Europee 2024, fate attenzione se volete votare: gli analisti sono concordi. Se vincessero i partiti della feccia aumenteranno le probabilità di una guerra diretta contro la Russia

DAGOREPORT di dagospia.com

Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, è ottimista: non teme che per Zelensky & friends sia suonato il gong. Al G7 di Capri del 17-19 aprile si è spinto a profetizzare: “Non è troppo tardi, il nuovo pacchetto di aiuti americani consentirà all’Ucraina di reggere l’offensiva dei russi”.

Ma è davvero così? A due settimane di distanza dalle sue parole, l’esercito di Putin avanza, gli ucraini faticano a tenere le roccaforti e l’assenza di difese anti-aeree permette ai russi di scorrazzare nei cieli d’Ucraina bombardando a rotta di collo ovunque, non solo sulla linea del fronte.

In questo scenario, hanno destato preoccupazione le parole con cui Emmanuel Macron ha ipotizzato l’invio di soldati della Nato “boots on the ground”, mossa totalmente negata dagli americani, che non hanno alcuna intenzione di impelagarsi direttamente nel conflitto.

Biden e i suoi, non si sa più ormai con quale lungimiranza, sono convinti che le robuste forniture di armamenti siano sufficienti a ribaltare l’esito dei combattimenti e a contrastare l’esercito russo.

Il toyboy dell’Eliseo, con la sua chiamata alle armi, da un lato ha ceduto alla grandeur della Francia, che si percepisce ancora come grande potenza globale (anche in ragione della bomba atomica), dall’altro l’affondo gli è servito per darsi una mano in vista delle elezioni europee.

Il partito della sua “nemica” Marine Le Pen, il Rassemblement National, vola al 29,5%, percentuale molto vicina a quella incassata da Macron al primo turno delle ultime elezioni presidenziali, quando ottenne il 27,85%, mentre “Ensemble”, la formazione centrista del capo dell’Eliseo, è al 15,5%, minacciata anche dalla risalita del Partito socialista (14%), grazie alla nuova stellina, il 44enne Raphael Glucksmann.

Le parole del presidente francese hanno imbizzarrito il “Capitone” Salvini, che da giorni urla slogan come “Mai nessun soldato italiano andrà in Ucraina”, e oggi ha ribadito: “Mai con il guerrafondaio Macron quando ipotizza l’invio di truppe di terra. È pericoloso, va fermato”.

Nel gioco dei veti incrociati si è poi inserito Antonio Tajani, che è tornato a escludere un’alleanza del Ppe con Identità e Democrazia, gruppo della Lega: “noi siamo nel Ppe, la prima forza che c’è.Certamente non faremo mai alleanze con Alternative für Deutschland perché è alternativo al nostro modo di pensare”.

E ha ricordato quando fu eletto presidente del Parlamento europeo: “ho vinto con un’alleanza fra popolari, conservatori e liberali nel 2017, anche se poi la Lega non mi votò però abbiamo sconfitto la sinistra con questa coalizione”.

Anche Giorgia Meloni ha posto il suo veto quando, da leader dei Conservatori europei, ha detto: “Mai con i socialisti”. Un mezzo passo falso, perché la “sòla Giorgia” ha sottovalutato la reazione cazzuta del Pse: in modalità uguale e contraria (anzi, peggiore), i socialisti, riuniti a Berlino, non solo hanno reso la pariglia escludendo un possibile accordo post-voto con Ecr, ma l’hanno messo nero su bianco con un documento che diventa vincolante per Ursula Von der Leyen.

Una leggerezza, quella della Ducetta, che fa il gioco di Macron e Scholz, che non vedono l’ora di far sloggiare l’ex cocca della Merkel dalla presidenza della Commissione europea.

Certo, la premier, non è in una situazione facile: è stretta tra l’incudine dei suoi alleati (i polacchi del Pis e l’amato Abascal in Spagna), che le suggeriscono di restare fuori dalla maggioranza Ursula puntando alla riunificazione delle destre, e il martello delle sue ambizioni, che invece la spingono a flirtare con gli euro-poteri per contare qualcosa a Bruxelles.

Un pastrocchio imprevisto, che arriva proprio nel momento in cui la Meloni era riuscita a stabilizzare la maggioranza in Italia per arrivare al voto europeo senza scossoni.

La premier ha sedato Salvini concedendogli il primo passaggio in Parlamento dell’autonomia differenziata, ha lanciato il biscottino a Forza Italia concedendo la separazione delle carriere dei magistrati in ricordo del compianto Silvio Berlusconi, e per sé la “madre di tutte le riforme”, il premierato.

Uno spiraglio, però, ancora c’è, per Giorgia, e lo ha mostrato il premier polacco, Donald Tusk, influente membro del Partito popolare europeo.

In un’intervista a “Repubblica”, il 29 marzo 2024, Tusk ha detto: “Conosco Meloni da troppo poco tempo per poter dare un giudizio. Ma da quello che sento dire dai suoi omologhi, non solo nel Ppe, anche dai socialisti o dai liberali, è che il ruolo positivo di Meloni a Bruxelles, nel Consiglio europeo, è ampiamente apprezzato. Sono rimasto colpito quando l’ho sentita parlare pubblicamente a sostegno dell’Ucraina. Ha difeso con passione le scelte filoucraine nel Parlamento italiano. A livello internazionale, le sento fare solo dichiarazioni europeiste”.

Una dichiarazione che fissa il vero ambito su cui si giocheranno le prossime elezioni europee, le più importanti degli ultimi 30 anni.

Gli elettori non saranno chiamati a sostenere la sinistra, la destra o il centro, ma a dare una precisa e decisiva indicazione geopolitica per gli anni a venire: siete, o europei, a favore o contro la Russia?

La guerra scatenata da Putin sta imponendo a Bruxelles un ripensamento strategico totale, che va dalla difesa comune agli approvvigionamenti energetici, dal rapporto con la Cina a quello con gli Stati Uniti.

Un chiarimento deciso sulla relazione da avere con Mosca, dopo anni merkeliani di flirt commerciali e forniture di gas a basso costo, è reso necessario anche dalle elezioni presidenziali americane del prossimo novembre: se vince Donald Trump, per l’Ue so’ cazzi. Sarà esposta agli umori di un presidente svalvolato, che non ama né l’Europa né la Nato, che considera il Vecchio Continente il passato e ha occhi solo per il Pacifico, dove la Cina minaccia Taiwan, Giappone e Corea.

Trump lascerebbe l’Europa in braghe di tela davanti all’espansionismo russo, che ha già messo nel mirino la Transnistria (in Moldavia) e non ha mai abbandonato il vecchio sogno di papparsi i Paesi Baltici e la Georgia.

Come si comporterebbe l’Ue se Putin ne “testasse” la reattività con azioni di disturbo o sabotaggi? È evidente che la baldanza del Cremlino impone all’Unione una capacità di risposta e di intervento che solo un esercito comune, non più soggetto agli umori altalenanti di Washington, può avere.

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1 comment
  1. Che senso ha andare a votare: il parlamento europeo non conta nulla, soltanto la “commissione” conta e non sono eletti dal popolo.
    Interessanti sono i parallelismi che l’ex dissidente sovietico Vladimir Bukovsky trovò tra URSS e UE..:
    L’Unione Sovietica era governata da quindici persone non elette che si attribuivano incarichi l’un l’altro e che non erano tenuti a rispondere a nessuno.
    L’Unione Europea è governata da due dozzine di persone non elette, che si attribuiscono incarichi l’un l’altro, si incontrano in segreto, non devono rispondere a nessuno e che non possiamo rimuovere.
    Uno potrebbe dire che l’Unione Europea ha un Parlamento eletto. Beh, anche l’Unione Sovietica aveva una specie di Parlamento, il Soviet Supremo, che si limitava a timbrare le decisioni del Politburo più o meno come fa oggi il Parlamento dell’Unione Europea…
    segue…

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