“Dovete pagare per il male che avete fatto agli italiani” Conte e Salvini, la bastonata sacrosanta contro i partiti che rappresentano di Gianluigi Paragone

Alessandro Rico per “La Verità”

I sondaggi gli attribuiscono fino al 4%: più di Renzi e col fiato sul collo del tandem Carlo Calenda/+Europa. Italexit, la creatura di Gianluigi Paragone, è il vero fenomeno politico di inizio estate.

Senatore, qual è la formula vincente?

«La coerenza. Il che mi riconnette al mio trascorso giornalistico e alla decisione di lasciare il Movimento 5 stelle, quando ha dimostrato di essere interscambiabile con destra e sinistra, i banchieri, Mario Draghi, Alessandro Profumo, i Benetton, Vittorio Colao».

Mai pentito di aver lasciato quella carriera giornalistica?

«Pentito, no. C’è, a volte, il rammarico di non poter raccontare certe cose con una telecamera, con delle inchieste, in modo sistematico. Quando fai politica, devi farti ospitare nei talk, o girare l’Italia come sto facendo adesso, o affidarti a Facebook: un terreno minato».

Appunto. Sa che sui social gira una sua foto in Aula con guanti di lattice e mascherina? E i «negazionisti» del Covid commentano: forse Paragone non sta davvero dalla nostra parte

«Il cretino lo trovi ovunque».

Quella foto a quando risaliva?

«Alle primissime sedute del lockdown, con regole e protocolli rigidi: ero tra coloro che rivendicavano la centralità del Parlamento rispetto ai comitati di esperti. Tra l’altro, gli obiettivi dei fotografi si erano rivolti su di me perché quel giorno feci un intervento molto duro contro il governo Conte. Su di me si può dire qualsiasi cosa, tranne una: che abbia paura di affrontare il potere. Altrimenti, avrei ancora le tre mie trasmissioni tv che mi hanno chiuso”».

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Lottatore solitario?

«Nel campo dell’opposizione sono il più credibile, perché ho pagato tutti i prezzi che c’erano da pagare. Io so cosa significa mandare in onda un servizio contro Draghi quando tutti, ai piani alti, telefonano per bloccarlo».

Per lei, M5s e Lega hanno tradito. Resta coerente solo Giorgia Meloni?

«Non mi metto a dare pagelle agli altri. Ho visto che Fdi ha votato per l’invio delle armi in Ucraina, che per me è una scelta sbagliata, come lo è l’oltranzismo atlantista. Di Lega e M5s sono sotto gli occhi di tutti non solo il tradimento, ma anche la vigliaccheria».

È vero che, contro di loro, cerca una «vendetta politica»?

«Sì».

Che significa?

«Devono pagare per il male che hanno fatto agli italiani che avevano riposto fiducia in loro. Ci hanno privato di diritti e libertà, sposando la linea di Draghi. Mi rivolgo ai leghisti: i ministri cardine di questo governo sono gli stessi del Conte 2».

I ministri confermati, intende.

«Il ministro dell’Interno è ancora Luciana Lamorgese. E con Massimo Garavaglia sta dicendo che bisogna aprire a nuovi flussi di immigrati. Dicono che non si trovano lavoratori; la verità è che non sanno controllare quelli che prendono il reddito di cittadinanza e poi fanno i furbi. Con il nuovo decreto flussi possono sanare gli sbarchi già avvenuti e quelli futuri, che non sono capaci di controllare».

Se al governo non ci fosse la Lega, però, Pd e 5 stelle ne avrebbero combinate di peggio.

«Ma se la Lega fa da cameriere a Draghi! Le abbiamo dato la possibilità di votare la mozione di sfiducia individuale contro Speranza, e la Lega se l’è fatta addosso».

Italexit strizza l’occhio ai no vax.

«Io non mi sono vaccinato. Vorrei che non ci fosse alcun obbligo su questa sperimentazione».

È un «putiniano»?

«È stato papa Francesco a parlare di una Nato che “abbaiava” alle porte della Russia. Il giudizio sulle responsabilità nella guerra è complesso, invece noi abbiamo sempre fretta di incasellare le persone: buoni e cattivi. È uno strano esercizio di giornalismo, incapace di leggere i fatti».

Repubblica sostiene che lei avrebbe imbarcato «personale politico in cerca d’autore». Ha una classe dirigente raccogliticcia?

«Intanto, la classe politica di Italexit si andrà a prendere i voti, a differenza degli illuminati del governo che i voti non li prendono mai. Per me i “personaggi in cerca d’autore” sono quelli che hanno continuato a dare soldi alla famiglia Benetton».

Diego Fusaro saluta la crescita di Italexit così: «Sta maturando il dissenso rispetto all’ordine egemonico». Oltre che retorico, non è esagerato? Ambite veramente a costruire un altro ordine?

«Il mio modello sociale di riferimento è quello dei miei nonni. Sono un maledetto conservatore».

Cosa intende?

«La rovina del Paese sono stati progressisti e riformisti, gli ipocriti di centrosinistra. Roberto Speranza ne è l’emblema: tiene a casa persone sane perché non si sono vaccinate».

E i nonni?

«Io vorrei riportare la società italiana nel suo solco identitario, fatto dalla cultura del lavoro, del sacrificio, del risparmio, che si sposa alla creatività e alla managerialità che persino i nostri nonni, magari con la sola licenza elementare, dimostravano di possedere. Non credo alle élite. Non credo ai professori. Non credo alla modernità».

I vari Luigi Marattin e Pietro Ichino sostengono che se i salari reali sono al palo, è perché non è aumentata la produttività del lavoro.

«Assurdo. In tutti questi decenni abbiamo fatto mille riforme del lavoro e l’unico risultato è stato che il lavoro e la piccola impresa sono state smontate. L’obbligo vaccinale per gli over 50 nasconde questo».

In che senso?

«In Italia, se perdi il lavoro a 50 anni, non lo ritrovi più. Per questo hanno ceduto al ricatto. Abbiamo disintegrato il lavoro, la piccola impresa, le partite Iva, le professioni, il commercio, la ristorazione E adesso sono andati a rompere le scatole pure ai balneari. Però i voti contro la Bolkestein li avevano presi, eh».

È curioso che la diminuzione della produttività si sia determinata proprio in corrispondenza delle riforme che hanno precarizzato il lavoro.

«Il lavoro costa sempre di più per i piccoli imprenditori. Invece le multinazionali con i lavoratori possono fare carne di porco. C’è un dumping sulle politiche del lavoro che l’Europa consente agli stessi soggetti cui permette di evadere a norma di legge. Stiamo premiando i nuovi padroni».

Ecco, l’Europa: l’obiettivo del partito, cioè l’uscita dall’Ue, è realistico? O la sparate grossa per prendere i voti, tanto sapete che i nodi non verranno mai al pettine?

«Questa è una cretinata. Dei due partiti che hanno vinto le scorse elezioni, 5 stelle e Lega, uno raccoglieva le firme per il referendum contro l’euro, l’altro aveva un leader che indossava le felpe “No euro”, arruolando Claudio Borghi, Alberto Bagnai e Antonio Rinaldi».

Quindi?

 «L’elettorato ha creduto e crede ancora che un’altra via sia possibile. Il problema di fondo è che chi prende i voti per fare una cosa, poi, non ha il coraggio e la struttura morale per portare avanti le sue battaglie».

Cosa bisognava fare di più?

«Tutte le cose di buon senso. Ma le sembra normale che, se cade un ponte in autostrada e uccide 43 persone, invece di revocare senza condizioni le concessioni autostradali ai Benetton, gli danno ancora una montagna di soldi? Oppure che un condannato in primo grado per aver falsificato i bilanci del Monte dei Paschi di Siena, Profumo, sia ancora a capo di Leonardo? O infine che Giuseppe Conte, l’uomo dei dpcm, del lockdown, delle autocertificazioni, se ne vada in giro come una verginella?».

Non crede alla sua svolta sul tema delle armi all’Ucraina?

«Conte serve tutti i padroni che si trova davanti. Lo potremmo chiamare il camaleonte».

Il camale-Conte.

(Risata) «Visto che i nostri genitori ci hanno fatto studiare, tentiamo una citazione più elevata».

Tipo?

«Conte è il rinoceronte di Eugène Ionesco: è quello che, nel primo atto, critica i rinoceronti e poi diventa un rinoceronte e dà la caccia a chi non lo è. Quello di Conte è il peggior trasformismo vigliacco. Io non posso dimenticarmi che lui è l’uomo che ha inventato Domenico Arcuri supercommissario».

Anche il decreto sulle armi, che copriva il governo fino a fine 2022, i grillini l’hanno votato.

«Lui dice di apprezzare Alessandro Orsini e poi fa fuori Vito Petrocelli. Che forse è anche più moderato di Orsini».

Che pensa dell’ormai naufragato viaggio di Salvini a Mosca?

 «Il problema di Salvini è che non è più credibile. Non ha commesso un errore, anzi: un leader di partito ha il diritto di tessere una tela in politica estera. Il fatto è che i suoi fili sono privi di consistenza, perché lui un giorno sta sul melo e il giorno dopo sta sul pero».

Ce l’ha tanto con lui?

«Mi dispiace che il suo ministro della Salute si chiami Speranza, che il suo ministro dell’Interno si chiami Lamorgese e che quello della Giustizia si chiami Marta Cartabia. E poi, come puoi fare una riforma della giustizia con i referendum?».

Quindi lei non andrà a votare domenica?

«Posso anche andare a votare sì, ma a che serve? Se sei al governo, intervieni sulla riforma Cartabia». Salvini è un po’ ostaggio della linea governista nel Carroccio? «Il segretario è lui; se è ostaggio, si dimetta e salvi la faccia».

Nel 2023 sosterrà un governo di centrodestra?

«Scordatevelo, il governo di centrodestra. Dopo Draghi, tutti sono già d’accordo per rimettere Draghi o uno come lui».

Letta e Salvini smentiscono categoricamente l’inciucio.

«Falso. Infatti le elezioni saranno un referendum su Draghi, inteso come il sistema che sta avvelenando l’Italia».

Resterete fuori voi e la Meloni?

«Io mi auguro che la Meloni cessi il prima possibile ogni contatto con Salvini e Forza Italia, con chi fa lingua in bocca con il Pd, Renzi e Speranza».

Pensa a una collaborazione con Fdi, allora?

«Mah. Le collaborazioni non s’ improvvisano».

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