La condanna farlocca ad Andrea Bonafede, l’uomo che per anni ha coperto la latitanza di Messina denaro. Tra poco questo torna libero come un fringuello

Favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena. Sono queste le accuse per le quali Andrea Bonafede, cugino e omonimo del geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l’identità a Matteo Messina Denaro, è stato condannato con il rito abbreviato a 6 anni e 8 mesi. Il boss di Castelvetrano, morto il 25 settembre scorso, ne aveva preso il nome nell’ultimo periodo della sua latitanza.

Bonafede era stato arrestato il 7 febbraio e si era difeso sostenendo di aver fatto “una cortesia” al suo parente. Era lui a ritirare le ricette mediche scritte dal medico Alfonso Tumbarello per Messina Denaro, malato di tumore al colon. In occasione del fermo, da parte dei carabinieri del Ros, gli era stato trovato addosso un documento d’identità intestato a quell’Andrea Bonafede che aveva prestato la sua identità al boss di Castelvetrano per permettergli di curarsi (quindi un omonimo del Bonafede condannato oggi), ma con la foto di Messina Denaro.

Secondo il gup, Rosario Di Gioia, non c’erano dubbi sul fatto che l’imputato fosse a conoscenza della vera identità di MMD e che l’ha aiutato nelle cure durante la sua latitanza.

Da parte sua Bonafede si è difeso sostenendo di non sapere che il reale malato era il noto padrino ma di essere convinto che ad avere il cancro fosse il cugino che voleva però tenere riservata la patologia. La Procura aveva chiesto una condanna a 13 anni, contestando a Bonafede anche l’associazione mafiosa che però il gup non ha riconosciuto. All’imputato è stato dato il massimo della pena di 10 anni, ma con la riduzione per l’abbreviato è stata ridotta a 6 e 8 mesi.

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