Fini va dall’Annunziata e fa il fenomeno sulle imposizioni covid fresche d’abolizione e l’ennesima menata indegna sui diritti civili

Fini torna in Tv,mea culpa su Pdl e promuove Giorgia. Non le servono consigli.Ma su diritti e Covid avverte la premierĀ 
(ANSA) – ROMA, 30 OTT – Dieci anni dall’ultima volta in tv.

Colpa, anche e soprattutto, della pesantissima debacle elettorale di Futuro e LibertĆ , sua creatura politica post-Pdl che alle urne del 2013 lo relegarono ad un umiliante 0,47% di consensi. Ma Gianfranco Fini, oggi ospite di Lucia Annunziata, non appare un pensionato della politica, anche se di politica – scandisce – non tornerĆ  piĆ¹ ad essere parte attiva. E dispensa consigli, suggerimenti. Anche se, tiene a precisare, la neo premier Giorgia Meloni “non ha bisogno di essere ispirata” . L’ha votata, conferma. In caso, rivendica con una punta di orgoglio, “posso dire che c’ĆØ stato chi ha aperto una rotta” – come quella della svolta di Fiuggi – “e poi ĆØ toccato ad altri, ai piĆ¹ giovani, percorrerla”. Una strada che Meloni, con Fratelli d’Italia, ha fatto tutta in salita, dall’1,9% del 2013 fino a sfiorare il 30% di questi giorni. Meloni e Ignazio La Russa? “Avevano ragione loro e avevo torto io”, ammette Fini ricordando che l’attuale premier e il presidente del Senato “non mi seguirono quando venni estromesso dal Pdl dando vita alla casa della destra: io non ci credevo. Dicevo: ma dove vanno?”.

Non ĆØ nemmeno tenero con se stesso per la scelta di entrare nel Popolo della LibertĆ : “un errore imperdonabile. Un errore enorme che non perdono a me stesso” confida all’Annunziata. Fini ĆØ un fiume in piena. E gli aneddoti si intrecciano: dall’incontro dell’ultimo segretario post-comunista (D’Alema) con lui, ultimo post-fascista, ai tempi della Bicamerale; dalle parole distensive di Violante presidente della Camera nel ’96 che volle fare della Liberazione un momento unitario; fino all’intesa, riservatissima, con cui con Veltroni nel ’99 si accordarono per far salire Ciampi al Quirinale. Ma Fini non rifiuta di commentare anche la cronaca del giorno. E che proprio su fascismo e antifascismo ha creato una polemica per le parole di Ignazio La Russa sul 25 aprile: “Il titolo (della Stampa, ndr) ĆØ forzato”, spiega subito l’ex leader di An.

“La Russa non ha detto ‘non festeggio questo 25 aprile’ ma risponde ‘dipende, certo non andrĆ² ai cortei’ perchĆ©, l’ho sentito anche stamattina, rischierebbe di trovarsi in compagnia di quei giovanotti che in nome dell’antifascismo lo hanno minacciato di morte”. Non solo. “La sinistra italiana – avverte – non puĆ² accendere l’interruttore dell’antifascismo in modo strumentale” perchĆ© se ci chiedono “il riconoscimento dell’antifascismo come un valore, la risposta non puĆ² essere che sƬ, l’abbiamo fatto, a Fiuggi”. E Meloni non si ĆØ dissociata, ricorda. Poi poche, ma chiare, pillole di consigli: il primo alla sinistra.

“E’ sempre tendenzialmente grigia, spero Enrico Letta non si offenda. Gli servirebbe un po’ di verve, un po’ di anima, una bandiera da alzare che non sia la democrazia che ĆØ bandiera di tutti. Torni ad infiammare i cuori”. Il secondo a Berlusconi che ha pure “ha perso lo scettro”, che “non ĆØ piĆ¹ il dominus”, ma che lo ha fatto a vantaggio di “una donna che da quando era ragazzina ha masticato pane e politica”. E lui, assicura, “non ĆØ un irresponsabile” e i suoi ministri “danno ampia garanzia di continuitĆ  nell’azione di governo”. Infine alla Meloni, che ha scelto tra l’altro, Eugenia Roccella come ministro, dice che bisogna “andare piano” perchĆ© “i diritti civili sono una materia importante e delicata. Lasci che sia il Parlamento ad occuparsene”. E sulle mascherine anti-Covid la neo premier segua la scienza “e le lasci obbligatorie negli ospedali”.

Giorgia MeloniĀ non ha bisogno di essere ispirata. Ho detto alla stampa estera” che la realtĆ  della destra italiana era diversa da quella che veniva rappresentata, “di aver votato per lei e lo confermo”. CosƬĀ Gianfranco FiniĀ tornando in tv aĀ Mezz’ora in piĆ¹. “Posso dire che c’ĆØ stato chi ha aperto una rotta” e poi ĆØ toccato ad altri, “ai piĆ¹ giovani, percorrerla”. Meloni eĀ Ignazio La Russa? “Avevano ragione loro e avevo torto io”. Che vuol dire? Che l’attuale capo del governo e il presidente del Senato “non mi seguono quando vengo estromesso” dal Pdl “e danno vita alla casa della destra: io non ci credevo”. E poi: “Quando nacque FdI c’era scetticismo totale a destra, io per primo dicevo: me dove vanno?”. Ma ĆØ sui diritti civili e sull’utilizzo delle mascherine anti-Covid che il fondatore di An, ex presidente della Camera, non risparmia stoccate alla nuova premier – che lui preferisce chiamare “la” premier – insistendo sulla necessitĆ  di lasciare libertĆ  alle Aule.

La bordata sui diritti e sul Covid

“Il governo farebbe meglio a non occuparsi di temi come quello legato ai diritti civili e a lasciare che se ne occupi il Parlamento.Ā Ćˆ il consiglio che fornisce Fini a Meloni il quale ricorda come quello dei diritti civili sia “una materia delicata, soprattutto quando si agisce sulla famiglia e sui diritti omosessuali. L’atteggiamento delle istituzioni deve essere laico. In Italia si ĆØ sempre divisa l’opinione pubblica”, sottolinea l’ex terza carica dello Stato. Che poi fornisce un altro consiglio: “Le mascherine anti-Covid rimangano obbligatorie negli ospedali”.

Fini, La Russa e le polemiche sul 25 aprile

Negli anni ’90 “la vigilanza antifascista era finita”, ricorda Fini ripercorrendo alcuni fatti tra il ’95 e il ’99. Nel “1995Ā Massimo D’AlemaĀ diventĆ² presidente della commissione bicamerale e si parlĆ² dell’asse Fini-D’Alema, l’ultimo segretario post-comunista e l’ultimo post-fascista”. Nel 1996 “Luciano ViolanteĀ viene eletto presidente della Camera, Alleanza nazionale lo applaude in modo sincero quando dice che per fare della liberazione un momento unitario, condiviso, bisognava ‘guardare ai vinti di ieri’, e bisogna fare attenzione ai verbi, non dice capire”. Infine racconta che nel ’99, prima dell’elezione diĀ Carlo Azeglio CiampiĀ alla presidenza della Repubblica “non svelo un segreto, incontrai riservatamente il segretario dei DsĀ Walter Veltroni, ragionammo e trovammo che il nome di Ciampi era quello che poteva garantire” tutti.

Le minacce a La Russa

“Il titolo (dellaĀ Stampa,Ā ndr) su La Russa – dice ancora Fini – ĆØ forzato. La Russa non ha detto ‘non festeggio questo 25 aprile’ ma risponde ‘dipende, certo non andrĆ² ai cortei’ perchĆ©, l’ho sentito anche stamattina, rischierebbe di trovarsi in compagnia di quei giovanotti che in nome dell’antifascismo lo hanno minacciato di morte. L’antifascismo ha anche delle posizioni antidemocratiche”.

La sinistra e “l’interruttore dell’antifascismo”

“La sinistra italiana non puĆ² accendere l’interuttore dell’antifascismo” in modo strumentale, “chiedono da sinistra il riconoscimento dell’antifascismo come un valore.
La risposta non puĆ² essere che sƬ, perchĆØ l’abbiamo riconosciuto a Fiuggi”, prosegue Fini. “La sinistra deve essere chiara: l’antifascismo deve essere un valore condiviso” ma “ha anche posizioni antidemocratiche”, osserva l’ex presidente della Camera ricordando, per esempio, gli attacchi violenti a La Russa. E continua: “All’antifascismo condiviso dovrebbe corrispondere un patriottismo condiviso. Se la sinistra chiede alla destra di essere lineare e di accettare l’antifascismo dovrebbe accettare in modo altrettanto lineare che tra gli antifascisti c’ĆØ chi ha anche posizioni antidemocratiche”.Ā  Possibile, aggiunge, “che a sinistra ancora non abbiamo meditato sulla lezione di Bobbio, sul fatto che patria e nazione non sono parole di estrema destra ma sono citate piĆ¹ volte nella Costituzione”.

Fiuggi “fu un passaggio”

“Fiuggi ĆØ l’espressione di un passaggio: usciamo dalla casa del padre con la certezza di non fare ritorno. Non so se c’era Meloni, ma c’era il segretario della sua sezione, Rampelli, che mi ha detto che si riconobbero in quella svolta: scrivemmo che l’antifascismo era stato essenziale per il ritorno dei valori democratici che il Fascimso aveva oppresso”, chiarisce Fini. “Nel 1995, con questa nostra dichiarazione, la sinistra prese atto che non si poteva continuare a dire che il fascismo era tornato. Fiuggi pose fine a una stagione. Chiedono da sinistra di riconoscere l’antifascismo come valore? SƬ, lo abbiamo detto a Fiuggi e Giorgia Meloni non si ĆØ mai dissociata”.

An, FdI e la fiamma nel simbolo

“Il simbolo di FdI – sostiene Fini – non ĆØ quello del Movimento sociale ma ĆØ quello di Alleanza nazionale. La scritta Msi che era la continuitĆ  (col fascismo,Ā ndr) non c’ĆØ piĆ¹, ĆØ stato archiviato con Fiuggi”, ha concluso.

Il Pd e “l’elaborazione del lutto”

“Se c’ĆØ qualcuno – dichiara Fini – che pensa che Meloni e La Russa siano in vacanza e non a celebrare la resistenza con manifestazioni ufficiali” lo fa in modo “strumentale: questa polemica” sul 25 aprile ĆØ “strumentale e la capisco anche”, perchĆ© “il Pd sta ancora elaborando il lutto, forse perchĆ© la sconfitta ĆØ stata superiore alle dimensioni” attese, “forse perchĆ© hanno sottovalutato l’avversaria”.

Sinistra “grigia, un po’ di anima”

“La sinistra ĆØ sempre tendenzialmente grigia, speroĀ Enrico LettaĀ non si offenda”. Consigli al Pd? “Un po’ diĀ verve, un po’ di anima, una bandiera da alzare che non sia la democrazia che ĆØ bandiera di tutti. Torni ad infiammare i cuori”, ha aggiunto.

Il Pdl “un errore imperdonabile”

“Creare il Pdl fu un errore enorme che non perdono a me stesso”, dichiara Fini ospite in tv diĀ Lucia Annunziata.

Berlusconi “ha perso lo scettro”

Silvio BerlusconiĀ ha preso atto “che non ĆØ piĆ¹ ilĀ dominus, che in qualche modo il sovrano ha perso lo scettro” a vantaggio di “una donna che da quando era ragazzina ha masticato pane e politica”, ha detto Fini. Il leader di Fi, ha riconosciuto il fondatore di An, “non ĆØ un irresponsabile, basta vedere i ministri di Forza Italia, penso adĀ Antonio Tajani, che danno ampia garanzia di continuitĆ  nell’azione di governo”.

“L’inquietudine” di Salvini

Matteo SalviniĀ ĆØ un politico “pragmatico”. Inquieto? “Come si fa a non essere inquieto quando si perdono tanti voti. Salvini avverte la responsabilitĆ ” di aver avuto la fiducia del partito dopo le elezioni, “il voto ĆØ stato uno shock. L’inquietudine lo porta ad alzare le bandiere identitarie”.

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