“Solo dei dementi potevano pensare di affossare Putin con la guerra” L’ex ambasciatrice italiana senza peli sulla lingua demolisce la feccia Usa ed i suoi servi di tutta Europa

Di Paolo Arigotti per L’Antidiplomatico

Elena Basile, diplomatico di carriera dal 1985, ha ricoperto diversi incarichi presso le ambasciate di Madagascar, Canada, Ungheria, Portogallo. Dal 2013 al 2017 ĆØ stata ambasciatore dā€™Italia a Stoccolma, per poi assumere lo stesso incarico presso la sede diplomatica di Bruxelles. Ā Elena Basile ĆØ unā€™analista di politica internazionale, ha avviato una collaborazione come free lance per Il Fatto quotidiano. Eā€™ inoltre scrittrice. Ha pubblicato sinora cinque libri: Donne nientā€™altro che donne (1995) Una vita altrove (2014), Miraggi (2018),Ā  pubblicato anche in lingua francese col titolo ā€œ Mirages ā€œ editions du Sablon, In famiglia (2022), Un insolito trio (2023), che sarĆ  presentatoĀ  il prossimo lunedƬ 18 settembre (ore 17,30), al chiostro del Teatro Piccolo di Milano. Moni Ovadia converserĆ  con lā€™autrice si temi del libro.

Ambasciatrice Basile, grazie per averci concesso questa intervista. La prima domanda si riallaccia inevitabilmente allā€™attualitĆ : a che punto ĆØ la guerra in Ucraina, pure alla luce del sostanziale fallimento della controffensiva di Kiev?

Non credo, malgrado lo stallo delle operazioni militari, che sia facile pervenire a un cessate il fuoco e a un armistizio.

Eā€™ vero che gli americani portano giĆ  a casa un importante bottino di guerra (Profitti energetici e del complesso militare industriale, separazione dellā€™Europa dalla Russia, vassallaggio dellā€™UE e fine dei sogni di autonomia strategica e difesa europea), ĆØ vero che la ā€˜war fatigueā€™ potrebbe pesare sulla campagna presidenziale di Biden giĆ  minacciata dalla salute mentale dello stessoĀ  il cui stato ĆØ ormai di dominio pubblico, ma non si investono 101 miliardiĀ  in una guerra per portare a casa un armistizio che lascia Kiev in condizioni peggiori di quanto era allā€™inizio del conflitto. Del resto non credo che i russi, oggi in una posizione di forza, accetterebbero un armistizio che permetterebbe agli ucraini e alla Nato la produzione di munizioni e di meglio prepararsi al fine di ricominciare lā€™ offensiva in condizioni migliori e se le contingenze politiche di Washington lo permetteranno.

Il pessimismo dellā€™intelligenza non deve tuttavia cancellare lā€™ottimismo della volontĆ . Ben vengano gli sforzi di mediazione. Io stessa parteciperĆ² al convegno organizzato dal Coordinamento Democrazia Costituzionale eĀ  Europe for Peace al fine di riproporre un nuovo appello per la pace dopo il primo, del luglio scorso, che ha ottenuto centinaia di firme ed ĆØ stato promosso da ex Ambasciatori e politici, intellettuali, giornalisti.

A partire dallā€™inizio della cosiddetta ā€œoperazione militare specialeā€ (per i russi) o della ā€œguerra di aggressione contro lā€™Ucrainaā€ (per gli occidentali) si ĆØ molto discusso sulle origini e le cause di questo conflitto, risalenti a periodi storici precedenti al febbraio 2022. Qual ĆØ la sua lettura in merito e ci potrebbe consigliare una o piĆ¹ pubblicazioni per approfondire il tema?

Le cause della guerra sono note da tempo. George Kennan, artefice della strategia del ā€˜containmentā€™Ā  aveva previsto il conflitto e pronunciato parole accorate nel 1997, quando la strategia di espandere la NATO a est, tradendo le promesse fatte a Gorbaciov, fu delineata con maggiore nettezza dalla amministrazione USA. Gli Interventi di Kissinger e Sergio Romano, soprattutto a partire dal 2014, in merito allā€™inevitabilitĆ  di una reazione di Mosca nel caso Kiev aderisse alla NATO sono estremamente chiare. John Merarsheimer, uno dei maggiori analisti statunitensi, Professore allā€™UniversitĆ  di Chicago, ha riconosciuto che lā€™espansione dellā€™organizzazione atlantica a Est fino a lasciare la porta aperta a Ucraina e Georgia sarebbe stata percepita ( ed ĆØ ) dalla Russia come una minaccia inaccettabile.

Questa guerra non ci sarebbe stata se lā€™Ucraina fosse divenuta neutrale come lā€™Austria o la Svizzera. La domanda evidente ĆØ : cosa sarebbe stato meglio per il popolo ucraino: essere in un Paese garantito nella sua sicurezza e libero di avere relazioni economiche con Mosca e con lā€™occidente oppure vivere nel Paese fallito di oggi? Purtroppo nelle elites occidentali esiste una malafede insopportabile. Il conflitto era annunciato ed era evitabile. Eā€™ stato perseguito sistematicamente dallā€™Amministrazione USA. Le resistenze della vecchia Europa si sono fatte sentire allā€™inizio. Germania, Francia, Italia si sono opposte nel corso del Vertice di Bucarest del 2008 alla politica della porta aperta verso Kiev e Tbilisi. Oggi siamo tutti allineati, contro i nostri stessi interessi, contro i popoli della vecchia Europa.

La narrazione del conflitto portata avanti in questo paese, come piĆ¹ o meno in tutto il cosiddetto Occidente, ĆØ stata a senso unico. Chiunque esprimesse posizioni ā€œnon allineateā€ ĆØ stato attaccato e/o esposto alla gogna mediatica. Che opinione si ĆØ fatta di tutto questo e si sentirebbe di condividere il punto di vista piĆ¹ volte espresso dal prof. Alessandro Orsini, secondo il quale in Italia non esisterebbe libertĆ  dā€™informazione sulla politica internazionale?

Non parlerei dellā€™Italia come un caso a sĆ©. Nel nostro Paese avviene piĆ¹ o meno quanto accade negli altri membri dellā€™UE. Cā€™ĆØ una sbalorditiva criminalizzazione del dissenso. Ne ho fatto le spese in prima persona quando ho subito i linciaggi dei media che mi hanno addirittura accusato di collusione con i servizi di un altro Paese. E meno male che una mia ex collega, Elisabetta Belloni, (siamo entrate insieme alla Farnesina nel 1985, due sole donne tra 28 giovani diplomatici), oggi Direttore Generale Ā del DIS, ha avuto lā€™intelligenza di non dare corso alle richieste di indagini e di riunioni del COPASIR da parte di alcuni politici altrimenti il ridicolo sarebbe stato raggiunto, scene surrealiste che meriterebbero il pennello di Magritte.

Certamente lā€™occidente resta democratico. Continuo come tanti a criticare ferocemente lā€™imperialismo USA oppure le politiche guerrafondaie odierne dellā€™Europa e nessuno si permette di minacciare la mia sicurezza personale. In Russia questo non accadrebbe.

Eā€™ vero che come tanti altri ex Ambasciatori e intellettuali, sono innocua e ininfluente. Non abbiamo vere armi contro il potere attuale. Mi domando se la repressione non sarebbe diversa e spaventosa anche in Occidente se ci temessero come hanno temuto Assange. Le vicende del fondatore di wikileaks sono uno schiaffo a tutti i cantori del liberalismo odierno e della protezione dei diritti umani in occidente.Tra le varie definizioni adottate per questo conflitto vi ĆØ stata quella di ā€œguerra per procuraā€: lei condivide questa lettura?

Chi potrebbe negarla? La guerra in Ucraina ĆØ una guerra degli Stati Uniti e della NATO alla Russia. Non lo dico io ma gli stessi dirigenti politici che dichiarano da prima dello scoppio del conflitto di desiderare la caduta del regime di Putin e lā€™indebolimento della Russia con una evidente violazione del principio sacro al diritto internazionale : la non ingerenza negli affari interni di un altro Paese. Purtroppo siamo strabici. Vediamo soltanto la violazione delle frontiere e dellā€™integritĆ  territoriale perpetrata da Mosca ai danni di Kiev, ma non le violazioni di altri principi contenuti ad esempio nella Carta di ParigiĀ  dellā€™OSCE come lā€™indivisibilitĆ  della sicurezza in Europa: nessuna alleanza militare puoā€™ espandersi a spese della sicurezza di un altro Stato. I cinesi tuttavia non hanno malattie oculistiche e ci ricordano i principi del diritto internazionale nella loro integritĆ 

Quello in Ucraina, come lei stessa ha piĆ¹ volte ricordato in vari interventi ed editoriali, non ĆØ il primo conflitto sul suolo europeo dopo il 1945, con un chiaro riferimento alle guerre iugoslave degli anni Novanta. Un parallelismo che mi verrebbe in mente ĆØ il ruolo inconsistente svolto dallā€™Europa in entrambi i casi. A cosa imputerebbe questa posizione defilata e/o subordinata dellā€™Europa? Il vecchio continente ĆØ destinato a restare una sorta di ā€œappendiceā€ di Washington? A questo punto, che futuro si potrebbe prevedere per unā€™istituzione come la UE?

Con la caduta del Muro e lā€™inizio del ventennio unipolare sono saltati alcuni equilibri. Lā€™atlantismo cieco e indiscusso ĆØ divenuto per le elites europee una sorta di certificato che garantiva di aver superato lā€™esame, di avere la possibilitĆ  quindi di andare al Governo. I bombardamenti di Belgrado del 1999, avvenuti senza la benedizione dellā€™ONU, sono stati unā€™indecente Ā violazione della sovranitĆ  di uno Stato e hanno costituito la prima guerra in Europa diversamente da quanto anche alte figure istituzionali hanno dichiarato. La differenza tra la guerra in Ucraina e le guerre balcaniche consiste, come nota un eccellente storico napoletano, Salvatore Minolfi, nel fatto che il conflitto ucraino puĆ² degenerare in una Major War, in una guerra mondiale. (deriva inesistente al tempo della guerra NATO a Belgrado).

Parliamo del ruolo della diplomazia, opzione per lungo tempo esclusa, se non boicottata, predicando il ā€œmantraā€ della vittoria ucraina a tutti i costi. Ultimamente ho percepito un cambio di rotta, perfino nel cosiddetto mainstream: secondo lei a cosa potrebbe essere dovuto?

Come ho detto prima ĆØ difficile credere in un armistizio, in un cambiamento di rotta. La diplomazia come potere autonomo e in grado di incidere sulla politica ĆØ attualmente inesistente. La guerra terminerĆ  quando gli statunitensi lo decideranno. Sarebbe tuttavia opportuno lavorare a un appello congiunto di diplomatici europei affinchĆ© si ponga fine al massacro del popolo ucraino e lo proporrĆ² al coordinamento democrazia costituzionale. Tutto puĆ² influire.

La demenziale strategia USA, avallata da tanti nostri analisti consisteva in una guerra che avrebbe isolato Putin, affossato lā€™economia russa con lā€™implementazione di sanzioni economiche senza precedenti, una vera e propria guerra economica iniziata giĆ  nel 2014, e Ā provocato la caduta del regime. Questi obiettivi non sono stati raggiunti ed ĆØ un fatto. Nessuno vieta a Washington di posporli in un futuro indeterminato. Ecco lā€™Afghanistan in Europa. Se avessimo una dialettica in ambito Nato la vecchia Europa, come giĆ  la Turchia, potrebbe avere una voce e temperare la follia dei neoconservatori statunitensi.

Nel suo ultimo romanzo,Ā Un insolito trio, fresco di stampa, uno dei protagonisti ĆØ un diplomatico di lungo corso, che decide di ā€œlasciareā€ quando, in crisi con la sua coscienza, si rende conto dei fenomeni corruttivi che affliggono il settore della cooperazione. Premesso che il libro ĆØ stato scritto prima di una serie di fatti, la trama mi ha fatto venire in mente una domanda per lā€™autrice: quante volte interessi personali ed egoistici vengono anteposti a quelli generali?

Sono contenta che mi faccia una domanda sul mio ultimo libro di narrativa. Come tanti ā€˜outsidersā€™ del microcosmo culturale italiano trovo difficile poter contare sulla promozione da parte delle case editrici oppure su uno spazio equo sui giornali principali.

Del resto nelle ā€œ illusioni perduteā€ di Balzac giĆ  si denuncia la commistione torbida tra interessi economici, caste politiche, cultura.

Il libro illustraĀ  lā€™antico dramma di Antigone: quando la fedeltĆ  alla nostra coscienza, allā€™etica della convinzione Di Max Weber, prevale sui nostri doveri di fedeltĆ  alla struttura?

Non credo che politici, giornalisti, diplomatici e imprenditori, tanti professionisti possano permettersi il lusso di essere eroi, di perdere il sonno dietro questo genere di dilemmi esistenziali. Come afferma Barbero, forse a fine carriera, giĆ  protetti finanziariamente, si puĆ² alzare la testa ma la maggioranza subisce. E cosƬ lentamente muore la democrazia interna a imprese, ministeri, istituzioni. Il rischio di un conflitto nucleare dovrebbe spingere molti, quelli che possono permetterselo ( io stessa se non avessi potuto andare in pensione con leggere penalizzazioni avrei maiĀ  abbandonato lā€™unica mia fonte di reddito?) a partecipare al dibattito pubblico, a sostenere unā€™apertura senza pregiudizi ideologici.

Il romanzo nella figura dellā€™Ambasciatore Serafini incarna un personaggio donchisciottesco, un uomo solo che inevitabilmente perde nel suo scontro contro la maggioranza politica e la cupola ministeriale. Gli unici a fargli compagnia sono i suoi collaboratori: un poeta,Ā  omosessuale tormentato, e una giovane diplomatica che ha la sensibilitĆ  di unā€™ artista e nessuna voglia di integrarsi nel mondo banale della burocrazia ministeriale. Il libro racconta con ironia gli incontri giocosi e i dilemmi di due uomini e una donna tra Canada, Africa e Italia.Ā  Eā€™ la cronaca di unā€™amicizia sentimentale che Filippo La Porta paragona a Jules and Jim, il leggendario triangolo amoroso di Truffaut, anche se lā€™eros rimane nellā€™ombra, colorando di tinte tenere e ambigue il cameratismo di tre diplomatici.

Tornando al conflitto in corso, le due versioni ufficiali che circolano, ovviamente antitetiche, giustificano il conflitto come unā€™azione per tutelare i diritti delle minoranze russofone in Ucraina, sottoposte a discriminazioni di ogni genere o ā€“ dal punto di vista occidentale ā€“ come una lotta per la difesa della democrazia. Cosa cā€™ĆØ di vero nelle due narrazioni, visto che ĆØ risaputo come la veritĆ  sia la prima vittima della guerra?

Difficile oggi credere nella difesa della democrazia in Ucraina, un Paese fallito, sottoposto alla legge marziale, nel quale i partiti dellā€™opposizione sono stati aboliti e oligarchi e corruzione albergano mentre la destra radicale, neo-nazistaĀ  ha poteri ricattatori sullā€™Ć©lite al governo.

Quanto ai russi, sicuramente hanno strumentalizzato a loro vantaggio i problemi delle popolazioni russofone e delle regioni del Donbass. I problemi tuttavia erano e sono reali. Kiev ha scelto la repressione. Se gli accordi di Minsk fossero stati applicati e fosse stata data applicazione al principio europeo di protezione delle minoranze linguistiche e regionali questo conflitto non vi sarebbe stato. Lā€™Europa, Francia e Germania che di questi accordi avrebbero dovuto essere i garanti, hanno una responsabilitĆ  storica oggettiva. Merkel e Hollande hanno confessato quale era la strategia: temporeggiare. I ragazzi ucraini sono morti anche per questo.

Tutti i tentativi di arrivare a una soluzione negoziale del conflitto sono falliti. A suo avviso esistono delle responsabilitĆ  e a chi sarebbero imputabili?

Nel dicembre del 2021 cā€™ĆØ stata una proposta di mediazione inviata da Putin agli Usa e alla NATO. Rispedita al mittente senza dialogo e trattative. Da tutti giornali si levĆ² un coro di pappagalli : Proposta inaccettabile! Leggetela e ditemi se non poteva essere oggetto di discussioni. Stoltenberg col suo solito candore ha dichiarato al PE le proprie responsabilitĆ . Mosca lo perseguitava nel Natale del 2021 per evitare il conflitto.

Nel marzo del 2022 se non erro, la delegazione ucraina e quella russa avevano individuato un possibile accordo. Biden e Johnson imposero a Zelensky la marcia indietro. Eā€™ tutto documentato. Basta informarsi.

Lascio al lettore il giudizio sulle responsabilitĆ .

Lā€™Europa, Ucraina a parte, ĆØ il continente che ha sofferto maggiormente per le conseguenze del conflitto, pensiamo solo alla perdita dellā€™energia a basso costo proveniente dalla Russia. Lei riterrebbe plausibile un riavvicinamento tra Mosca e Bruxelles una volta cessata la situazione bellica, o pensa che le relazioni tra le due parti siano oramai irrimediabilmente compromesse?

Francia e Germania si sono riavvicinate dopo guerre cruente. Bisognerebbe tuttavia cambiare rotta, uscire dalla mentalitĆ  di guerra fredda, ritornare ai principi di Helsinki. Li invocava il Presidente Mattarella se non sbaglio? Tutto potrebbe essere possibile con una nuova classe dirigente in Europa che persegua il bene comune del popolo ucraino, europeo e russo.

Lā€™Occidente ha vantato, per bocca di diversi suoi rappresentanti, una serie di successi, come lā€™allargamento della Nato (Finlandia e, forse, Svezia) e/o il presunto isolamento della Russia. In realtĆ , si stanno creando i presupposti per la nascita di un nuovo blocco economico e politico, alternativo al ā€œgiardinoā€ occidentale: a suo avviso il conflitto in Ucraina potrebbe aver accelerato questi processi?

Si, lo penso. Nel 2008 scrissi su ComunitĆ  Internazionale un articolo che giĆ  menzionava il multipolarismo. Eā€™ un processo che ĆØ maturato lentamente ma che la guerra in Ucraina ha accelerato come lā€™ultimo Vertice dei Brics a Johannesburg ha mostrato. Lā€™ adesione di paesi come Arabia Saudita e Iran ĆØ uno schiaffo morale alle politiche di destabilizzazione condotte dallā€™Occidente in MO. Leggiamo la dichiarazione di Johannesburg: le autocrazie del mondo si appellano ai principi democratici delle Nazioni Unite e ne chiedono una applicazione sostanziale senza doppi standards. Sostengono inoltre una redistribuzione del potere nella governance globale, monetaria e politica, affinchĆ© il Sud sia equamente rappresentato.

Cina, India, Brasile e gli altri Brics si appellano allā€™ONU e sostengono riforme politiche e dialogo. Cosa fanno le democrazie? Inventano il decoupling e preparano il conflitto per Taiwan. Costruiscono il migliore dei mondi possibili dove blocchi armati fino ai denti si fronteggino.

Lā€™ultima domanda, nel ringraziarla, ĆØ la richiesta di sua opinione, non certo una previsione, sullā€™esito del conflitto in corso: quanto influiranno le elezioni presidenziali USA (ed europee) del 2024? Ricordo anche una sua recente analisi, pubblicata su The Post Internazionale (www.tpi.it/esteri/guerra-ucraina-europee-referendum-pace-basile-202309131040549/), significativamente intitolata ā€œLā€™Ucraina ĆØ il nuovo Afghanistan: le prossime europee siano un referendum per la paceā€.

Non sono ovviamente una sostenitrice di Trump. Eppure ĆØ un fatto. La vittoria di un repubblicano, per quanto spregiudicato e cinico, permetterĆ  di uscire dal falso radicalismo etico col quale lā€™Amministrazione democratica traveste gli ā€œsporchiā€ interessi geopolitici, energetici, e del complesso militare industriale. Ideologie, dogmi, e tabĆ¹ quasi fossimo al tempo dei crociati, allontanano la mediazione che ĆØ per antonomasia la composizione di interessi contrapposti entrambi legittimi. Il pragmatismo dei repubblicani potrĆ  giovare alla causa della pace.

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