“Lo pretendo dall’Arma” Ilaria Cucchi, dopo la sentenza della Cassazione che sancisce la loro prescrizione, chiede che siano licenziati i carabinieri responsabili del pestaggio del fratello spacciatore

Estratto dell’intervento di Ilaria Cucchi su “La Stampa”

Tre Corti di Assise diverse hanno condannato il maresciallo Roberto Mandolini per i reati commessi al fine di proteggere e nascondere i responsabili di quel «violentissimo pestaggio» che portò a morte Stefano Cucchi. Ventiquattro giudici diversi e in tempi diversi lo hanno condannato al di là di ogni ragionevole dubbio.

Ad essi aggiungiamo quelli della Suprema Corte di Cassazione che ieri lo hanno ritenuto responsabile confermando la affermazione delle sue responsabilità ma dichiarando i reati commessi, oggetto di giudizio, prescritti. È passato troppo tempo dall’omicidio di mio fratello e quindi, per legge, i reati sono cancellati. Dichiarati sussistenti ma non più perseguibili.

La notte tra il 15 e 16 ottobre 2009, nella stazione Casilina, Stefano veniva preso a calci e pugni da due carabinieri che lo avevano appena arrestato. Un terzo, Francesco Tedesco, aveva tentato di fermarli ma troppo tardi. Era preoccupato per la salute di quel ragazzo piccolo di statura ed esile. Aveva udito il rumore sordo della sua testa mentre sbatteva al suolo. Tedesco chiamò il suo comandante di Stazione. Roberto Mandolini, appunto.

Le condizioni di quell’arrestato lo preoccuparono tanto da fare di tutto per evitare che le responsabilità dei suoi sottoposti potessero essere soltanto sospettate. Venne aiutato dai suoi superiori ma il suo contributo a depistare le indagini fu determinante. Tra verbali rifatti, annotazioni non veritiere e telefonate a chi di dovere, riuscì nell’intento. […]

All’udienza di convalida del suo arresto «il soggetto» si presentò molto sofferente, tanto da doversi scusare per le sue difficoltà a parlare. Aveva due vertebre fratturate. Una frattura di base cranica. Nel suo piccolo cadavere sarà poi trovato, in autopsia, sangue nei polmoni. Sangue nei bronchi. Sangue in tutto il midollo spinale. Sangue nello stomaco. Sangue nella vescica. Sangue dietro e intorno le orbite.

Non voglio andare oltre. Fatto sta che nessuno ci fece caso perché i magistrati non lo guardarono in faccia e la cancelliera era abituata a vedere «gli arrestati della notte» in quelle condizioni. Ma ci pensò Mandolini e vennero processati per sei anni, al posto dei carabinieri, tre agenti della penitenziaria. Erano loro i mostri responsabili di tanto scempio perché Stefano Cucchi, fino a che era nelle mani dei CC, stava bene.

Il 28 Aprile 2011 il maresciallo Mandolini testimoniò di fronte ai giudici affermando, sotto giuramento, che vide Stefano Cucchi come «persona tranquilla, spiritosa». Sostenne di aver fatto «quattro chiacchiere con lui», di aver «scherzato» con lui «con linguaggio romanesco, simpatico insomma». Aveva la sua divisa con tutte le varie decorazioni e parlava sfoderando l’arroganza di una tranquillità che solo i superiori potevano dargli mentre faceva processare degli innocenti. Oggi chiedo che l’Arma gli tolga quella divisa. Sono passati 14 anni dall’uccisione di mio fratello. Prescritto.

E sono prescritti anche i reati per i quali sono stati condannati gli alti ufficiali della scala gerarchica. Ma per loro si troverà modo di assolverli perché le loro carriere e i loro lustrini sono più importanti della nostra vita. Mi auguro di essere smentita. Me lo auguro davvero perché devo aver fiducia nella Giustizia. Devo.

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