Ricordate il Vigile che fu immortalato timbrare in mutande? Alla fine si è rivelato l’ennesimo caso di ‘giustizia spettacolo’: dopo quasi dieci anni assolto e risarcito per non aver commesso truffa alcuna

Alberto Muraglia è il vigile di Sanremo divenuto suo malgrado simbolo dell’inchiesta della Procura di Imperia sui cosiddetti “furbetti del cartellino”. L’uomo era stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza montate dalla Guardia di Finanza mentre timbrava il cartellino in mutande. Ma ora, dopo essere stato assolto in tribunale, dovrà essere reintegrato e risarcito. E allora l’uomo canta vittoria.

“Una foto in mutande non vuol dire nulla se poi uno entra all’orario giusto e fa onorato servizio. – si sfoga così il vigile di Sanremo Alberto Muraglia dopo la sentenza che lo ha assolto – Sapevo che sarebbe finita così, ma c’è voluto troppo tempo. Ora il Comune dove lavora dovrà risarcirlo per gli stipendi arretrati. Una cifra che il suo avvocato, Luigi Alberto Zoboli, valuta in oltre 250mila euro.

“Ho sempre avuto fiducia nella giustizia, sapevo che prima o poi saremmo arrivati a questo giorno, però ci sono voluti troppi anni. – dichiara ancora il vigile di Sanremo appena assolto – Mi sono recato a timbrare in mutande per far prima e scendere in servizio, la timbratrice era a qualche metro dal mio ufficio, e quella era anche la mia abitazione”.

E la sentenza gli dà ragione, visto che si specifica che nel contratto che il vigile ha firmato non c’è scritto che dovesse timbrare il cartellino quando era già in divisa. “Mi è capitato di smontare dal servizio, di arrivare a casa e ricordarmi di non aver timbrato. Per evitare di rivestirmi sono andato a strisciare il badge anche in pigiama. – si è giustificato così Alberto Muraglia – 86 giorni agli arresti domiciliari, da innocente, e otto anni a difendermi nelle aule dei tribunali non li auguro neanche al peggiore dei miei nemici. È finito un incubo e, finalmente, tornerò a indossare la mia amata divisa perché è stato dimostrato che sono stato un vigile modello, altro che furbetto del cartellino”.

“Maledetto sia quel frame. – si era sfogato con il Corriere della Sera – Fui accusato di esser tornato a letto dopo aver timbrato. Io invece stavo entrando in servizio. Il mio alloggio distava 15 metri dall’ufficio. E, alle 5 di domenica, andavo in borghese a controllare se c’erano auto da rimuovere per via del mercato. Se sì, chiamavo il carro-attrezzi e risalivo per indossare la divisa. Per non perdere tempo, quella volta ho timbrato in intimo. L’ho dimostrato esibendo i verbali e alcuni colleghi hanno testimoniato in mio favore”.

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