Di Maio voleva fare il fenomeno! Ha portato all’Onu quattro paginette sostenendo di avere la chiave per la pace: in tempo zero si è preso una signora sfanculata dall’Ucraina

tratto dal blog di Nicola Porro

Se non ve ne foste accorti, un paio di giorni fa Luigi Di Maio, ovvero il diplomatico che dava dell’animale a Putin, è andato a New York e ha portato nella sua cartellina il “piano di pace” per l’Ucraina redatto dalla Farnesina.

Ad Antonio Guterres, Luigino ha mostrato le 4 tappe di questa grande road map verso la fine delle ostilità: 1) cessate il fuoco, 2) neutralità dell’Ucraina senza ingresso nella Nato, 2) risoluzione delle questioni territoriali in Donbass e Crimea, 4) un nuovo patto per la sicurezza europea e internazionale. Novità? Nessuna, benché Repubblica l’abbia spacciato per chissà quale rivoluzionario passo in avanti.

Di concreto in realtà c’è poco o niente. Solo l’indicazione di un percorso. Né la Russia né l’Ucraina sembrano disposti infatti ad accettare per il momento il cessate il fuoco. Sulla neutralità di Kiev e il patto per la sicurezza l’accordo era quasi stato raggiunto già dai negoziati avviati nei primi giorni di guerra, e si spera – viste anche le parole di Zelensky sulla Nato – che possa essere un punto di partenza. Mentre sul Donbass e la Crimea le parti sono ad una distanza siderale. Kiev lo ha detto chiaramente: non intende fornire una via d’uscita a Putin e non vuole cedere sulla sovranità. Di più: il consigliere del presidente, nonché capo negoziatore, Mikhailo Podolyak, ha spiegat che “fino a che la Russia non è disposta a liberare completamente i territori occupati, i nostri negoziatori sono le armi, le sanzioni e i soldi”. Non proprio un ramoscello d’ulivo.

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Il trionfale entusiasmo di Di Maio è stato infatti smorzato oggi dal portavoce del ministro degli Esteri, Dmytro KulebaRepubblica scrive che a Kiev “il piano di pace del governo italiano non è passato inosservato” (immaginiamo…) e che lo si sta valutando insieme ad altri. Tradotto: bello, ma non servirà gran che. “Allo stesso tempo – ha spiegato infatti il portavoce Oleg Nikolenko – ogni decisione politica deve partire dal rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina nei suoi confini così come sono riconosciuti dalla comunità internazionale”. Ovvero, su Crimea e Donbass non si torna indietro. Non per adesso, almeno.

L’idea di Di Maio e del governo, infatti, è che le due regioni contese possano avere piena autonomia amministrativa e anche strumenti di sicurezza propria, anche se la sovranità (che tipo di sovranità resterebbe, a quel punto?) sarebbe in capo a Kiev. Peccato che da giorni gli ucraini facciano sapere a destra e a manca che non intendono tornare di nuovo allo stallo dei due accordi di Minsk, già siglati in passato e di fatto mai rispettati. Col rischio, teme l’Ucraina, che tra qualche anno si torni punto e d’accapo. Con una nuova invasione.

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