La gloriosa storia industriale italiana perde un pezzo fondamentale: la feccia intera, sindacati compresi, è riuscita ad ammazzare lo strategico comparto siderurgico

“Basta slogan, servono risposte. Siamo al collasso”: gli operai dell’Ilva tornano in piazza
Tra i manifestanti, il presidio delle forze dell’ordine. S’intravedono anche dei fumogeni. Nessun momento di tensione, solo tanta disperazione. Lo sciopero coinvolge Acciaierie d’Italia.

«Basta slogan, servono risposte. Siamo al collasso». Nel giorno dello sciopero di 24 ore dell’ex Ilva di Taranto, lavoratori e sindacati compatti. Dalle prime ore del mattino, la mobilitazione con i presidi davanti alle portinerie della più grande acciaieria d’Europa. Una decisione già annunciata e confermata dopo il nulla di fatto del vertice di ieri a palazzo Chigi tra governo e sindacati.

Le bandiere di Fim, Fiom e Uilm sventolano tra la rabbia di una vertenza che si trascina da oltre un decennio. Timori per il futuro e stanchezza. Tanta. «È una situazione di declino totale» dicono gli operai che, la fabbrica, la vivono ogni giorno. O, almeno, quelli che ancora si sentono «lavoratori». Una parola che, secondo i diretti interessati, è completamente assente dall’agenda di governo. Annullata anche dal costante ricorso alla cassa integrazione da parte di Acciaierie d’Italia. «Hanno sequestrato l’Ilva alla famiglia Riva per rinnovarla. E ora questa ambientalizzazione e il rilancio dove sono?». La voce della piazza ripercorre gli ultimi anni: dalla gestione privata sino al quadro attuale, con una compagine pubblico- privata tra Invitalia e ArcelorMittal. Tute blu a casa, impianti fermi, produzione al minimo, nessun investimento, assenza di manutenzioni ordinarie e straordinarie. Per loro è «declino totale».

Tra i manifestanti, il presidio delle forze dell’ordine. S’intravedono anche dei fumogeni. Nessun momento di tensione, solo tanta disperazione. Lo sciopero coinvolge Acciaierie d’Italia, l’appalto, l’indotto e gli operai di Ilva in amministrazione straordinaria. «È il grido di una città – dicono i manifestanti – che continua a pagare sulla salute, sull’ambiente, sulla sicurezza. Taranto vuole risposte. Non solo i lavoratori, ma la comunità tutta». Il riferimento è all’irrisolta questione ambientale. «In altri Stati – commenta il segretario generale aggiunto della Fim Cisl Taranto Brindisi, Biagio Prisciano – hanno dimostrato che le fabbriche possono produrre acciaio green, invece qui continuano a metterci di fronte al ricatto. Se sei a favore dell’ambiente, della salute o del lavoro. Per noi sono tre diritti costituzionali fondamentali che vanno insieme».

Il sit-in ricorda che anche il tavolo di ieri nella Capitale è stato un nulla di fatto. «Così non si può andare avanti. Viviamo di annunci che non trovano concretezza nei fatti. Siamo stremati, anche le aziende dell’indotto sono al limite». Alle istituzioni chiedono un segnale forte per il rilancio dello stabilimento.

La Uilm parla di altissima adesione allo sciopero e di un «messaggio inequivocabile all’azienda e al governo». L’incontro di ieri ha alimentato ulteriori preoccupazioni. «Non possiamo accettare – dice il segretario generale, Rocco Palombella – che si possa prevedere un ulteriore finanziamento pubblico di miliardi di euro, continuando a far gestire un’azienda strategica a chi ha fallito sotto ogni punto di vista. Il governo abbia coraggio e indichi una strada definitiva che vada nella direzione di un reale risanamento ambientale, del rilancio produttivo e della salvaguardia occupazionale e della sicurezza».

In questo quadro già complesso, si aggiungono anche le possibili dimissioni del presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabè, a sua volta convinto che l’ex Ilva – se si prosegue su questa strada – sia a rischio chiusura. Servono soprattutto investimenti. E poi l’ipotesi nazionalizzazione del siderurgico che diventa più lontana, considerando che per il momento l’aumento al 60% delle quote per Invitalia affinché diventi socio di maggioranza risulta congelato. Nel frattempo, si registra la trattativa in corso tra governo e ArcelorMittal per un nuovo accordo. Ma i sindacati non ci stanno e chiedono di essere coinvolti anche in questa fase di negoziato. «Non possono prima fare le intese e poi chiamarci. Con il sindacato si discute e si trovano soluzioni seduti attorno a un tavolo. Già in passato si è sbagliato con la scelta di non coinvolgerci e ora anche questo governo si sta muovendo sulla stessa scia».

Tutto questo accade nel corso dell’evento “Steel Commitment 2023”, incontro commerciale con i maggiori clienti organizzato da Acciaierie d’Italia proprio nello stabilimento di Taranto. Secondo le organizzazioni sindacali, quella che l’azienda intende presentare è una «realtà distorta». Da qui anche le proteste per lanciare un messaggio chiaro all’amministratore delegato Lucia Morselli, da tempo contestata dai metalmeccanici per il suo operato. Così come ribadito da un manifesto che, da stamattina, campeggia anche all’ingresso di uno dei varchi d’accesso alla fabbrica.

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