“Non chiamatemi eroe” Ha preso al volo una bimba che stava volando dal quinto piano: Mattia racconta come è riuscito a salvarla

BIMBA DI QUATTRO ANNI CADE DAL QUINTO PIANO. UN PASSANTE LA PRENDE AL VOLO

Estratto dell’articolo di Lodovico Poletto per “La Stampa”

Il festone con le bandierine triangolari, colorate, fa un arco sopra la porta che conduce sul balcone: «Frida stai attenta», «Frida entra in casa», «Frida non ti avvicinare troppo alla ringhiera»: glielo aveva detto mille volte la mamma. Ma poi si sa, coi bambini è sempre così: mille occhi non bastano mai. Basta un attimo. È bastato un attimo, ieri mattina.

E Frida è salita a cavalcioni sulla ringhiera. L’hanno vista penzolare nel vuoto. Quindici, forse venti metri dall’asfalto: manine aggrappate ad un pezzo di ferro. Non c’è stato neanche il tempo di dire una preghiera. Di gridare «torna dentro».

Frida è caduta e sembrava una bambola vestita di giallo che cadendo sfiora i balconi, li urta, si graffia sul muro. Uno, due, forse tre secondi senza respirare. L’ha salvata un ragazzo che l’ha presa al volo, proprio come si fa per fermare un pallone. Un gesto soltanto, le mani che si stringono al petto serrando stretto quel corpicino. Un attimo, prima si crollare a terra anche lui, ma con la bambina stretta al petto. Viva.

[…] Frida è uscita sul balcone. Piano quinto. Palazzo giallo. Qui, nell’ultima traversa di via Nizza, la strada che porta verso l’esterno città, verso la periferia […]

Erano quasi le 11 quando Frida ha guadagnato il suo attimo di libertà sul balcone all’ultimo piano di questo palazzo. Quattro anni tra qualche giorno, sguardo vispo, un vestitino giallo.

È uscita e si è messa a giocare lì, in quell’unico punto dove forse faceva un po’ meno caldo. Poi, chissà per quale ragione è salita su una sedia. E dalla strada qualcuno l’ha vista, e si è fermato a guardare. Frida ha fatto tutto ciò che fanno bambini: s’è sporta un po’, e poi ancora un altro po’ dal parapetto del balcone: un muretto che sostituisce la ringhiera, che rende la casa più preziosa e più elegante.

[…]  Da giù, dalla strada, l’hanno vista perdere l’equilibrio. E la gente urlava: «Stai ferma piccina, stai ferma». L’ultima immagine ce l’ha negli occhi una donna: «Era appesa con le manine alla ringhiera. Mi sono voltata ed era già giù». «Giù» vuol dire in strada. Sul marciapiede. In braccio ad un uomo con la maglietta bianca, inginocchiato che faceva fatica a respirare […]

2 – “L’HO VISTA CADERE NEL VUOTO NON CI HO PENSATO SU E L’HO PRESA”

Estratto dell’articolo di Ludovico Poletto per “La Stampa”

«Dai, no, eroe no».

E allora come ha fatto a restare così calmo?

«Mah, non saprei. Quando l’ho vista cadere mi sono messo in traiettoria. Ho aperto le braccia, d’istinto. E l’ho guardata mentre cadeva giù. E quando l’ho presa ho attutito il colpo qui, sul petto, e poi ho chiuso le braccia. Che devo dire? Ho fatto tutto così, in modo naturale. Non ho pensato a nulla e ho provato a fare quel che si doveva fare».

E poi cos’è accaduto?

«E poi sono caduto a terra anch’io. E non sapevo che cosa pensare in quegli attimi. L’ho guardata. Prima era immobile, poi s’è messa a piangere e allora ho capito che stava bene. Che era andato tutto bene. Cioè ho sperato che fosse andato tutto bene».

In questi casi si chiede sempre se ha avuto paura. Lei ne aveva?

«Davvero non ho pensato a nulla. Non avevo tempo di pensare. Ho fatto e basta».

Eroe per caso?

«Mi fermo a per caso».

Perché dice “per caso”?

«Perché io e Gloria (la fidanzata) stavamo passando da lì per una mera casualità».

[…] E lei ha capito subito?

«Ho alzato gli occhi e ho visto quella bambina che si sporgeva nel vuoto. E allora mi sono messo anch’io a gridare di tornare dentro. Era la cosa più normale da fare».

Frida che cosa faceva?

«Si sporgeva sempre di più. Era chiaro che avrebbe potuto cadere da un momento all’altro».

Dal balcone di Frida non s’è affacciato nessuno?

«No. Gloria, la mia fidanzata, si è messa suonare tutti campanelli del palazzo. Eravamo in affanno. C’era della gente in strada».

Lei, però, è rimasto concentrato su quel balcone, non è vero?

«Io sono rimasto lì a guardare. Sa, quella bambina era appesa alla ringhiera. Io l’ho vista cadere e mi sono messo sotto di lei. È stata fortuna. Non so. So soltanto che è andata bene. L’ho presa così (fa il gesto con le braccia) e l’ho stretta a me. Poi sono caduto con lei».

Adesso lei come sta?

«Adesso bene. All’inizio facevo fatica a respirare. L’affanno. Oppure la botta. Non so. Mi hanno detto che non ho nulla e sono contento così».

Senta, i genitori di Frida li ha visti, ha parlato con loro, vi siete sentiti?

«Li ho visti dopo, lì in strada, quando era già tutto terminato. Mi hanno detto che sono scesi di corsa. Credo che stessero sistemando qualcosa in casa, non ho capito bene. Poveretti, erano sconvolti. Del resto come non esserlo? Si sono presi uno spavento pazzesco, devastante».

E lei si è spaventato?

«Se devo dire la verità non ho avuto tempo di pensare. L’ho detto prima, ho fatto quel che mi sembrava giusto fare in quel momento, senza stare tanto a pensarci su».

Lei è tranquillissimo anche adesso.

«È andata bene. Che cosa possiamo volere di più? Il destino ci ha messi lì. Il caso. La fatalità. A quel che ne so stiamo tutti quanti bene. E questa, mi creda, è la cosa più bella».

Allora possiamo chiamarla eroe?

«No dai, eroe no».

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