Estratto dell’articolo di Salvo Palazzolo per “la Repubblica”
Le sue ultime volontà sono in un pizzino di qualche anno fa, che aveva pure firmato: Matteo Messina Denaro. «Rifiuto ogni celebrazione religiosa perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato». I carabinieri del Ros hanno ritrovato l’annotazione in mezzo a tante altre nel covo di Campobello di Mazara, il giorno dell’arresto, il 16 gennaio. E ora che il padrino è in fin di vita, in coma irreversibile, con l’alimentazione già staccata e solo l’idratazione, come disposto nel suo testamento biologico, quelle parole sul funerale ritornano di grande attualità.
«Non sono coloro che si proclamano i soldati di Dio a poter decidere e giustiziare il mio corpo esanime — scriveva quando ancora non aveva scoperto la malattia — non saranno questi a rifiutare le mie esequie». Erano i giorni del maggio 2013 in cui la Chiesa proclamava beato don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia, e ribadiva la scomunica ai mafiosi, negando il funerale.
Messina Denaro voleva essere lui per primo a rifiutare l’ultimo conforto della Chiesa. «Il rapporto con Dio è personale, non vuole intermediari e soprattutto non vuole alcun esecutore terreno — annotava con orgoglio — . Gli anatemi sono espressioni umane non certo di chi è solo spirito e perdono».
Ed ecco la sua dichiarazione solenne: «Sono io in piena coscienza e scienza che rifiuto tutto ciò perché ritengo che il mio rapporto con la fede è puro, spirituale e autentico, non contaminato e politicizzato. Dio sarà la mia giustizia, il mio perdono, la mia spiritualità». E ancora: «Chi come oggi osa cacciare e ritenere indegna la mia persona non sa che non avrà mai la possibilità di farlo perché io non lo consento, non ne darò la possibilità». Così parla un padrino. Fino alla fine, è rimasto un irriducibile. Sfidando non solo i magistrati, ma anche la Chiesa e persino Dio. Perché lui si sentiva l’Altissimo. […]
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