“Addio grande uomo” Gli italiani perbene oggi piangono per la morte di Giovanni Lodetti, indimenticato campione non solo di calcio ma anche di vita

Lo chiamavano “Baslèta”, che in milanese vuol dire mento, nel suo caso, pronunciato. Giovanni Lodetti ha smesso di correre, a 81 anni. Lo aveva fatto per tutta la carriera, da quando, a 15 anni, era entrato a far parte del settore giovanile del Milan, esordendo in prima squadra con Nereo Rocco in panchina nel 1962 a Ferrara, coi rossoneri vittoriosi per 3-0 sulla Spal. Il Diavolo lo aveva tesserato per 100.000 lire e una muta di maglie, andando a prenderlo in Lambretta a Caselle Lurani, nel Lodigiano. Primo stipendio, 160mila lire.

MEDIANO  

E’ stato un mediano di fatica, di quelli che portano l’acqua, il gregario per eccellenza. Divenne presto un titolare inamovibile di quel Milan con cui conquistò da protagonista due scudetti, una Coppa Italia, due Coppe Campioni, una Coppa Coppe e una Intercontinentale, totalizzando 288 presenze e 26 gol.  Ha giocato accanto a fenomeni come Gianni Rivera, Dino Sani, José Altafini, Karl Heinz Schenllinger, Giovanni Trapattoni, Angelo Benedicto Sormani. Lui era quello che correva per tutti. Con la Nazionale fu campione d’Europa nel 1968, ma ebbe l’amarezza di non essere chiamato al Mondiale 1970, che vide l’Italia di Valcareggi arrivare in finale, perché all’ultimo s’infortunò Anastasi e il c.t. preferì chiamare sia Prati sia Boninsegna.  Chiuse la carriera con Samp, Foggia e Novara, diventando poi opinionista televisivo.

Addio Basletta…
“Una mattina correvo al parco Trenno – scrive Lodetti – , vedo dei ragazzi che giocano. Mi fermo a guardare: la Squadra che perde ha un giocatore in meno. Non resisto e vado dietro al loro portiere: Scusa, mi fate entrare? Quello si volta e senza tanti riguardi mi fa: Ma dai, qui siamo tutti giovani! Io insisto: Dai… gioco anche in porta. Alla fine uno mi fa segno di entrare. Dopo un po’ s’avvicina e dice: ‘Sai che sei buono? Ma sul serio eh!”.
“Erano troppo giovani per ricordarsi di Giovanni Lodetti e allora gli raccontai che avevo fatto tornei aziendali. Sì, ma come ti chiami? Avevo un giubbotto con scritto Ceramica e gli dissi: Mi chiamo Ceramica. Mi hanno guardato strano, pero’ mi chiesero se volevo giocare con loro ogni Sabato mattina, con loro al parco Trenno e io che avevo ripreso a divertirmi di nuovo accettai subito. Durante le partite li sentivo urlare: Passa Ceramica! Tira Ceramica! Bravo Ceramica! Passarono ben due anni prima che uno di loro mi smascherò dicendo: Ragazzi abbiamo giocato per due anni con Giovanni Lodetti senza saperlo!”.

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