Estratto dell’articolo di Lucetta Scaraffia per La Stampa
L’ho letto veramente il libro di Vannacci, non solo le sue interviste dalle quali i suoi numerosissimi critici hanno tratto le perle utili a inchiodarlo su posizioni arretrate e ridicole. Il libro è meglio delle interviste, ve l’assicuro, e – mi azzardo a dirlo – neppure omofobo e razzista.
Sostiene che gli omosessuali non sono normali, è vero, ma lo dice – attenzione! – non già dal punto di vista medico o psicologico, ma da un punto di vista puramente numerico: i numeri dicono indiscutibilmente che la norma statistica è di gran lunga rappresentata dagli eterosessuali. Quindi vuol dire che non rientrano nella norma. O dobbiamo forse pensare che, quando non ci piacciono, i numeri sono un’opinione?
Certo, sono d’accordissimo, era meglio evitare equivoci e usare altre parole, ma lo si legga bene, per favore. Le uniche con cui il nostro generale non ha alcun riguardo sono le femministe, che egli non conosce e non si cura di conoscere: ma da un generale che vanta una così importante carriera sul campo in zone pericolose cosa ci potevamo aspettare. Sicuramente in Africa, in Afghanistan o nelle regioni poco abitate della grande Russia che egli ha frequentato era molto difficile imbattersi in qualche femminista, ne sono sicura.
Certo, a me che sono una vecchia professoressa e per di più femminista, il libro sembra mal scritto – ovviamente, essendo autoprodotto, non ha avuto editing – e con note frettolose, che più che altro rivelano una cultura frammentaria e alquanto traballante. Ma bisogna riconoscergli un merito non piccolo: è un libro coraggioso, chiaro, che esprime opinioni nette in gran parte derivanti da un semplice ma evidente buonsenso.
Un libro che scrive quello che tantissimi italiani – e non solo quelli che hanno votato i partiti di destra – pensano sui temi caldi di oggi, e che è ben diverso da quello che propinano loro quotidianamente i media. E cioè che esistono le donne e gli uomini, che le coppie omosessuali non possono generare figli, che i giovani militanti ambientalisti che imbrattano le opere d’arte non sarebbero disposti a rinunciare a un giorno di internet, motorino, cellulare o aereo per migliorare il mondo. O che ci sono tanti evasori perché le tasse sono troppo alte.
Tutte banalità, certo, ma ampiamente condivise, che per di più si basano sulla realtà. Perché la grande forza di questo libro, e credo la ragione del suo enorme successo, sta proprio in questo muoversi sul registro del buonsenso e della realtà. Si tratta indubbiamente di un pensiero conservatore, il suo, ma soprattutto di un pensiero anti-ideologico e questo lo rende nuovo e a suo modo attraente, in un mondo in cui le ideologie dilagano e raggiungono vette mai viste, come quella di permettere a dei minorenni di decidere della propria appartenenza sessuale, affrontando percorsi medici irreversibili: agli stessi minorenni cui la legge impedisce non solo di votare, ma anche di guidare l’auto o di assumersi qualunque responsabilità legali.
È questo il problema. Sarebbe un libro non da abbracciare, quasi considerandolo un programma politico, ma neppure da demonizzare: da discutere sì, invece. Con calma, pazienza e rispetto. Non merita il dileggio al quale è stato sottoposto su quasi tutti i media, che non fa che attirare la curiosità e l’interesse, e creare un baratro rispetto ai suoi molti lettori, convinti che il generale non ha tutti i torti e sanno benissimo di non essere né fascisti né suscitatori di odio.
E’ un libro che merita di essere preso sul serio e discusso, con pazienza e, ripeto, rispetto. Vedendo il furore e l’odio che sta suscitando viene spontaneo un dubbio: non sarà che fa paura, che fa davvero paura? C’è una cosa, poi, che fa quasi sorridere: ci voleva un generale della Folgore, che ha saputo tenere a bada l’Isis, per dire queste cose che pensano tanti e tanti senza essere omofobi e razzisti, ma solo spaventati da cambiamenti di difficile comprensione?
Ma forse si smette di sorridere quando si scopre che Vannacci ha anche rischiato il suo posto nell’esercito e la sua carriera ne ha sofferto quando ha denunciato che i suoi soldati si ammalavano per i proiettili all’uranio impoverito. Una cosa che era meglio non dire, che tanti interessi sconsigliavano di dire, ma che lui ha continuato a denunciare.
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