L’imprenditore e giornalista è morto a 45 anni. Con la sua D-Share ha sviluppato e commercializzato i sistemi editoriali di alcuni tra i principali siti di informazione in Italia e non solo. L’ultima avventura, la app video “Sallo!”
La prima volta che l’ho visto, eravamo nei corridoi di Repubblica in via Colombo 90 a Roma: alto, in carne, dinoccolato, il sorriso sempre pronto e modi gentilissimi per spiegarti cose complicate. Erano i primi anni Duemila e Alessandro Vento ne aveva forse 25. Era già un mito della tecnologia digitale per l’editoria. E lo è rimasto fino all’ultimo giorno della sua vita. Se n’è andato ieri a casa sua a Milano divorato da un tumore al fegato, a 45 anni. Lascia la compagna Carolina e due figli: Paolo, 15 anni e Anna, 13 avuti con la prima moglie Francesca.
Ma fino a poche settimane fa, Alessandro parlava con tutti di giornali, di intelligenza artificiale di come recuperare e magari rilanciare l’esperienza di Sallo! (la app di video-informazione che aveva lanciato con Mario Parroco e aveva dovuto sospendere anche per la malattia). Solo due o tre settimane fa, forse, ha capito che non c’erano speranze. Allora si è chiuso e, forse per la prima volta in vita sua, si è sentito sconfitto.
Non gli era mai successo prima: da quando, giovanissimo, aveva cominciato a occuparsi di tecnologie editoriali al Corriere della Sera. Poi al Gruppo Espresso e, in breve tempo, un po’ in tutti gruppi editoriali italiani con la sua D-Share. Un nome leggendario nel mondo dell’informazione: sistemi editoriali per il web, le prime app, fra cui quella del Guardian. Raccontava di aver fatto anche “un pezzetto” del sistema editoriale del New York Times, con una trasferta Roma-New York-Roma in 36 ore. Pensavi a chissà quali ingegneri e ti trovavi davanti quel giovanotto allegro, competente, entusiasta e gentilissimo. Su tutti gli altri tecnici, Alessandro aveva un vantaggio: era anche giornalista professionista (se era il caso, te lo ricordava con orgoglio) e sapeva vedere le problematiche tecnologiche anche dal punto di vista di chi, poi, avrebbe dovuto utilizzare i software che lui e i suoi tecnici creavano. Così ascoltava, con il capo lievemente inclinato dall’alto del suo metro e novanta, e ti diceva: “Capito… Si può fare”. E sapevi che la risposta ai tuoi problemi sarebbe arrivata entro poche settimane.
Così con Giuseppe Smorto (direttore del sito), i tecnici di Repubblica e la direzione generale di Pier Paolo Cervi sviluppammo Kolumbus, il sistema editoriale di Repubblica che, più tardi, Alessandro riuscì a vendere a gruppi editoriali italiani e stranieri. Ogni tanto mi chiedeva di raccontare ai suoi clienti americani o tedeschi com’era nato Kolumbus e come funzionava. Per me non era un problema: quel sistema lo sentivamo nostro, era il primo nato dalla collaborazione fra ingegneri, tecnici e giornalisti.
Vento, detto “Wind”, era così: un problema era solo un piccolo ostacolo da superare per andare avanti sulla strada della tecnologia digitale. Dell’Intelligenza artificiale, per dire, non è che non vedesse i rischi, ma ti mostrava le opportunità, per esempio nel montaggio dei video. Chiunque, nel mondo dell’editoria avesse un problema tecnico, sapeva che Alessandro avrebbe trovato il modo per risolverlo. Lo sanno direttori del calibro di Ezio Mauro, Mario Calabresi, Ferruccio De Bortoli, Luciano Fontana, Enrico Mentana, Roberto Bernabò, Massimo Russo, Daniela Hamaui: da Repubblica, al Corriere, al Sole 24 Ore, a Open.
Qualche anno fa, Riccardo Luna, gli chiese di creare il sistema editoriale dell’Agi adattando Kolumbus alle complesse esigenze di una grande agenzia di stampa. Alessandro, con D-Share, fece un ottimo lavoro. Tanto che l’Eni, proprietario dell’Agi, decise di rilevare la maggioranza della società. Alessandro ne ebbe un buon ritorno economico e una poltrona importante.
A quarant’anni, dunque, poteva dirsi arrivato e soddisfatto, ma non gli bastava. Le idee continuavano a vorticargli per la testa e quella di Sallo! lo prendeva e lo affascinava. Anche perché, finalmente, avrebbe potuto mettere insieme ruolo tecnico ed editoriale. Fare tecnologia per se stesso editore e per la società (Aladino srl) che aveva fondato con Mario Parroco e altri amici. E di nuovo coinvolse me, Giuseppe Smorto e un gruppo di giovani giornalisti (tutti assunti in regola) per una nuova start-up editoriale. E scelse come base la Sicilia dove era nato e aveva (tra Trapani e Palermo) fortissime radici.
Quando cominciammo, poco più di un anno fa, Alessandro aveva già scoperto da nove mesi di avere un tumore grave. Giustamente ne rifiutava lo stigma, ne parlava con riservatezza, ma era certo di farcela. E a vederlo lavorare ci pareva a tutti un’impresa possibile: una riunione a Milano con i pubblicitari, un salto in aereo a Palermo, anche per amicizia e qualche piccola trasgressione alimentare. Ma tra giugno e luglio la sua situazione è peggiorata e anche Sallo! ha dovuto fermarsi.
Alessandro si aggrappava (e noi con lui) ai progetti aperti, alle idee e alle visioni, alla speranza di avere ancora un po’ di tempo con i suoi figli. In un giorno di giugno aveva cancellato tutti gli appuntamenti per una partita di basket con Paolo: “Mi ha stracciato – raccontava – Ma è stata una delle giornate più belle della mia vita”.
Una vita molto bella e troppo breve. Alessandro ci mancherà e mancherà di riflesso anche ai lettori, perché sono persone come lui che fanno la bellezza dei giornali.
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