Draghi ha ancora la faccia tosta di pontificare? Per un motivo semplice: ha il compito di dettare la linea per conto dei suoi padroni. Prossimo passo fine degli stati nazionali e creazione di un unico stato Europeo. A loro disposizione

Draghi: “L’Europa si deve fare Stato, così non funziona più”

L’ex premier presenta a Roma il libro di Cazzullo sull’impero romano e punta dritto su Bruxelles: «L’Unione è in un momento critico di paralisi funzionale e non è in grado di ripensare le regole di governo». Sullo sfondo la candidatura alla guida del Consiglio europeo.

Europa così com’è non funziona più. Per avere un futuro nel mondo «multicentrico e postatomico» occorre «diventi uno Stato». Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, Roma, stasera. Mario Draghi, restio alle interviste, si è fatto convincere da Aldo Cazzullo a presentare “Quando eravamo i padroni del mondo”, dedicato all’impero romano. L’Europa di oggi per Draghi non conta nulla o quasi rispetto a quell’impero. Non ha una politica estera comune, è seconda in spesa per la Difesa agli Stati Uniti ma con ventisette eserciti, ha ventisette agenzie per la commercializzazione dei farmaci. Discorsi che l’ex banchiere centrale ha fatto spesso, ma mai con toni così netti.

«Con l’allargamento a ventotto dell’Unione abbiamo fatto un errore colossale: pensare che potesse funzionare con le regole decise quando i partner erano dodici». Draghi definisce l’Europa «in un momento critico», in una «paralisi funzionale», che «pensa ad allargarsi ancora aspettando le elezioni di giugno» e senza essere in grado di «ripensare le regole che la governano».

Il giornalista tenta più volte di strappargli una risposta sui temi di attualità, sull’immigrazione, la condizione della donna, i femminicidi, i problemi di Roma, ma ogni volta l’ex premier scarta, si ritrae, cambia discorso. Non crede nemmeno a un caso Expo e alla vittoria saudita per via dei petroldollari, «perché l’Italia un Expo l’ha avuto pochi anni fa ed è normale immaginare che possa aver vinto qualcun altro. Ho letto di complotti universali, ma la verità è che l’Expo lo vogliono tutti».

Al netto del lungo confronto con l’autore sull’impero romano, Draghi parla volentieri solo di tre argomenti: il suo passato di studente del liceo gesuita di Roma, della passione per la Roma e del futuro dell’Europa. E’ di fatto la prima intervista pubblica in Italia da che ha lasciato Palazzo Chigi. La chiesa è colma di giornalisti come a un matrimonio vip. Nelle panche delle prime file si scorgono il leader di Azione Carlo Calenda (grande appassionato di storia romana), il suo ex ministro della Difesa (e oggi presidente del Copasir) Lorenzo Guerini, l’editore del Corriere della Sera Urbano Cairo, il patron di Dagospia Roberto D’Agostino.

Draghi si ritrae persino ad una domanda su cosa occorrerebbe per una Capitale più vivibile. Si accende solo per l’Europa, e non solo da ex. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen lo ha incaricato di scrivere un rapporto sulla competitività dell’Unione, e secondo alcune voci che circolano a Bruxelles sarebbe il candidato perfetto per guidare il prossimo Consiglio europeo, l’organo che riunisce i ventisette capi di Stato. Secondo Draghi il modello di funzionamento che ha retto l’Europa delle origini «si è dissolto». Occorre «inventarsi un modello diverso per crescere», perché «il mercato europeo oggi è troppo piccolo». O meglio «un mercato unico c’è, ma solo in teoria». Chi ci guarda da fuori «ne vede ventisette, non uno».

L’Europa così com’è non funziona più, né economicamente, né tantomeno politicamente. La controprova è la crisi in Medio Oriente, per la quale l’Unione «dovrà fare di più». Non certo con un ruolo militare, «perché siamo deboli e poco credibili», ma quantomeno «con una presenza umanitaria» che vada oltre i programmi di assistenza finanziaria. In sintesi: nonostante le recenti prove non esaltanti di alcuni partiti sovranisti, Draghi è più pessimista del solito. «Speriamo ci tengano uniti i valori fondanti», l’unica speranza sono «una maggiore integrazione politica, un vero parlamento d’Europa», un nuovo paradigma culturale «che ci faccia sentire italiani ed europei».

Il resto del Draghi pensiero è puro pragmatismo di scuola gesuitica: l’idea di imporre un modello di società «non ha mai funzionato» (non è chiaro se si riferisse agli Stati Uniti dell’invasione irachena o solo all’impero romano), né alle guerre «figlie di una missione del destino: servono solo a mandare i ragazzi a morire». Ciò non toglie che l’Ucraina stia combattendo «per difendere la sua democrazia e i valori che condividiamo con loro».

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  1. PERCHè NO VAI A FARE COMPAGNIA A HENRY KISSINGER, è li che ti aspetta, tanto che ti piaccia o no ci finirai anche tu nelle tenebre con lui e tutti quelli come voi. Il non credere non vi risparmierà da tale incubo infinito. Criminali

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