“Sessanta giorni da morto che cammina” Toni Capuozzo e la certezza che il destino di Prigozhin fosse segnato, in troppi avevano l’interesse di ammazzarlo

di Toni Capuozzo per Ultimabozza.it

Tutto troppo perfetto per essere vero. Sì, Guglielmo di Occam ci ha insegnato che spesso le soluzioni più semplici sono le più vere, e bisogna diffidare da ogni complottismo. Ma la morte di Evgenij Prigozhin sembra fatta per titolisti pigri: una morte annunciata. E giunta due mesi dopo la tentata marcia su Mosca degli uomini della Wagner.

Per quei sessanta giorni il capo dei mercenari ribelli è stato un morto che camminava, ma liberamente, da San Pietroburgo a Minsk, da Mosca all’Africa, e viceversa. E muore su uno dei suoi due aerei, con sei uomini del suo stato maggiore – compreso il fondatore di Wagner Dmitry Utkin – e tre membri dell’equipaggio. Muore nel cielo a 50 chilometri dalla residenza di Putin a Valday, a 200 chilometri da Mosca, sulla rotta per San Pietroburgo: in pratica sul pianerottolo di casa della vittima.

Per il Corriere della Sera potrebbe essere stata addirittura la contraerea, con una platealità inconsueta nei regolamenti di conti putiniani. PerchéPerché i russi non amano i leader deboli, e apprezzano i nuovi Ivan il Terribile, che non perdonano, e fanno dell’esibizione della fine del reprobo una lezione per tutti.

C’è una sola ipotesi alternativa: che sia stato qualcun altro, per liberarsi di Prigozhin – che ci aveva illuso con la sua marcia poco trionfale ed era il conquistatore di Bakhmut – e confermare al mondo ciò che già sappiamo: Putin sa essere spietato con chi gli si oppone. Chi allora? I cinesi dicono di aver intercettato un dispaccio tra i servizi segreti americani e quelli britannici, il 20 agosto. Si consigliava l’evacuazione dei cittadini dei due paesi dalla Bielorussia. Gli osservatori avevano tratto il sospetto che qualcosa stesse per accadere al confine polacco, o nei campi dove quel che resta della Wagner è accampato. Il giorno dopo, il 21, effettivamente l’ambasciata americana ordina ai suoi connazionali di lasciare la Bielorussia, e si capisce che si teme una vendetta dei wagneriani in risposta a una qualche azione ostile.

E se l’azione ostile fosse stata la collocazione di un ordigno sul Legacy 600 di Prigozhin? Le capacità per farlo non mancano (ricordiamoci l’attentato alla figlia di Dugin), e l’operazione avrebbe avuto tutte le sfumature della guerra psicologica: far fuori un nemico, addossarne la colpa a un altro nemico (Putin), ma nello stesso tempo liberarlo di un avversario interno, sapendo che alla fine è con Putin che dovrai trattare. E sì, infliggere un duro colpo a quella Wagner africana che sta mutando gli equilibri nel Sahel. Quelli militari. A quelli politici ci hanno pensato i Brics – gli ex Paesi in via di sviluppo – che a Johannesburg hanno annunciato di essere diventati 11 – un G11 alternativo – e lasciato intendere che fuori c’è la coda. Tutto può essere molto semplice, ma anche molto complicato.

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