di Paolo Becchi e Giuseppe Palma per il blog di Nicola Porro
Il Parlamento italiano ha convertito in legge il decreto-legge n. 14 del 25 febbraio 2022, denominato āDisposizioni urgenti sulla crisi in Ucrainaā. La legge di conversione ĆØ la numero 28/2022 ed ĆØ stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 13 aprile 2022. Decreto-legge e successiva legge di conversione prevedono la partecipazione del nostro personale militare al potenziamento di dispositivi Nato sul fianco Est dellāAlleanza. Il Parlamento ha autorizzato dunque lāinvio di mezzi ed equipaggiamento militari di protezione, a titolo gratuito, a mero scopo difensivo.
Non abbiamo conoscenze militari, ma osserviamo che nella legge di conversione allāart. 2 si parla espressamente dellāinvio di mezzi militari di difesa ānon letaliā, anche se allāart. 2 bis la legge prevede che con uno o piĆ¹ decreti il Ministro della difesa ā di concerto col Ministro degli esteri ā definiscano ālāelenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militariā sarebbe contraddittorio ritenere che il 2 bis autorizzi quanto viene escluso dallāart. 2. Su tali decreti e sulla situazione generale, sempre ai sensi dellāart. 2 bis, il ministro della Difesa e quello degli Esteri devono informare le Camere almeno con cadenza trimestrale. Il tutto, per ora, fino al 31 dicembre 2022, data in cui scade (salvo proroghe) il nuovo stato di emergenza dichiarato dal governo per la crisi in Ucraina. Questa la situazione: potevamo prendere queste decisioni sulla base della nostra Costituzione?
Cosa dice lāart. 11 della Costituzione
Lāart. 11 della Costituzione afferma che ālāItalia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertĆ degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionaliā. Pertanto, non sono ammesse guerre di āaggressioneā contro altri popoli ma esclusivamente guerre ādifensiveā per il nostro popolo. La guerra, insomma, a rigore ĆØ ammessa dalla nostra Costituzione solo se siamo attaccati militarmente da un altro Stato.
Ma lāart. 11 dice anche: lāItalia āconsente, in condizioni di paritĆ con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranitĆ necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopoā. Le limitazioni di sovranitĆ cui fa riferimento il secondo periodo della disposizione costituzionale devono rispettare il principio secondo cui ālāItalia rinuncia alla guerra come strumento di conquista e di offesa alla libertĆ degli altri popoli. Stato indipendente e libero, lāItalia non consente, in linea di principio, altre limitazioni alla sua sovranitĆ , ma si dichiara pronta, in condizioni di reciprocitĆ e di eguaglianza, a quelle necessarie per organizzare la solidarietĆ e la giusta pace fra i popoli [ā¦], nel rispetto dei valori internazionaliā. Questa lāinterpretazione offerta dalla relazione del presidente della sottocommissione allāAssemblea costituente, Meuccio Ruini, al progetto di redazione dellāart. 11 agli inizi del 1947: ripudio della guerra; limitazioni di sovranitĆ verso organizzazioni internazionali solo in condizioni di reciprocitĆ e solo per fare la pace; mai guerre di aggressione. Il succo delle intenzioni dei Costituenti fu questo.
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Onu e Nato
Quali sono queste organizzazioni internazionali nei confronti delle quali lāItalia ĆØ disposta a ālimitareā la propria sovranitĆ per garantire ā in condizioni di paritĆ con gli altri Stati ā āla pace e la giustizia fra le Nazioniā? Nei verbali dellāAssemblea costituente ā compresi quelli di fine 1947 quando la disposizione costituzionale venne approvata dallāAula in via definitiva ā si parla esclusivamente dellāOnu (Organizzazione delle Nazioni Unite), fondata nel 1945 al posto della precedente SocietĆ delle Nazioni. Il Consiglio di Sicurezza dellāOnu ā lāorgano direttivo che adotta gli interventi militari ā ĆØ composto di 15 membri, di cui 5 permanenti e con diritto di veto (Stati Uniti dāAmerica, Francia, Cina, Regno Unito e Unione Sovietica), pertanto ā nel caso in questione ā considerato che la Federazione Russa conserva ancora il diritto di veto allāinterno del Consiglio, non si puĆ² parlare di un intervento militare a sostegno dellāUcraina da parte dellāOnu.
La Nato, invece, che in questa situazione ĆØ quella che chiede lāinvio delle armi, ĆØ costituita da un trattato firmato a Washington nel 1949 che istituisce unāorganizzazione internazionale (Organizzazione del Trattato dellāAtlantico del Nord) per la collaborazione nel settore della difesa nei confronti dei medesimi Paesi che ne fanno parte, con a capo gli Stati Uniti dāAmerica. Si tratta della cosiddetta āAlleanza Atlanticaā che si contrapponeva al successivo Patto di Varsavia del 1955 tra i Paesi che facevano capo allāUnione Sovietica.
Ć evidente, dunque, che le ālimitazioni di sovranitĆ ā, per ragioni temporali, non potevano riferirsi anche alla Nato in quanto organizzazione internazionale successiva allāapprovazione della nostra Costituzione. Tuttavia, avendo lāItalia sottoscritto quel Trattato nel 1949, ne accetta i relativi obblighi e impegni internazionali; pertanto, eventuali partecipazioni militari al fianco della Nato rientrano nelle ālimitazioni di sovranitĆ ā di cui allāart. 11. Ma per fare che cosa? Entro quali limiti? Con quali finalitĆ ?
Il trattato Nato prevede operazioni a scopo difensivo in caso di attacco esterno nei confronti dei Paesi aderenti o dei territori facenti parte dellāAlleanza Atlantica, ma nella situazione in esame lāUcraina non fa parte nĆ© della Nato nĆ© dellāUnione europea. LāUcraina ha fatto parte dellāUnione Sovietica fino al 25 dicembre 1991, poi ĆØ diventata Stato indipendente a causa della caduta dellāURSS. Sta di fatto che la regione ucraina del Donbass, per la quale Putin ha scatenato il conflitto, si trova geograficamente a ridosso della Russia, e la sua popolazione ĆØ di lingua russa e subisce una persecuzione quasi decennale da parte del potere centrale ucraino.
Lāintervento russo in Ucraina ha spinto la Nato ā sotto lāegida degli Stati Uniti dāAmerica ā a chiedere ai Paesi che ne fanno parte di inviare armi allāUcraina, ma si noti senza neppure entrare nel territorio ucraino, perchĆ© la Nato stessa non puĆ² intervenire in Ucraina, o meglio un suo diretto coinvolgimento sarebbe un atto di guerra nei confronti della Russia. Ma per quale motivo dovevamo accettare questa richiesta dal momento che lāUcraina non fa parte dellāAlleanza? Per difendere i confini di uno Stato che opprime al suo interno una minoranza di lingua russa (che nel Donbass peraltro ĆØ maggioranza) e che non vuole piĆ¹ essere sottomessa? Chi ĆØ lāaggressore e lāaggredito nel Donbass? Siamo intervenuti negli ultimi otto anni in difesa della minoranza di lingua russa perseguitata nel Donbass dal potere centrale ucraino? Chi vuole oggi veramente la prosecuzione del conflitto in Ucraina e perchĆ©?
Solo armi di difesa ānon letaliā?
E ora la domanda piĆ¹ inquietante: basta quel decreto-legge convertito in legge dal Parlamento per autorizzare il governo a fare quello che vuole? Pare proprio di no, anche perchĆ© quella legge di conversione (art. 2) consente di inviare in linea di principio solo armi di difesa ānon letaliā, con relativo obbligo da parte dei ministri della difesa e degli esteri di informare le Camere ā almeno con cadenza trimestrale ā sulle armi da inviare e sulla situazione generale (art. 2 bis). Abbiamo al momento inviato solo questo tipo di armi difensive? Oggi non lo sappiamo perchĆ© il ministro della Difesa, per il momento, ha secretato questa informazione. Forse ce lo dirĆ tra tre mesi, chissĆ .
Certo ĆØ che se sul campo di battaglia si trovassero resti di nostre armi non previste dalla legge di conversione sarebbe un atto gravissimo in quantoĀ il governo avrebbe violato non una legge dello Stato e lāart. 11 della Costituzione. A questo punto sarebbe il caso che il premier Draghi riferisse al piĆ¹ presto in Parlamento, sia in ordine allāincontro avuto con il presidente USA Biden in questi giorni, sia su che tipo di armi stiamo inviando allāUcraina. La riservatezza per ragioni militari sarebbe giustificata solo se il Paese fosse investito direttamente nel conflitto, non se il conflitto ā cui peraltro siamo (ancora) estranei ā si svolge tra due Stati che non appartengono nĆ© alla Nato nĆ© allāUnione europea. Le Camere non servono soltanto a ratificare le decisioni del governo, come peraltro ĆØ accaduto negli ultimi due anni con lāemergenza sanitaria; ad esse spetta anche ā e soprattutto ā il potere di controllo e di indirizzo politico cui il governo deve attenersi.