Meloni a Bruxelles umiliata dalla feccia: la prossima volta impara a leccarli per settimane. Pretendono di trattare l’Italia come una nazione di serie B

DAGOREPORT di dagospia.com

Sarà una via crucis la giornata di Giorgia Meloni a Bruxelles, in occasione del Consiglio europeo. Ha dovuto masticare amaro per essere stata tenuta fuori dall’incontro ristretto tra Macron, il cancelliere tedesco Scholz e il presidente ucraino Zelensky.

Il governo italiano ha dovuto ingoiare anche il viaggio dei ministri dell’Economia di Francia e Germania, Le Maire e Habeck, a Washington, per chiedere alla Casa Bianca massima trasparenza nell’uso dei 370 miliardi di dollari dell’Inflation Reduction Act a sostegno delle imprese.

Anche lì l’Italia non c’era e a precisa domanda dei cronisti su questa assenza, i due ministri hanno risposto sprezzanti: “Il ministro Giorgetti sarà informato”. Della serie: l’Italia gioca in serie B.

La reazione di Giorgia Meloni è stata scomposta: “L’invito da parte di Emmanuel Macron di Volodymyr Zelensky a Parigi è stato inopportuno”. E’ l’artigliata di chi rosica per essere stato escluso.

Altro attacco è arrivato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti al viaggio di Le Maire e Habeck negli Stati Uniti: “È un’iniziativa di due Paesi, non un’iniziativa europea. Non siamo stati informati e la cosa non ci offende: ci sorprende. L’avesse fatto l’Italia, questo governo sarebbe stato accusato di essere sovranista e antieuropeo. Saremmo sotto processo. La risposta dovrà essere europea”. Altra dimostrazione di debolezza.

La “Regina della Garbatella”, che ha ambizioni di grandeur per l’Italia ma governa un paese indebitato e traballante, si ritrova tra due Euro-fuochi: da un lato c’è l’idea di un’Unione sempre più integrata e interdipendente propugnata da Francia e Germania (che dell’Ue vogliono essere il motore); dall’altro c’è il blocco dell’est, Ungheria e Polonia in testa (i polacchi sono alleati della Meloni in Ecr, l’eurogruppo dei Conservatori), che propende per “l’Europa delle Nazioni”, in cui Bruxelles dovrebbe limitarsi a coordinare le politiche nazionali senza intervenire a gamba tesa, soprattutto sulle questioni di bilancio.

Giorgia Meloni, ideologicamente più vicina ai polacchi ma leader di un paese G7 e fondatore dell’Ue, deve scegliere cosa vuole fare da grande.

Mario Draghi era riuscito con un’abile azione diplomatica a sistemarsi accanto a Macron e Scholz nella prima fila europea. Il viaggio dei tre a Kiev, il 16 giugno 2022, certificò l’asse politico tra Roma-Parigi-Berlino. Mariopio non ebbe esitazioni nello scegliere l’Europa integrata e anti-sovranista.

Non lo fece solo per un personale convincimento, ribadito peraltro in centinaia di occasioni, ma fu una scaltra mossa politica: capì che l’Italia non ha la forza economica e militare per “pretendere” un ruolo centrale in Europa. Francia e Germania godono di uno status internazionale superiore al nostro: armi nucleari, solidità economica, debito pubblico sostenibile e maggiore capacità di spesa, danno all’asse franco-tedesco una rilevanza che l’Italia puo’ solo sognare.

Il governo italiano di turno, la sua forza negoziale, deve guadagnarsela. A maggior ragione deve farlo un esecutivo che ha al suo interno partiti euroscettici come la Lega e due leader, Berlusconi e Salvini, apertamente filo-putiniani.

Giorgia Meloni, dal canto suo, non ha mai accettato l’idea di affrontare gli Euro-poteri con l’arma della diplomazia, non è nelle sue corde. Appena insediato, il suo governo ha mercanteggiato con la Commissione, e con qualche ragione (bisogna considerare i ritardi nelle forniture e l’aumento del costo dei materiali), una revisione dei tempi per la messa a terra del Pnrr.

“Io sono Giorgia” ha poi acceso lo scontro con Macron sui migranti per il caso della nave Ocean Viking non accolta dall’Italia e costretta ad attraccare in Francia; ha vagheggiato in totale solitudine l’idea di fare dell’Italia l’hub energetico dell’Europa (e con quali soldi? Quali infrastrutture? Con quale benedizione di Bruxelles?

Tra l’altro l’Algeria, tra i nostri principali fornitori di gas, è considerata ancora “colonia” dalla Francia); ha insistito per un fondo sovrano Ue per sostenere le imprese, incassando no a destra e a manca a partire dal cancelliere tedesco Scholz.

Senza contare l’atteggiamento del governo per le questioni “domestiche”. La proroga di un anno delle concessioni balneari è uno schiaffo all’Europa che aveva chiesto di intervenire rapidamente sulla questione, aprendo maggiormente alla concorrenza (e invece godono Salvini e Santanché, amici della “lobby della battigia”).

Come scrive Massimo Franco sul “Corriere della Sera”: “La proroga di un anno delle concessioni agli stabilimenti balneari, accettata da FdI, va incontro alle richieste degli alleati e salda il loro blocco di interessi. Ma può aprire un serio contenzioso con la Commissione europea”.

Uno scontro che non inquieta il governo, anzi: lo esalta. “Salvini – prosegue Franco – rivendica che il voto al Carroccio è per un’Italia ‘a testa alta sui tavoli europei, perché non siamo servi di nessuno’.

E questo proprio mentre oggi la premier Giorgia Meloni a Bruxelles tenta una difficile intesa”. Davanti a questa spavalderia irresponsabile, come fanno Francia e Germania a coinvolgere nella stanza dei bottoni un paese stra-indebitato, con un’economia fragile, senza alcuna rilevante forza militare, che vive il rapporto con l’Europa o chiedendo soldi o sputandole addosso, che nel sostegno all’Ucraina ha offerto finora solo solidarietà e zero armi?

A tal proposito la frase velenosa con cui Macron ha spiegato il senso del vertice a tre con Scholz e Zelensky (“Penso che negli incontri diplomatici stia anche a Zelensky scegliere il formato che vuole…”) ha tolto la maschera all’ipocrisia italiana.

Della serie: cosa avete dato a Kiev? Il governo Meloni, finora, nulla. Il sesto decreto per le armi all’Ucraina, il primo per il governo di Destra-centro (gli altri si devono a Mario Draghi), slitta di settimana in settimana. Francia e Germania mettono mano all’arsenale, noi?

E’ chiaro che lo stesso Zelensky abbia più interesse a incontrare chi lo sostiene concretamente con rifornimenti militari. Senza contare che il povero presidente ucraino s’è visto rimbalzare da Sanremo, dove avrebbe dovuto passare per il controllo preventivo di un Coletta qualunque (e già fa ridere così).

A corollario del nostro isolamento, arriva anche la sparata del vicepremier Matteo Salvini che ha commentato la mancata partecipazione del presidente ucraino dal Festival con parole che saranno state apprezzate al Cremlino: “Per molti italiani è un momento complicato, che non ci sia la presenza di Zelensky non mi dispiace. Portare la guerra in mezzo ai Cugini di Campagna mi sembra veramente fuori luogo”. Ecco, lasciamo che la guerra la porti Putin in Ucraina. Tanto a metterci una pezza dovranno pensarci gli altri, noi abbiamo Sanremo.

MELONI, ‘MACRON SU INVITO A ZELENSKY È STATO INOPPORTUNO’

(ANSA) – L’invito da parte di Emmanuel Macron di Volodymyr Zelensky a Parigi “è stato inopportuno”. La nostra forza “deve essere l’unità”. Lo ha detto Giorgia Meloni arrivando al Consiglio europeo. Alla domanda: “Se la missione di Francia e Germania a Washington è stata inopportuna?” la presidente del Consiglio Meloni ha risposto: “Francamente mi è sembrata più inopportuno l’invito a Zelensky di ieri. Perché credo che la nostra forza in questa vicenda sia la compattezza e io capisco le pressioni di politica interna, il fatto di privilegiare le opinioni pubbliche interne, ma ci sono momenti in cui privilegiare la propria opinione pubblica interna rischia di andare a discapito della causa e questo mi pare che fosse uno di quei casi”.

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