di Luca Attanasio per Il Domani del 21 settembre 2020
Almeno 40mila piccoli schiavi già a 6 anni scavano a mani nude il cobalto. Non più di dieci euro per tirar fuori in due giorni i dieci chili per una batteria al servizio della “rivoluzione verde”
- La piccola provincia del Lualaba, ex Katanga, che fornisce al mondo sviluppato il 70 per cento del cobalto che serve per le piccole batterie degli smartphone e per quelle massicce delle auto elettriche e ibride.
- Secondo l’Unicef sono oltre 40mila quelli che si calano nelle gallerie a età anche di 6-7 anni e scavano a mani nude per portare in superficie quantità sempre maggiori di cobalto. Per una batteria di un’auto elettrica ne servono una decina di chili, che sul mercato occidentale costano 300-350 euro, ma sono il frutto di due giornate di lavoro pagate tra i 3 e 5 dollari.
- Ai piccoli si aggiunge un esercito di sfruttati adulti, circa 160mila uomini e donne, ma anche ragazze che si occupano di selezionare, scartare e lavare il materiale estratto, esposte a ogni sorta di abusi.
Congo, bimbi morti e rimasti paralizzati nelle miniere di cobalto: class action contro i giganti del digitale. “Rispondano delle vittime”
di Giusy Baioni| per il Fatto quotidiano del 17 DICEMBRE 2019
La domanda di cobalto, indispensabile per le batterie al litio di dispositivi elettronici e auto elettriche, è triplicata negli ultimi anni ed è destinata ad aumentare. Quattordici famiglie congolesi hanno fatto causa a Apple, Google, Dell, Microsoft e Tesla: chiedono i danni per lavoro forzato e compensazioni per arricchimento illecito, supervisione negligente e inflizione intenzionale di sofferenza emotiva.
Sono solo due delle testimonianze contenute nella inedita class action intentata da alcune famiglie congolesi contro i colossi del digitale made in Usa. È la prima volta che accade. Come rivela il Guardian, il gruppo International Rights Advocates ha intentato causa contro Apple, Google, Dell, Microsoft e Tesla a nome di quattordici famiglie della Repubblica Democratica del Congo, i cui bambini sono morti o sono rimasti menomati durante il lavoro nelle miniere di cobalto. L’elenco – avvertono gli avvocati – non è esaustivo: le indagini sul campo stanno proseguendo e alle aziende accusate potrebbero aggiungersi altri nomi noti.
Le multinazionali sono accusate di favoreggiamento nella morte e nel ferimento di bambini durante il lavoro nelle miniere di cobalto che fanno parte delle loro catene di approvvigionamento. Si chiedono i danni per lavoro forzato e compensazioni per arricchimento illecito, supervisione negligente e inflizione intenzionale di sofferenza emotiva.
Il cobalto, infatti, è indispensabile per le batterie al litio presenti nei dispositivi elettronici e anche nelle auto elettriche. Non è un caso che la sua domanda sia triplicata negli ultimi cinque anni e che le previsioni siano di un ulteriore raddoppio entro il 2020. Oltre il 60% del cobalto mondiale si trova in Repubblica Democratica del Congo. E qui l’estrazione è legata ad abusi dei diritti umani, corruzione, distruzione dell’ambiente e lavoro minorile.
Secondo le accuse contenute nella documentazione prodotta da IRAdvocates, i bambini lavoravano illegalmente in miniere di proprietà della compagnia anglosvizzera Glencore, la quale vende il cobalto a Umicore, un trader basato a Bruxelles, che a sua volta vende il minerale lavorato a Apple, Google, Tesla, Microsoft e Dell. Altri testimoni parlano di miniere di proprietà di Zhejiang Huayou Cobalt, un’azienda cinese che anch’essa fornisce Apple Dell e Microsoft.
Secondo l’accusa, i colossi del digitale avevano “specifica conoscenza” che il cobalto nei propri dispositivi è frutto di lavoro minorile svolto in condizioni estreme e per questo ne sono complici. Tutte le aziende in questione avevano l’autorità e le risorse per supervisionare e regolare le loro catene di fornitura del cobalto e non l’hanno fatto. La loro inattività ha contribuito alla morte o al ferimento grave di minori. Minori pagati 2 dollari al giorno.
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