di Francesco Colafemmina per Il Giornale
Nel nostro tempo soggetto a rapidi mutamenti, raccontare eventi di soli pochi anni fa puĆ² talvolta risultare un esercizio difficile, faticoso. Specie quando la memoria riguarda fatti tremendi, che la vita tende a rimuovere. O un pensiero del passato che sembra terminato, sigillato, tanto da non poter piĆ¹ fare ritorno.
Era il 2006, altre paure angosciavano lāOccidente. Non solo i postumi di guerre lontane, in Iraq e Afghanistan, ma il ricordo ancora vivo degli attentati di Londra del 2005, o di quelli di Madrid del 2004. Un uomo vestito di bianco, un grande e mite teologo, forse il piĆ¹ grande teologo cattolico del XX secolo, ritorna nella sua universitĆ di Ratisbona e tiene una lezione che suscita scandalo e divisione. Quellāuomo ĆØ Joseph Ratzinger,Ā papa Benedetto XVI, e la suaĀ lectio magistralisĀ passerĆ alla storia comeĀ Il discorso di Ratisbona.
Il papa ha un solo obiettivo: mostrare cheĀ fedeĀ eĀ ragioneĀ si tengono per mano. Che la tradizione greco romana non ĆØ stata cancellata dallāavvento del Cristianesimo. Al contrario, fede biblica e āinterrogarsi grecoā hanno vissuto un fondamentale avvicinamento. CosƬ la fede cristiana ha sin da subito, fin dallāincipit del Vangelo di Giovanni, riconosciuto in Dio il logos āinsieme, ragione e parola ā una ragione che ĆØ creatrice e capace di comunicarsi, ma, appunto, come ragioneā.
CosƬ, Benedetto XVI, fa riemergere dalle coltri del passato, le parole di un imperatore bizantino,Ā Manuele II PaleologoĀ ā padre dellāultimo imperatore dellāImpero Romano, Costantino XI Paleologo ā che, sul finire del XIV secolo, mentre era ostaggio del Sultano ad Ankara, affrontava con la sapienza greca un saggio persiano. E osava dirgli: āMostrami pure ciĆ² cheĀ MaomettoĀ ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicavaā.
Non con la spada, proseguiva Manuele II Paleologo, ma con la ragione si trasmette la fede, perchĆ© āDio non si compiace del sangueā. Parole fortissime che pesano in quei giorni come un macigno sulla perversa connessione fra religione e terrorismo. E sottolineano una volta di piĆ¹ la diffusa ambiguitĆ delle disorganiche e spesso contraddittorie guide religiose musulmane.
Tuttavia, il discorso di papa Ratzinger non si ferma alla mera contingenza storica. PerciĆ² rileggerlo oggi ci dĆ il senso della sua profonditĆ e risuona col tono di una profezia. Il problema del rapporto fra fede e ragione non riguarda, infatti, soltanto lāIslam, ma lo stesso Cattolicesimo. La scissione fra pensiero greco e pensiero cristiano ha conosciuto secondo Benedetto, diverse fasi. LaĀ de-ellenizzazioneĀ piĆ¹ recente ĆØ quella che mira a ritornare āal semplice uomo GesĆ¹ e al suo messaggio sempliceā, a sostituire āil culto con la moraleā. Una Chiesa, in sostanza, che rinuncia a guardare al cielo, che non punta piĆ¹ a rispondere alle grandi domande, agli interrogativi sul āda doveā e āverso doveā, e guarda solo ad istanze materiali e sociali. E lascia la ragione allāambito della scienza, quasi che la religione, tutte le religioni, siano incompatibili con la ragione. Ć questo per Benedetto il dramma della rinuncia alle nostre radici elleniche, la rottura del saldo legame fra fede e ragione che discende direttamente dalle domande di Socrate, dalla filosofia di Platone. Un legame che āha creato l’Europa e rimane il fondamento di ciĆ² che, con ragione, si puĆ² chiamare Europaā.
Due mesi dopo quel discorso pronunciato a Ratisbona, nel novembre del 2006 Benedetto, dopo essersi sfilato le scarpe, varcĆ² la soglia dellaĀ Moschea BluĀ di Istanbul e sostĆ² in preghiera davanti alĀ mirhab, lāedicola che indica la direzione della Mecca. E nel Libro dāoro di Santa Sofia, la grande basilica di Giustiniano, allāepoca non ancora trasformata in moschea, come accaduto nel 2021 per decreto del presidenteĀ Recep Tayyip Erdogan, Benedetto XVI scrisse in italiano le seguenti parole: āNelle nostre diversitĆ ci troviamo davanti alla fede del Dio unicoā.
Fede e ragione, ellenismo e cristianesimo, radici di unāEuropa millenaria, hanno trovato in Joseph Ratzinger forse lāultima grande personalitĆ di un mondo antico e sempre vivo, ma oggi sentito quasi estraneo, superato. In nome di una Chiesa sempre piĆ¹ concentrata sui temi del sociale, e di una umanitĆ asservita alla tecnica e alle chimere della scienza. Che procede, come ha sempre ripetuto Ratzinger,Ā etsi Deus non dareturĀ ā ācome se Dio non ci fosseā, finendo per ridurre lāuomo āa una sola dimensione, quella orizzontaleā. CosƬ: āoscurando il riferimento a Dio, si ĆØ oscurato anche lāorizzonte etico, per lasciare spazio al relativismo e ad una concezione ambigua della libertĆ , che invece di essere liberante finisce per legare lāuomo a degli idoliā.
Parole sempre attuali di un grande profeta dei nostri tempi, non solo troppe volte ignorato, ma in numerosi casi rinnegato, osteggiato, vilipeso e perfino messo a tacere nellāambito di quella stessa Chiesa che, dāaltra parte, non ci ha messo molto a dimenticarlo dopo le dimissioni annunciate lā11 febbraio del 2013.
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