Processo Salvini, la feccia delle navi pirata si aggrappa al burattino mainstream Richard Gere per provarle tutte al fine di farlo condannare

Open Arms, la Ong aggrappata a Richard Gere: quando può testimoniare

L’attore Richard Gere potrebbe essere sentito al processo Open Arms nell’udienza del 15 settembre. Ad annunciarlo è a fine udienza l’avvocato di parte civile della Open Arms, Arturo Salerni: «Alla prossima udienza, il 7 luglio, chiederò la citazione di Gere per il 15 settembre». Gere, come ha ricordato ieri Oscar Camps in aula, dopo avere saputo delle condizioni critiche sulla Open Arms, «mi chiamò per chiedere cosa poteva fare, gli dissidi vederci a Fiumicino e di andare insieme a Lampedusa».

Era l’agosto del 2019. L’attore americano «si occupò di comprare frutta e verdura» e «affittammo un’imbarcazione per portare quello che avevamo acquistato». Anche la Procura avrebbe intenzione di sentire Gere come testimone.

Da Richard Gere alla Merkel. Open Arms arruola le star per far condannare Salvini

di Stefano Zurlo per Il Giornale

Pure Richard Gere salì a bordo della Open Arms. Pure lui si diede da fare, comprando frutta e verdura per i migranti stipati sulla nave dell’ong spagnola. E in qualche modo si schierò nella grande disputa internazionale sul destino dell’imbarcazione bloccata nel Mediterraneo in attesa di un porto sicuro.

È giorno di udienza a Palermo, al processo in cui il vicepremier Matteo Salvini è imputato di sequestro di persona e rifiuto d’atto d’ufficio. E si capisce che al di là delle schermaglie con le autorità italiane e in particolare con il leader della Lega, allora ministro dell’interno, l’ong sviluppò una grande campagna di mobilitazione internazionale per forzare la mano. A raccontarlo è Oscar Camps, il fondatore di Open Arms, che parla come teste in aula e spiega di aver scritto non una ma due lettere ad Angela Merkel, oltre ad aver portato a bordo il celebre attore americano. Siamo nell’agosto 2019: Gere, venuto a conoscenza delle difficili condizioni a bordo, «mi ha chiamato per chiedermi cosa poteva fare, gli ho detto di vederci insieme a Fiumicino e di andare insieme a Lampedusa». Lui «si occupò di comprare frutta e verdura e abbiamo affittato un’imbarcazione per portare quello che avevamo acquistato».

Richard Gere ma non solo. Oscar Camps si rivolge in quell’estate drammatica ad Angela Merkel: «Abbiamo ricevuto il decreto dell’autorità di Roma che ci vietava il nostro ingresso in acque italiane. Da Barcellona sono andato a Roma il 4 agosto per vedere il team legale e dare incarico di opporsi». Mosse e contromosse di una guerra di nervi con il ministro dell’interno. Poi il 7 agosto Camps si vede con l’ambasciatore tedesco a Madrid e chiama in causa la più potente signora della politica europea: «Abbiamo parlato e gli ho consegnato una richiesta per Angela Merkel nella quale chiedevo un intervento della Commissione europea per favorire la collaborazione e parlare dell’atto che impediva di entrare in un Paese europeo che non ritenevamo giusto né legale». Il testo descrive un quadro drammatico, al limite della resistenza: «La Open Arms naviga nel Mediterraneo da 5 giorni, abbiamo 121 persone che abbiamo soccorso, 30 sono minorenni. La situazione è precaria perché diversi adulti e bambini hanno urgente bisogno di cure mediche. Abbiamo diverse richieste formali per i porti sicuri più vicini, Malta e Italia. Tuttavia le nostre innumerevoli domande sono state respinte. Abbiamo esaurito tutte le opzioni usuali e legali per garantire un arrivo sicuro». Il messaggio arriva a destinazione: «La Merkel ci ha risposto che stava lavorando su questo argomento e che sarebbero intervenuti nella riunione del Parlamento europeo». Il 16 agosto, Camps si rivolge di nuovo alla Cancelliera: «In questi giorni siamo stati costretti ad effettuare sei evacuazioni sanitarie, e nonostante abbiamo informato le autorità sanitarie, la situazione è progressivamente peggiorata». Insomma, Camps mostra una rete di relazioni impressionanti e oggi tutta una galleria di illustri personaggi viene evocata per arrivare alla condanna di Salvini. Il ministro delle infrastrutture ribatte così: «La ong veniva assistita in tutti i modi, con continue telefonate dall’Italia, potendo contattare perfino personaggi del calibro di Angela Merkel e Richard Gere».

Tutti in prima linea o interpellati per mettere in difficoltà Salvini. D’altra parte – è la conclusione del vicepremier – «l’obiettivo era sbarcare solo in Italia. A costo di aumentare i giorni di navigazione».

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