Era il terrore delle suore: ne avrebbe abusato almeno nove. Ennesimo scandalo in Vaticano: questa volta parliamo di un pezzo davvero grosso, intimo di Bergoglio

Gian Guido Vecchi per www.corriere.it

Si arriva a parlare di almeno nove donne abusate, tutte o in buona parte religiose. Ma finora il Vaticano tace, anche perché la vicenda arriva a lambire lo stesso Papa Francesco, per via di una scomunica dichiarata e poi ritirata dall’ex Sant’Uffizio nel giro di neanche un mese, e le informazioni filtrano con il contagocce dalla Compagnia di Gesù, che intanto invita «chiunque voglia fare una nuova denuncia o che voglia discutere di denunce» a contattarla.

È destinato a crescere lo scandalo intorno alla parabola di padre Marko Ivan Rupnik , 68 anni, gesuita coltissimo, teologo, uno degli artisti cristiani più celebrati, autore dei mosaici della Cappella Redemptoris Mater, nel Palazzo apostolico vaticano, e di altri in tutto il mondo, da Fatima a San Giovanni Rotondo, assai stimato dallo stesso confratello Francesco. Una vicenda esemplare di un tema rimosso o taciuto per decenni, nella Chiesa, più ancora della pedofilia: gli abusi psicologici, di potere, spirituali e sessuali commessi dai preti sulle religiose.

L’ex provinciale della Provincia Euromediterranea dei gesuiti, padre Gianfranco Matarazzo, ha parlato di «uno tsunami per la Compagnia e la Chiesa». Tanto più incredibile se si considera che la libertà di coscienza e il rispetto di quella altrui è il cuore stesso della Compagnia, l’esatto contrario delle «manipolazioni» e «ossessioni sessuali» denunciate, tanto che negli Esercizi Spirituali di Ignazio di Loyola le guide si limitano ad «accompagnare», spiegava un grande gesuita come il cardinale Carlo Maria Martini: «Sono amici nel senso evangelico: accompagnano, fanno domande, sostengono, ma non si mettono mai tra il singolo e Gesù».

GLI ABUSI E LA PRIMA VERSIONE

La storia di padre Rupnik, dopo giorni di voci e indiscrezioni pubblicate in Rete, è diventata pubblica il 5 dicembre con una nota, datata 2 dicembre, nella quale la Compagnia di Gesù informava che «nel 2021» il Dicastero per la Dottrina della Fede aveva ricevuto una denuncia di abusi sessuali e psicologici ai danni di suore della Comunità di Loyola a Lubiana, nella sua Slovenia, fondata alla fine degli anni Ottanta da una religiosa della quale Rupnik era «padre spirituale».

Di fatto padre Rupnik era il dominus della comunità, nel frattempo commissariata dalla Santa Sede. I fatti, si diceva, risalivano agli anni Novanta, c’era stata una «indagine previa» dopo la denuncia del 2021, ma l’ex Sant’Uffizio ha chiuso il caso perché i fatti erano «prescritti», anche se per Rupnik sono rimaste alcune «restrizioni», come il divieto di confessare o accompagnare esercizi spirituali, mentre può continuare a celebrare messa.

LA SCOMUNICA RITIRATA

Ma la vicenda non è finita qui. Nel frattempo è saltato fuori che già nel maggio 2020 la Congregazione per la dottrina della Fede (CDF) aveva emesso un decreto di scomunica per «assoluzione di un complice in un peccato contro il Sesto comandamento» («non commettere atti impuri»), il che significa che Rupnik aveva confessato e assolto una suora di cui aveva abusato, vincolandola al silenzio: uno dei delitti canonici più gravi, punito con la scomunica «latae sentatiae», cioè automatica.

La scomunica è per la Chiesa una «pena medicinale», punta alla guarigione e quindi è previsto possa essere tolta a chi si pente, ma certo nel caso di Rupnik avviene molto rapidamente e viene revocata dall’ex Sant’Uffizio «nello stesso mese». È possibile che il dicastero, guidato da un altro gesuita, il cardinale spagnolo Luis Ladaria, possa aver preso la decisione senza aver consultato il Papa gesuita?

«Per togliere la scomunica la persona deve riconoscere il fatto e formalmente pentirsi. E Rupnik ha fatto così», ha risposto il padre generale dei Gesuiti, Arturo Sosa, in una conferenza stampa. «In genere i capi dicastero riportano i casi al Papa. Posso immaginare che il prefetto abbia parlato col Santo Padre, ma non posso dire né sì né no».

L’APPELLO DELLA COMPAGNIA

Nel frattempo non succede nulla e anzi il cardinale vicario di Roma, Angelo De Donatis, affida a padre Rupnik i lavori di restauro e rinnovamento della cappella del Pontificio Seminario Romano, nel 2021, 1700 metri quadrati di pittura e mosaico. Di Rupnik è anche l’immagine ufficiale dell’incontro mondiale delle famiglie che si è svolto in Vaticano dal 22 al 26 giugno del 2022: rappresenta «l’amore sacramentale tra uomo e donna».

Il centro Aletti diretto da padre Rupnik, fondato a Roma nel 1991 e inaugurato da Giovanni Paolo II nel 1993, è in piena attività, teologia, arte, architettura, qui si progettano ed elaborano le opere richieste in tutto il mondo.

Eppure le indagini sul gesuita sloveno proseguono da tempo. Solo l’altro giorno la Compagnia di Gesù ha reso pubblica una cronologia del caso, in una dichiarazione pubblicata sul sito internazionale da padre Johan Verschueren, delegato del padre generale e superiore maggiore per le Case Internazionali.

È lui a lanciare l’appello: «La mia principale preoccupazione in tutto questo è per coloro che hanno sofferto e invito chiunque voglia fare una nuova denuncia o che voglia discutere di denunce già fatte a contattarmi. L’e-mail di questo servizio è: teamreferente.dir@gmail.com e le persone possono scrivere in inglese, francese, italiano, spagnolo, olandese e tedesco».

LE DUE INCHIESTE

A questo punto la Compagnia spiega che le inchieste su Rupnik sono due. La prima è il caso della scomunica: nell’ottobre 2018 «le accuse di assoluzione di un complice di padre Rupnik in un peccato contro il sesto comandamento vengono ricevute dal delegato della Curia SJ («Societas Jesu»: la Compagnia di Gesù) per le case internazionali a Roma, e la Società avvia un’indagine preliminare»; nel maggio 2019 «l’indagine ritiene credibili le accuse, viene inviato un dossier alla Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF)»; a giugno 2019 «il superiore maggiore della DIR (le Case e le Opere Interprovinciali della Compagnia di Gesù a Roma), impone delle restrizioni»; a luglio 2019 «la CDF chiede alla Società di istituire un processo amministrativo penale»; a Gennaio 2020 «i giudici (tutti esterni alla Compagnia di Gesù) dicono all’unanimità che c’è stata effettivamente l’assoluzione di un complice»; a maggio 2020 «la CDF emette un decreto di scomunica, la scomunica viene revocata da un decreto della CDF più tardi nello stesso mese».

 Il secondo caso riguarda invece gli abusi commessi sulle suore nella Comunità di Loyola in Slovenia: «Giugno 2021: la Congregazione per la Dottrina della Fede contatta la Curia generale SJ in merito alle accuse riguardanti padre Rupnik e alcuni membri della comunità di Loyola; luglio 2021: il padre generale avvia un’indagine preliminare condotta da una persona esterna alla Società, padre Verschueren impone delle restrizioni; gennaio 2022: l’indagine conclude che c’è un caso da risolvere, i risultati vengono inviati alla CDF con la raccomandazione di un processo penale; ottobre 2022: il Dicastero per la Dottrina della Fede dichiara che le accuse in oggetto riguardano vicende prescritte e non si procede con il processo: continuano le restrizioni al ministero di padre Rupnik». Ma ormai il tappo di silenzi e protezioni del celebre artista è saltato. La Compagnia non esclude ci siano «altri casi».

LA DENUNCIA

Il padre generale Arturo Sosta ha detto che Rupnik «ha una restrizione del suo ministero legata al tipo di situazione denunciata che è oltrepassare i limiti di una relazione tra adulti». Ma ciò che sta emergendo è molto di più. In Rete, pubblicata dal blog «Silere non possum», gira una lettera aperta ai vertici della Compagnia di una religiosa che denuncia «il cerchio del silenzio e dell’esclusione al cui interno mi sono trovata per tanti, troppi anni: ventotto» dopo «la mia prima denuncia per plagio e abusi psico-fisico-spirituali».

Una suora che ha presentato denuncia contro Rupnik, intervistata dal quotidiano «Domani», ha detto che «la Chiesa e l’ordine dei gesuiti erano a conoscenza dei fatti sin dal 1994, quando ho portato personalmente la mia richiesta di dispensa dei voti all’arcivescovo di Lubiana, nella quale denunciavo gli abusi da parte di padre Rupnik», e raccontato: «La prima volta mi ha baciato sulla bocca dicendomi che così baciava l’altare dove celebrava l’eucaristia, perché con me poteva vivere il sesso come espressione dell’amore di Dio»; una volta le aveva chiesto «di avere rapporti a tre con un’altra sorella della Comunità, perché la sessualità doveva essere secondo lui libera dal possesso, ad immagine della Trinità dove, diceva, il terzo raccoglieva il rapporto tra i due».

La religiosa spiega il meccanismo del plagio: «Se chi ti guida dice che Dio lo vuole e tu non obbedisci, ti metti contro Dio. È proprio lì che si può insinuare la manipolazione, come è successo con padre Rupnik. Io avevo paura di sbagliare, paura di perdere la sua approvazione, mi sentivo fortemente dipendente dal suo giudizio».

LA LETTERA DEL VESCOVO

Il vescovo ausiliare di Roma Daniele Libanori – anch’egli gesuita, inviato tempo fa dal Vaticano a compiere un’indagine nella comunità di Lubiana, poi commissariata – ha scritto una lettera ai parroci del settore centro di Roma: «Mi sforzo di fare tacere i sentimenti che provo dinanzi a testimonianze sconvolgenti, provocate da silenzi arroganti, che spiattellano davanti al mondo il putridume di cui sono impastate talune scuole spirituali». Parla della «verità tremenda dei fatti contestati».

 E dice: «Le persone ferite e offese, che hanno visto la loro vita rovinata dal male patito e dal silenzio complice, hanno diritto di essere risarcite anche pubblicamente nella loro dignità, ora che tutto è venuto alla luce. La Chiesa – noi – abbiamo il dovere di un serio esame di coscienza e chi sa di avere delle responsabilità deve riconoscerle e chiedere umilmente perdono al mondo per lo scandalo…Tutti noi vogliamo la verità. Ne abbiamo diritto. Cercarla è un preciso dovere».

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