Strage di Mestre, effettuata l’autopsia sul corpo dell’autista: la Procura di Venezia ha deciso di secretarne l’esito

Tragedia di Mestre, il dato registrato: «Il bus viaggiava a 36 km orari». Maxi perizia sul guardrail

di Alberto Zorzi per Corriere.it

L’azienda: «I movimenti sono registrati. L’autobus è precipitato a 6 all’ora». Completata l’autopsia sull’autista: l’esito coperto da segreto investigativo

«Quello sul guardrail è un accertamento delicato, che riguarda questioni tecniche, non giuridiche. Per questo nomineremo in tempi brevi, spero già nei prossimi giorni, dei tecnici di comprovata esperienza e con loro valuteremo tutte le attività da svolgere. Se necessario dovremo anche fare una valutazione sulle iscrizioni nel registro degli indagati». Il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi annuncia una vera e propria maxi-perizia e conferma che l’attenzione degli inquirenti si sta concentrando anche sulla barriera metallica cavalcavia superiore di via della Libertà a Mestre da cui è precipitato l’autobus che faceva il servizio di navetta tra il Tronchetto e il campeggio Hu di Marghera. Tra le lamiere del mezzo, volato per dieci metri, sono morti 20 passeggeri, tutti stranieri, e il quarantenne autista trevigiano Alberto Rizzotto. Quindici persone sono rimaste ferite.

Cherchi ammette che nei prossimi giorni potrebbero anche esserci degli indagati, ma che finora non ce ne sono. «Il fascicolo è contro ignoti», spiega, tanto che ieri l’autopsia su Rizzotto è stata eseguita solo dai medici legali nominati dalla procura, Guido Viel e Roberto Rondinelli. Fondamentale per capire che cosa è successo sarà la visione di tutti i filmati, non solo quello di 34 secondi già divenuto pubblico, che riprende il mezzo della società La Linea Spa salire sul cavalcavia, passare a destra di un bus fermo e poi precipitare dopo aver strisciato per circa 50 metri sul guardrail, proprio in coincidenza di un’interruzione («un varco di servizio», dice il Comune) di un paio di metri del guardrail. Una scena di cui è stato testimone proprio l’autista di quell’autobus che era al semaforo e stava svoltando verso Marghera. «Ho visto il bus sopraggiungere alla mia destra, poi l’ho visto cadere nel vuoto – ha raccontato ieri alla trasmissione “Pomeriggio Cinque” di Canale 5 – Ho visto il retrotreno del mezzo alzarsi davanti a me e poi precipitare. Sulla parte posteriore, a sinistra, c’era del fumo, o qualcosa di simile».

In realtà il procuratore Cherchi ha escluso che l’incidente possa essere stato causato da un incendio a bordo. «O, meglio, non abbiamo nessun elemento che vada in questo senso», ha ribadito ieri. In ogni caso verrà fatta una consulenza tecnica anche sul mezzo, ora sotto sequestro e custodito in un deposito. Escluso che procedesse ad alta velocità, come si vede anche dal video. «La stiamo ancora accertando, di certo non era elevata», afferma Cherchi. Secondo l’ad de La Linea, Massimo Fiorese, dai dati raccolti sul «cloud» aziendale, l’impatto iniziale contro il guardrail sarebbe avvenuto a 36 chilometri orari, mentre quando si è avvicinato al precipizio era praticamente a passo d’uomo: 6 chilometri all’ora. «Il pullman correva ad una velocità ragionevole per quel tratto di strada. Era sulla sua traiettoria, mi sembrava avere un moto costante», ha aggiunto l’altro autista. Continuerà anche l’audizione dei feriti – prosegue Cherchi – «cercando un equilibrio tra le esigenze d’indagine e il rispetto dello stato psicologico di persone che in alcuni casi hanno perso i loro cari»

Le cause e la velocità

In realtà il procuratore Cherchi ha escluso che l’incidente possa essere stato causato da un incendio a bordo. «O, meglio, non abbiamo nessun elemento che vada in questo senso», ha ribadito ieri. In ogni caso verrà fatta una consulenza tecnica anche sul mezzo, ora sotto sequestro e custodito in un deposito. Escluso che procedesse ad alta velocità, come si vede anche dal video. «La stiamo ancora accertando, di certo non era elevata», afferma Cherchi. Secondo l’ad de La Linea, Massimo Fiorese, dai dati raccolti sul «cloud» aziendale, l’impatto iniziale contro il guardrail sarebbe avvenuto a 36 chilometri orari, mentre quando si è avvicinato al precipizio era praticamente a passo d’uomo: 6 chilometri all’ora. «Il pullman correva ad una velocità ragionevole per quel tratto di strada. Era sulla sua traiettoria, mi sembrava avere un moto costante», ha aggiunto l’altro autista. Continuerà anche l’audizione dei feriti – prosegue Cherchi – «cercando un equilibrio tra le esigenze d’indagine e il rispetto dello stato psicologico di persone che in alcuni casi hanno perso i loro cari»

Il nulla osta

La procura ieri mattina ha dato il nulla osta per restituire i corpi delle vittime alle famiglie. «Tutti sono stati identificati, abbiamo ritenuto che non ci siano dubbi sul fatto che la morte è stata una causa diretta dell’incidente e dunque dal punto di vista penale non serve fare le autopsie», ha aggiunto il magistrato. L’ipotesi di un incendio delle batterie di litio, visto che il mezzo era elettrico, resta sullo sfondo, anche se lo stesso sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ha affermato che i cadaveri estratti dal bus non erano carbonizzati. D’altra parte il colpo è stato tremendo e ha schiacciato il mezzo, dimezzandone l’altezza: da tre metri a un metro e quaranta. Per il rimpatrio delle salme c‘è in campo anche la Prefettura lagunare. «Il trasferimento deve avvenire con la massima celerità possibile e dando un aiuto morale a queste famiglie – spiega il prefetto Michele Di Bari – Domani avrò un incontro con le autorità consolari per facilitare le operazioni, a partire dai passaporti mortuari».

L’esame medico-legale

Ieri pomeriggio si è svolta l’autopsia su Rizzotto, sui cui primi risultati la procura ha ritenuto di non diffondere alcuna informazione, anche solo per confermare l’ipotesi del malore. Per il momento si è deciso di procedere senza coinvolgere le parti offese del tragico incidente, tramite propri legali o consulenti. Tra gli accertamenti da fare ci sarà anche l’apertura della scatola nera, che contiene le immagini delle telecamere interne all’autobus, direzionate verso la strada davanti e verso i passeggeri, ma non – per motivi sindacali – verso l’autista: non si potrà dunque vedere se ha perso i sensi e si è accasciato. «La scatola nera non l’abbiamo ancora aperta – ha detto Cherchi – Così come non abbiamo ancora analizzato il telefono che è stato trovato vicino all’autista».

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2 comments
  1. Continuate così, “non avete nulla da nascondere”, sempre più per dimostrare la stupidità delle masse, che ad oggi ancora tanti continuano a non capire la verità nonostante i loro carnefici in più di un occasione, e su tanti documenti hanno in qualche modo confessato. Un popolo di fessi non può che andare a sbattere.

  2. Nascondendo l’arma del delitto, ovvero l’esito dell’autopsia fa si che agli occhi di guarda e legge sia palese che sanno che ciò è la prova della pistola fumante, lo nascondono perchè sarebbe come darsi la zappa sui piedi, sarebbe come ammettere la colpevolezza dei siero velenoso. La sessa cosa che hanno fatto mettendo il segreto militare sul contenuto dei sieri velenosi, se non hai niente da temere perchè nasconderlo, sono talmente stupidi che non si rendono conto che negando l’evidenza riescono a rendere anche i loro più fedelissimi dei dubbiosi su ciò che hanno sempre affermato in proposito, se poi a qualcuno ciò non basta, allora posso solo dire, la natura faccia il suo corso di selezione, men idioti, meno problemi per chi ha un intelletto.

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