Le mani del Pd sulle case degli italiani: la chiamano “lotta agli affitti selvaggi”, ma dietro ci si nasconde un attacco agli immobili dei privati

Mentre il Paese va a rotoli, il Pd – che è uno degli azionisti di maggioranza del governo Draghi e dello scempio fatto in questi ultimi anni pandemici – ha altre priorità. Non l’aumento delle bollette, della povertà, della spesa, dell’inflazione, no. La loro priorità è studiare modi per succhiare ancora sangue agli italiani, meglio se aggredendo la proprietà privata. È infatti in arrivo una mega batosta: se qualcuno avesse avuto l’idea di ristrutturare un appartamento e investirci sopra per poi affittarlo mediante regolari contratti brevi, versando le dovute tasse all’erario, sappia che rischia di aver buttato via i soldi. Motivo? Perché presto non potrà più farlo. E ovviamente l’immobile, tolta questa possibilità di essere messo a reddito, perderà valore sul mercato. È questo, scrive Libero, il risultato dell’ultima crociata del Pd.

Il Pd la chiama “lotta agli affitti selvaggi”, ma dietro ci si nasconde un attacco agli immobili privati e a una possibilità di entrata dei cittadini. Spiega l’articolo: “Gli affitti sono di due tipi: legali e in nero, e ciò che è appena stato fatto in parlamento penalizza i primi e incentiva i secondi. Soprattutto, la novità rappresenta un ennesimo vulnus al diritto difeso dall’articolo 42 della Costituzione, quello per cui ‘la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti’. Qui, si va in direzione opposta al dettato costituzionale: si riducono i diritti dei proprietari e le possibilità degli affittuari a breve termine, per lo più turisti che non vogliono spendere troppo per alloggiare nei centri delle città italiane”.

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La nuova norma è stata approvata in commissione alla Camera nella notte tra giovedì e venerdì. “Arriva sotto forma di emendamento al ‘decreto Aiuti’, scritto dal deputato veneziano Nicola Pellicani del Pd, e riguarda proprio il capoluogo veneto. Stabilisce che, ‘al fine di favorire l’incremento dell’offerta di alloggi in locazione per uso residenziale di lunga durata, la residenzialità nel centro storico e di tutelare il patrimonio storico-artistico e ambientale’ della città, il comune di Venezia può individuare, ‘con particolare riguardo al centro storico e alle isole della laguna veneziana, i limiti massimi e i presupposti per la destinazione degli immobili residenziali ad attività di locazione breve’”.

Vere e proprie misure restrittive del diritto di disporre legalmente del proprio appartamento, insomma. “Dal punto di vista normativo, si tratta della prima eccezione territoriale al decreto del 2017 che ha disciplinato le locazioni brevi, quelle non oltre i trenta giorni, e consentito ai proprietari di case nelle città turistiche di incrementare il loro reddito, a molti turisti di alloggiare con spese relativamente contenute e allo Stato di incassare il 21% del provento, tramite la ‘cedolare secca’ in vigore per queste locazioni. La città lagunare, però, è solo il primo passo. Lo annuncia lo stesso Pellicani, che spiega di aver agito perché le locazioni brevi ‘sono ormai fuori controllo’. Venezia, promette, farà ‘da apripista per affrontare un tema che riguarda tanti centri storici delle città, a partire da Roma e Firenze’”.

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