Faida furibonda nel PD: Bonaccini sotto accusa dal parassita Orlando. Si scannano tra loro come cani rognosi

Orlando: “Bonaccini populista, aiuti Schlein invece di criticare la nomenclatura Pd”
L’ex ministro dem alla Festa dell’Unità di Torino: «Sperare in un fallimento della segretaria alle Europee è un regalo alla destra»

«Non ho parlato di espansione del Pd quando settimana scorsa è entrato un parlamentare, ora non parlerei di fuga per gli esponenti liguri passati ad Azione, anche se ogni defezione è un danno su cui bisogna riflettere e in questo caso non è una novità, si chiama trasformismo».

Andrea Orlando, 54 anni, deputato del Pd ed ex ministro del Lavoro e della Giustizia, si ferma tra i tavoli della Festa dell’Unità di Torino per rispondere alle domande. Qualche giorno fa il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini proprio qui ha ricordato che Elly Schlein ha vinto la corsa alla segreteria grazie al sostegno della nomenclatura del partito, e Orlando replica: “Bonaccini è presidente del Pd, se vuole aiutarla ha tutti gli strumenti per farlo e credo che ciascuno di noi lo debba fare. Che peró la nomenclatura del Pd abbia sostenuto Schlein è un’affermazione un po’ populista e francamente non me l’aspetterei da uno come Stefano che ha fatto della lotta al populismo il suo cavallo di battaglia. Ognuno di noi deve contribuire alla preparazione delle Europee offrendo argomenti”.
Sul salario minimo Orlando si dice «convinto che verrà introdotto, come in Germania ha fatto Merkel, ce l’hanno gli Usa e la Turchia, per temperare le diseguaglianze determinate dalle crisi, dall’inflazione e dalla polarizzazione del lavoro. Ci sono lavoratori poco qualificati ma necessari che hanno bisogno dei sindacati, mentre altri meno perché sono richiestissimi».
Per la destra suggerisce «un corso di educazione civica perché teoricamente il commissario all’Economia Gentiloni non dovrebbe neanche parlare con gli italiani e fare l’arbitro. Occorre sfidare il governo a un confronto sulla riforma del patto di stabilità e arrivare a una proposta dell’Italia che abbia più possibilità di essere accolta, anche perché sono i Paesi socialisti a essere più interessanti mentre i loro alleati europei meno».
Sul futuro Parlamento europeo Orlando pensa che «i Socialisti non potranno mischiare i loro voti con i Conservatori. Sono convinto che se le cose andranno male l’Europa rischierà di venire sfasciata dall’interno. Va chiarito il senso della posta in gioco, che è il futuro dell’Ue. Anche l’affermazione dei Popolari, che non è alle viste, non esclude un’alleanza con i conservatori. Questo lo garantisce solo una vittoria dei Socialisti e dei Verdi».
Sul Pnrr alla fine «perderemo un terzo dei fondi con delle conseguenze sulla recessione». Sulle alleanze: «Abbiamo sbagliato, ma non da soli, ad aumentare la conflittualità col M5S. E fu un errore di valutazione legarsi al governo Draghi, tanto che gli italiani non si sono strappati i capelli quando è caduto e non hanno punito chi lo ha affossato».
Orlando definisce il referendum sul Jobs act proposto dalla Cgil «una cretinata e ricordo la sconfitta sull’articolo 18, che non rivuole nessuno. Si tratta se mai di aggiornare il criterio di indennizzo. Nel Jobs act ci sono tante cose buone da non cancellare come il divieto di dimissioni in bianco. Una vera battaglia di sinistra riguarda invece la limitazione dei contratti a tempo determinato e l’azzeramento di quelli a chiamata e dei voucher. Questi sono temi che interessano anche agli elettori della destra. Sento dire che il Pd ora è troppo a sinistra, ma forse era prima che si era spostato troppo al centro mentre nel resto d’Europa tramontava la terza via. La vocazione maggioritaria di cui parla Bonaccini non è quella che ci fa recuperare il 2 per cento che vota Calenda, ma quella che riporta a votare i milioni di elettori delusi perché non facciamo battaglie forti e nette contro le diseguaglianze. Sulla Schlein direi che se non ci guida la politica ci deve guidare l’istinto di sopravvivenza. Se alle Europee prendiamo il 19 per cento anziché il 21 la mettiamo da parte? E poi rifacciamo le primarie? Problematico, soprattutto nei confronti di una giovane donna nella società di oggi. Un gioco pericolosissimo per il Pd e particolarmente vantaggioso per la destra, mentre la strada giusta è aiutare la segretaria che come tutti puó fare degli errori».
Un ultimo pensiero al sociologo Domenico De Masi appena scomparso: «E’ rimasto attivo fino all’ultimo come costruttore di ponti grazie alla sua rara curiosità».

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