Italia in vendita, la presenza di Giorgetti a Davos conferma il piano della Meloni. Dopo Eni ecco a chi tocca: il nostro “gioiello” pronto a essere ceduto

di Gabriele Angelini per IlParagone

È come se il nostro Paese fosse una casa e su suo cancello d’entrata fosse affisso un enorme cartello con scritto “vendesi”. O meglio: “Fuori tutto”. Il governo che si è presentato come il difensore della nazione, dell’italianità, etc etc, sta svendendo Eni e si prepara a fare lo stesso con Poste. I nostri due più grandi gioielli. Il governo sta infatti pensando di cedere tra il 10 e il 20% della cassaforte degli italiani, dove sono contenuti più di 300 miliardi di risparmi. Il ricavato? Circa due miliardi e mezzo. Un altro tassello nel piano di privatizzazioni da 20 miliardi annunciato a settembre dal titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Tutte quote di minoranza, ovvio, che quindi non minano il controllo pubblico su aziende ritenute strategiche, e ci mancherebbe. Però il dato è anche simbolico, e partendo da qui non si sa poi dove si va a finire.

Secondo un retroscena di Repubblica, firmato da Giuseppe Colombo e Andrea Greco, ci sono tempi tecnici di uno-due mesi prima di avviare un tris di operazioni che tuttavia sono già ben inquadrate nelle riunioni tra Palazzo Chigi, via XX Settembre e fidati consulenti legal-finanziari. Partiamo dal caso Poste Italiane. Scrivono i giornalisti: “La vendita di una tranche robusta è l’operazione più lineare e scontata a disposizione. Tra Cdp (35%) e Tesoro (29,3%) la quota pubblica è ancora del 64,3%. Diverse fonti indicano una forchetta tra il 10 e il 20% di azioni in possibile vendita. L’operazione potrebbe assumere la forma di un collocamento accelerato, simile a quello visto due mesi fa sul 25% di Mps. Ai prezzi attuali l’incasso del Tesoro sarebbe compreso tra 1,32 e 2,64 miliardi”.

Poi c’è il caso Eni. Il colosso energetico vale 50 miliardi in Borsa, e il Tesoro (con Cdp) ha il 32,7%. La quota tra qualche settimana salirà al 34% circa, per effetto del riacquisto di azioni che l’azienda ha in corso. “Terminato il riacquisto e calcolati i nuovi pesi, si stima di cedere in Borsa un 4% del colosso, incassando 2 miliardi circa per rimanere al 30% di controllo ‘pubblico’”. Infine, Mps. Già c’è stato un primo collocamento a novembre, quando il Tesoro incassò 920 milioni. Tra circa un mese si potrebbe procedere con una seconda vendita. Quando si dice… i gioielli di famiglia.

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