“Ha sostituito il comunismo con l’utopia verde” Il piano della Megera di Bruxelles, che esegue gli ordini dei suoi padroni porterebbe l’Europa alla rovina totale

di Mario Sechi per Libero

Qualche giorno fa, nel silenzio generale dell’informazione ciclostilata, l’Agenzia internazionale dell’energia ha ammesso che gli obiettivi green sul clima proposti dalla comunità internazionale sono «irrealistici». Una pioggia di elementi che consigliano prudenza è a disposizione di chiunque: la domanda di idrocarburi continuerà a essere forte per i prossimi vent’anni, mentre la transizione verso la mobilità elettrica è una sfida costruita a tavolino su scenari di cui la politica non sembra informata. Il voto del Parlamento europeo sui parametri per le auto Euro7 è positivo, perché l’impostazione eco-insostenibile della Commissione è stata sconfitta, ma è l’impianto ideologico il vero problema delle politiche ambientali dell’Unione europea.

Prendiamo per buono (e non lo è), il piano di transizione energetica: la prima conseguenza è che aumenterà la domanda globale di litio, cobalto e altri minerali. Il Fondo monetario internazionale afferma che ci sarà «una domanda senza precedenti per alcuni dei metalli più importanti» e i prezzi potrebbero schizzare così in alto da «far deragliare o ritardare la stessa transizione energetica». Il burocrate brussellese e il politico che sostiene le sue tesi con i poderosi argomenti di un luminare dell’energia come Greta Thunberg non si fa intimidire per così poco, egli va avanti come un treno. Verso un muro di titanio.

Qualche mese fa S&P Global ha pubblicato un istruttivo studio sul mercato del rame, il “metallo dell’elettrificazione” di cui serviranno ciclopiche quantità. Bene, la produzione mondiale di rame è un oligopolio più concentrato di quello del petrolio, il quale è dominato da tre paesi- Stati Uniti, Arabia Saudita e Russia – che estraggono il 40% del greggio. Per il rame le cose stanno messe peggio, due paesi estraggono circa il 40% delle forniture mondiali: il Perù e il Cile, non proprio due paradisi della stabilità politica. Passeremo dalle guerre per il petrolio a quelle per il rame? Lasciamo perdere tutti i problemi legati allo smaltimento di batterie, infrastrutture obsolete (avete mai visto un cimitero eolico? Andate online, vi divertirete) e passiamo alla domanda dello studente al primo anno di laurea in scienze minerarie: prof, il rame chi lo fonde? Cribbio, si sono dimenticati i processi industriali, i cervelli fini.

La riposta è secca: la Cina. Qualcuno dica agli ecologisti che la loro transizione si tradurrà in una formula: più miniere, meno vincoli ambientali per la loro messa in produzione, più sbancamenti di terreno. Hanno sostituito il comunismo con l’utopia verde, finirà allo stesso modo del 1989, sotto le macerie del muro di Bruxelles.

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