“Per ringraziamento mi devo fare 9 anni di galera” Cinque anni fa aveva ammazzato un ladro in fuga: tra poche ore il vigilante eroe costretto ad entrare in carcere

L’alba del 22 aprile 2017 il ranger di Cittadella mise l’auto di traverso e sparò verso l’auto di tre banditi che avevano fatto dei colpi nei bancomat: è stato condannato per la morte del giostraio Manuel Major e deve andare in galera.

di Andrea Piante per Corriere.it

«Ancora non so quando mi verranno a prendere per portarmi in carcere. Oggi o domani, al massimo lunedì, credo. Ad ogni modo, sono le mie ultime ore di libertà».

Come le trascorre?

«Sto preparando ogni cosa con cura. Ho abbracciato mio figlio, comprato le crocchette per i cani, ho salutato i miei genitori, che sono entrambi malati. Ora voglio rimanere a casa, accanto alla mia compagna: aspetto con lei l’arrivo dei carabinieri».

Massimo Zen, 52 anni di Cittadella (Padova), è l’ex guardia giurata che all’alba del 22 aprile 2017 uccise il giostraio Manuel Major che con due complici stava fuggendo in auto, inseguito dai carabinieri dopo aver messo a segno una serie di colpi nei bancomat della zona. Il ranger mise l’auto di traverso sulla strada e, quando i banditi puntarono dritti verso di lui per investirlo, esplose tre colpi, uno dei quali attraversò il parabrezza e centrò alla tempia il rapinatore. Difeso dall’avvocato Alberto Berardi, pochi giorni fa la Cassazione ha confermato la pena di nove anni e sei mesi di galera per omicidio volontario, nonostante la procura generale avesse chiesto di annullare la condanna e rispedire il caso alla Corte d’Appello perché «l’evento si sviluppò nel contesto di un’attività lecita, seppur rischiosa, che aveva determinato una situazione che imponeva una reazione». Per i giudici, però, Zen ha sbagliato e ora deve andare in carcere.

È preoccupato?

«Ancora non riesco a rendermene conto. Fino a quel giorno, per oltre vent’anni ho indossato una divisa e i malviventi ero abituato a catturarli. Invece ora tocca a me andare in carcere e non so cosa aspettarmi. Quindi, ora come ora, più che preoccupato da ciò che mi aspetta, sono deluso».

Deluso da chi?

«Deluso dalla Giustizia, che non ha tenuto conto della situazione in cui mi sono trovato a operare. Deluso dall’azienda per la quale lavoravo che, dopo aver promesso sostegno, mi ha lasciato a spasso appena mi è stata tolta la possibilità di lavorare col risultato che, da ormai un anno e mezzo, tiro avanti con l’assegno di disoccupazione. E deluso anche dalla politica».

Che c’entra la politica?

«Nei giorni seguenti alla sparatoria diversi politici dichiararono ai giornali la loro solidarietà nei miei confronti. Eravamo in periodo elettorale ma, nel giro di breve, la loro vicinanza non si è più fatta sentire».

Che si aspettava? È morto un uomo perché, stando alle sentenze, lei gli ha sparato senza un motivo valido.

«Allora le racconto come è andata. Quella notte sono di servizio, devo controllare una serie di aziende. Mi fermo a parlare con una pattuglia di carabinieri, quando ricevono l’allarme che un bancomat è stato assaltato e, subito dopo, dalla centrale operativa mi segnalano che anche una filiale nostra cliente è stata presa di mira. I militari corrono sul posto e io continuo il mio solito giro, rimanendo in contatto con loro. Al quarto bancomat svaligiato, i carabinieri riescono finalmente a intercettare i banditi e si mettono all’inseguimento. Io mi trovo a Vedelago quando, all’improvviso, me li vedo spuntare davanti e metto l’auto di traverso sulla strada, per bloccarne la fuga».

C’era quasi riuscito.

«Esatto. Scendo dal veicolo e mi sono posiziono di lato. Questione di secondi. Vedo la vettura dei rapinatori venire dritta verso di me e mi convinco che vogliano investirmi: tempo dopo, uno dei due nomadi sopravvissuti ammise che se avessero voluto mi avrebbero abbattuto “come un birillo”. Ho avuto anche la percezione che esplodessero un colpo di pistola, ma quell’arma non è mai stata trovata e quindi è la mia parola contro la loro. Ad ogni modo, per non farmi ammazzare, premo il grilletto due volte: il primo proiettile finisce nel cofano, l’altro attraversa il parabrezza e uccide l’uomo alla guida».

In passato ha detto che rifarebbe tutto, che era l’unico modo per fermare quei criminali prima che investissero dei passanti o si schiantassero contro un’altra auto. Lo pensa ancora?

«No, considerando le leggi che ci sono in Italia oggi mi girerei dall’altra parte. È triste da dire, perché una guardia giurata ha il dovere di aiutare le forze dell’ordine. Ma, visto che sto aspettando che da un momento all’altro mi portino in galera, credo possiate capirmi se dico che non ne vale la pena».

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