Crisi Ucraina, nella malaugurata ipotesi di un conflitto nucleare l’Italia sarebbe uno dei primi obiettivi: pochi lo sanno, ma lo stivale ospita ancora oggi decine se non centinaia di testate marchiate Usa

Nucleare, Di Feo: “Ecco i danni che la bomba di Nagasaki provocherebbe su Roma”

Grazie agli studi dell’Ingv siamo in grado di avere una misura dei danni che provocherebbe sulla capitale una bomba dello stesso tipo di quella sganciata su Hiroshima.

Lā€™Occidente teme lā€™incubo nucleare: una bomba tattica ai confini europei

L’uso dell’armaĀ ĆØ possibile per Mosca se viene minacciata l’integritĆ  dello Stato.Ā Gli Usa hanno mantenuto circa 500 bombe B-61, schierate pure in Italia

Il conto alla rovescia verso l’ora piĆ¹ buia ĆØ cominciato. Ci sono tre mesi, quattro al massimo, per impedire che l’invasione dell’Ucraina inneschi un’escalation dove l’uso di ordigni nucleari non ĆØ piĆ¹ escluso. Vladimir Putin ha preso la decisione piĆ¹ rischiosa per il suo sistema di potere ma anche per la sicurezza mondiale. Non puĆ² tornare indietro: adesso ĆØ ancora piĆ¹ obbligato a insistere nella prova di forza, sia sul campo di battaglia che nel confronto con l’Occidente. L’effetto dei 300 mila riservisti mobilitati ieri sulle sorti del conflitto si vedrĆ  entro gennaio. Ma ĆØ un’incognita, sui cui pochi scommettono, e questo obbliga il Cremlino a ostentare l’unica certezza: la capacitĆ  distruttiva del suo arsenale atomico.
Nonostante la fine della Guerra Fredda, la Russia non ha mai smesso di considerare queste armi come un pilastro della sua strategia. La dottrina di impiego ĆØ stata costantemente aggiornata, l’ultima volta nel giugno 2020, cosƬ come gli strumenti per concretizzarla. Mentre Washington ha trascurato i suoi reparti nucleari – fino a tre anni fa le basi dei missili intercontinentali avevano ancora computer con i floppy disk – Mosca ha investito somme enormi per modernizzarli. Con una differenza concettuale. Gli Stati Uniti e la Nato sono rimasti ancorati alle teorie concepite ai tempi del Muro di Berlino e alla prospettiva di uno scontro tra i due grandi blocchi.

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Nei dibattiti del Cremlino invece ĆØ stata presa in considerazione l’eventualitĆ  di usare l’atomica nei conflitti “minori” aperti dallo sgretolamento dell’Urss. Al centro delle riflessioni ci sono gli ordigni “tattici” che hanno una testata compresa tra 0,2 e duecento chilotoni: per avere un termine di confronto, l’esplosione di Hiroshima ĆØ stata di venti chilotoni. L’impostazione viene presentata come difensiva: sono lo strumento estremo per imporre la supremazia russa. Lo dice il documento firmato da Putin: la “Bomba” si puĆ² usare se viene minacciata l’integritĆ  dello Stato, se c’ĆØ la necessitĆ  di impedire un’escalation e se si ĆØ davanti a una sconfitta “inaccettabile”. Condizioni che somigliano allo scenario che si sta concretizzando in Ucraina, dove le regioni annesse alla Russia con il referendum sono esposte all’avanzata nemica e lo schieramento di Mosca rischia il collasso.

Come e dove verrebbe usata l’arma “tattica” ĆØ un segreto. Il targeting, ossia la disciplina che determina la scelta dei bersagli, ĆØ una sintesi di valutazioni politiche e militari complesse, in cui il calcolo dei danni inflitti si accompagna a quello delle potenziali ritorsioni. Da mesi i vertici della Nato si interrogano, cercando di individuare gli eventuali obiettivi su cui verrebbero puntati i missili del Cremlino. Sono circolate due ipotesi.

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La minima: l’Isola dei Serpenti, lo scoglio occupato dai russi e poi riconquistato. Sin dall’inizio dell’invasione ĆØ diventata l’icona della resistenza, cancellarla con un fungo atomico trasmetterebbe un messaggio feroce all’intera nazione. Inoltre, nelle ciniche stime dei generali viene evidenziato che non ci sarebbero vittime civili e il fall out – la pioggia di ceneri contaminate – si disperderebbe in mare. Basterebbe a piegare la determinazione degli ucraini? Per questo la lista della possibile rappresaglia si spinge a fino a includere il massimo dell’orrore: la distruzione di un centro abitato nella regione di Leopoli, al confine con l’Europa. Anche con la testata piĆ¹ piccola ci sarebbero migliaia tra morti e feriti, con una nuvola radioattiva che raggiungerebbe pure la Polonia e forse i Paesi baltici. Una sfida non solo al popolo ucraino ma all’intero Occidente.

Come reagirebbe l’Alleanza Atlantica? Kiev non ne fa parte e non ci sono piani per uno scenario cosƬ mostruoso. Fino al 1991 le testate “tattiche” erano previste dai comandi Nato come mezzo per contrastare l’assalto delle divisioni corazzate sovietiche, poi con il disarmo collettivo la questione ĆØ stata archiviata. Non tutti gli ordigni di questo tipo perĆ² sono stati smantellati. Gli Stati Uniti hanno mantenuto in servizio circa cinquecento bombe B-61, in parte destinate a venire sganciate dagli aerei alleati.

Ed ecco che i venti di guerra possono spingersi fino all’Italia, perchĆ© le basi atlantiche piĆ¹ vicine all’area del conflitto sono nel nostro territorio. Nell’aeroporto di Aviano, in provincia di Pordenone, c’ĆØ una ventina di B-61 per i jet dell’aviazione americana. Altrettante – il numero esatto ĆØ top secret – si trovano a Ghedi, non lontano da Brescia: sono in un bunker statunitense ma verrebbero impiegate dai caccia Tornado della nostra Aeronautica. Nessuno vuole credere che questi spettri possano mutarsi in realtĆ : anche solo pensare alle armi nucleari – come ha detto Papa Francesco – “ĆØ una pazzia”. Per questo ĆØ indispensabile trovare subito un modo per fermare la corsa verso il baratro.

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