Il presidente del Cnel ed ex ministro della pubblica amministrazione Renato Brunetta è indagato dalla procura di Roma per falso e finanziamento illecito. L’indagine inquadra il periodo finale dell’allora titolare del dicastero della Pubblica amministrazione, gli ultimi mesi dell’esecutivo Draghi. Il ministro sarebbe stato socio di un’azienda di prodotti sanitari assieme alla moglie del suo vice capo di gabinetto, un ufficiale dell’Arma, a cui avrebbe ceduto quote per 60mila euro. Un’operazione sospetta secondo gli investigatori, anche se l’ex forzista si difende: “Atto privato”.
Brunetta indagato per falso e finanziamento illecito: vendita sospetta di quote di una società
Indagato anche il vice capo di gabinetto che ha acquistato le quote che appartenevano a Brunetta. L’indagine è partita dopo che i i carabinieri del nucleo investigativo di via In Selci hanno rilevato una mano sospetta dietro quest’operazione, considerando anche la contraffazione di alcune carte: documenti modificati per coprire il passaggio dei soldi. Per questo all’ex ministro viene contestato anche il falso oltre al finanziamento illecito.
Le accuse all’inizio erano molto più gravi e vertevano addirittura ad ipotesi di corruzione. Ma il Tribunale dei ministri ha bocciato questa tesi in quanto non è emerso un rapporto di favori reciproci. Brunetta ha già ricevuto l’avviso di garanzia e l’inchiesta è alle battute finali. I pm Fabrizio Tucci e Gennaro Varone, coordinati dall’aggiunto Paolo Ielo chiederanno il rinvio a giudizio mentre Franco Coppi, legale dell’ex esponente di Forza Italia depositerà una memoria per tentare di evitare che il presidente del Cnel finisca a processo. Lui intanto si difende.
Brunetta: “Atto privato, nulla di irregolare”
Renato Brunetta spiega: “È stata una vendita regolare conclusa con chi aveva il diritto di comprare, la compagna del vice capo di gabinetto vantava un diritto di prelazione. La vendita è stata conclusa a un prezzo congruo, i reati di corruzione e illecito finanziamento sono stati archiviati dal Tribunale dei ministri che ha sottolineato come l’intera vicenda sia, in realtà, un semplice rapporto tra privati”.
“Nonostante ciò, la procura continua ad indagare. Ho presentato un’ampia memoria attraverso la quale confido di aver chiarito tutto, non credo sia un reato per un ministro vendere delle quote societarie anche perché con quei soldi — conclude — non ho finanziato attività politiche o elettorali”. Il legale sottolinea invece “l’infondatezza dell’accusa”.
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