diventare transgender. Non vogliamo avere più persone gay o trans oggi, vogliamo avere meno persone omofobiche e transfobiche domani».

Adolescenza trans, Luxuria: “Scuola e famiglia accompagnino queste giovani vite”

Secondo Luxuria, è fondamentale concentrarsi sull’adolescenza transgender, poiché rappresenta la fase più delicata in cui si ha maggiore bisogno di supporto e «di una mano che non strappi via la personalità della persona, ma la accompagni». È necessario comprendere e dare il tempo affinché queste giovani vite transgender si sentano protette e curate all’interno delle loro famiglie. «Poiché ci sono molte forme di cattiveria sia nella realtà che sui social media – continua Luxuria – è importante che le scuole, insieme alle famiglie, non facciano sentire queste giovani vite come se fossero sbagliate».

Successivamente, la lettrice Laura Gattoli introduce nel webinar il tema della gestazione per altri e chiede a Luxuria e Quaranta la loro opinione a riguardo, considerando lo sfruttamento del corpo delle donne, la scomparsa dei donatori e il distacco della donatrice che offre il proprio corpo. Inoltre, si chiede se il modello canadese, che prevede una gestazione per altri altruistica, possa essere una strada percorribile anche in Italia.

Luxuria: “Utero in affitto è un concetto diverso da gestazione per altri”

A questo punto, Luxuria precisa che «ci sono due definizioni che non possono essere considerate sinonimi: “utero in affitto”, di cui la destra parla molto, e “gestazione per altri”». L’attivista transgender spiega che «l’utero in affitto rappresenta lo sfruttamento delle donne in situazioni di povertà, in cui chi ha risorse finanziarie può chiedere a una donna di portare avanti una gravidanza per poi prendere il bambino. Questa pratica, nella maggior parte dei casi, coinvolge coppie eterosessuali. D’altra parte, la gestazione per altri indica che non c’è un passaggio di denaro e non viene intrapresa per motivi economici». Luxuria sottolinea che il modello vincente è quello canadese.

Per chiarire ulteriormente la differenza tra «utero in affitto» e «gestazione per altri», Luxuria fa un esempio: «È la stessa differenza che c’è tra traffico illecito di organi, che è un business illegale, e la donazione di organi, che avviene in modo altruistico per donare speranza ad altri». Se la donazione di organi offre la speranza di vivere o sopravvivere, la gestazione per altri offre la speranza di diventare genitori grazie a donne che sono già madri e che desiderano aiutare coppie sterili a realizzare il sogno di avere figli. «Se una donna decide di farlo perché crede in questo sogno – aggiunge Luxuria – sono d’accordo perché è un’espressione di autodeterminazione. Se una donna sceglie di non farlo, perché dovrebbe essere una persona ad imporre la sua volontà sul suo corpo? Se sei una donna e sei contraria alla gestazione per altri, non farla. Ma non si può dire: “Io sono a dieta, quindi nessuno può mangiare biscotti”. La gestazione per altri è un atto di amore, non di sfruttamento delle donne».

Gpa, Luxuria: “Per il governo eterosessuali migliori rispetto ai genitori lgbt”

Senza mai menzionare esplicitamente la premier o il governo, Luxuria lancia anche una frecciatina, affermando: «Se devi parlare di rispetto per le donne, dovresti farlo sempre, anche quando una donna denuncia una violenza, non solo quando si parla di questi temi». Inoltre, spiega la sua visione su ciò che si cela dietro a «questa ossessione per l’utero in affitto». Secondo l’attivista transgender, «meno del 10% delle famiglie arcobaleno è composto da due uomini e il 90% è composto da coppie di donne che non possono accedere alla fecondazione eterologa. L’utero in affitto non c’entra nulla». Un altro problema, sottolinea Luxuria, è «che le coppie gay non possono adottare. Quindi, non si tratta solo di un problema legato all’utero in affitto ma c’è un pregiudizio iniziale, secondo il quale se sei eterosessuale, sei degno di essere genitore, mentre se sei gay, lesbica o trans, non puoi essere un buon genitore”. “Decidono loro chi può essere un buon genitore – spiega Luxuria –. Questo è un discorso molto pericoloso perché pensano che se un bambino non cresce con una mamma e un papà, diventa un bambino “deviato” (per loro). Questo è un grave pregiudizio».

Rispondendo a una lettrice di nome Loredana che sostiene che «la sinistra dovrebbe occuparsi di tutte le famiglie», non solo delle famiglie arcobaleno, Luxuria afferma che «la propaganda contro le famiglie arcobaleno nasconde una verità, cioè che il vero contraccettivo di Stato è la precarietà. Se chiedi a una coppia che desidera sposarsi e costruire una famiglia tradizionale: “Avrete figli? Quanti ne pensate di avere? Perché ne fate solo uno?”, la loro risposta non sarà: “Non ci stiamo pensando perché ci sono famiglie arcobaleno, i Pride o le donne trans”. Diranno piuttosto: “Perché abbiamo contratti a termine, perché non possiamo investire nel futuro”. È facile incolpare le persone gay senza fare nulla per combattere la precarietà, tutto ciò è solo un’arma di distrazione di massa».

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  1. Troppo lungo da anlizzare nei dettagli, ma la sintesi è che avete dei problemi psicologici e non perchè siete gai ma perchè non capite che non si può andare contro natura. E tutta la teoria gender è contro natura. E non sono gli altri che sono cattivi se dicono che la teoria gender è aberrante così come l’utero in affitto o in prestito. E poi lo sponsorizza un uomo che non si è nemmeno operato per “diventare” donna.

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