di Agata Iacono per L’Antidiplomatico
Si sta parlando tanto sui social del sistema di allarme su cellulare IT-Alert. Secondo me, perĆ², non si riesce a cogliere il vero focus del problema.
“Controllo sociale?”
“Come si puĆ² disattivare?”
Sono diventate virali le istruzioni per non ricevere il messaggio, a costo di far scaricare completamente la batteria del telefono.
Ma davvero crediamo che, per esercitare un controllo sulla popolazione, il sistema abbia bisogno di ricorrere ad un segnale di allarme generico?
Se ti arriva il messaggio, vuoldire che sotto controllo lo sei giĆ …
La sperimentazione ĆØ iniziata in modo scaglionato in varie regioni e oggi, giovedƬ 21 settembre, avrebbe fatto suonare i telefonini di tutti gli abitanti del Lazio.
Ma ĆØ stata rimandata a data da destinarsi causa allerta meteo.
Sembra un paradosso.
Lo ĆØ, ma non fa ridere.
Ć la conferma che questo sistema di allarme puĆ² provocare piĆ¹ problemi che altro.
Ho chiesto delucidazioni a membri della Protezione Civile.
“PerchĆ© il sistema di allarme deve essere disattivato quando c’ĆØ veramente motivo di allarme?”
Mi ĆØ stato risposto, in sintesi, che poichĆ© le persone non sono tutte informate e ci sono anziani analfabeti digitali o bambini che hanno il cellulare.
Se ricevono un allarme generalizzato e parallelamente si trovano in mezzo ad un temporale, inesorabilmente assoceranno l’allarme alla tempesta e potrebbero comportarsi in modo non controllabile. “La Protezione Civile non puĆ² andare dietro a gente presa dal panico, ha altro da fare, impegnatissima nel gestire l’allerta meteo”..
Quindi, quale sarebbe la ratio?
IT-ALERT a cosa serve?
Ad avvisare che c’ĆØ un pericolo, un terremoto, una frana, un’alluvione, un tornado?
E se la popolazione non ĆØ addestrata e istruita su come comportarsi cosa succede?
Il panico porterĆ le persone a scendere in strada al grido di si salvi chi puĆ²?
Oppure il messaggio sarĆ “restare a casa fino a nuovo ordine”?
La politica emergenziale vuole nascondere con un trillo sul cellulare il costante dissesto idrogeologico in un territorio che prioritariamente avrebbe necessitĆ di monitoraggio e manutenzione.
Io ho abitato 15 anni in un paesino abbarbicato sull’Etna, ad altissimo rischio sismico e giĆ piĆ¹ volte sommerso in passato dalla lava.
Tutte le scuole fin dalla prima infanzia organizzavano esercitazioni settimanali per gestire il panico e apprendere come e dove andare in caso di scossa sismica.
Tutta la popolazione, nessuno escluso, partecipava a simulazioni e esercitazioni pratiche periodiche per raggiungere i punti di raccolta, ognuno assumeva un ruolo specifico , anche per assistere bambini , anziani e disabili.
Durante le piccole scosse telluriche, che comunque spesso si susseguono senza soluzione di continuitĆ , alcuni abitanti avevano lo stesso reazioni di panico e terrore, ma sapevamo anche come gestirle e a chi rivolgerci.
IT-ALERT ĆØ una coperta sotto cui accumulare anni di incuria, di mancata gestione del territorio, di cementificazione e abusivismo, di totale impreparazione e coinvolgimento della comunitĆ sociale a gestire con organizzazione e competenza le eventuali emergenze.
Insomma, una “sola”, si direbbe a Roma, costata chissĆ quanto e totalmente inutile.
Tra l’altro oggi a Roma,
sono le 13 mentre scrivo, c’ĆØ il sole.
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