Bombolone Crosetto si permette di profetizzare il futuro del generale Vannacci: farebbe meglio a pensare al suo

Francesco Olivo per la Stampa – Estratti

Guido Crosetto, ministro della Difesa, siamo più vicini alla fine del conflitto in Ucraina?

«Non mi pare. Vorrei che si aprisse una nuova stagione, nel corso della guerra, di tregua, se non di pace, ma all’ultima riunione dei ministri della Difesa della Ue a Toledo ho avuto l’impressione che siamo ancora molto lontani da una soluzione pacifica del conflitto».

Lei auspica una nuova stagione, vuol dire che l’Italia sta cambiando linea?

«Assolutamente no. Io ho sempre detto le stesse cose. Ci sono due linee che devono marciare parallele: l’aiuto, anche militare, all’Ucraina, e il lavoro incessante per arrivare alla fine del conflitto. Un giorno spero che si possa raccontare tutto quello che l’Italia ha fatto e fa per una politica di pace e per arrivare alla pace».

(…)

E allora chi deve fare la prima mossa?

«I russi. Da oltre un anno e mezzo non c’è stato nemmeno un giorno in cui non siano piovute bombe russe sulle città ucraine. Si fermino, anche solo per 24 ore, e poi si può cominciare a parlare».

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, dice che non bisogna inseguire gli Stati Uniti: è d’accordo con lui?

«Ben venga la linea di Tajani più assertiva, la sottoscrivo pienamente. La politica estera italiana è una sola e lui e la Farnesina ne sono i registi ed i custodi. Non ci siamo mai sentiti “al traino” degli Stati Uniti ma alleati convinti».

Insomma, nessuno strappo?

«Tajani certifica una linea che già stiamo seguendo, mentre l’Italia era abituata in passato a chiedere permesso a tutti gli alleati per fare qualsiasi cosa».

E a chi si riferisce?

«A tante scelte passate. Ma anche ultimamente ho visto cose che non ho capito: noi abbiamo superato la dipendenza dal gas russo soprattutto grazie alla cooperazione con l’Azerbaigian e dopo che abbiamo preso quello che ci serviva ho visto molte titubanze nel proseguire un rapporto, ad esempio nell’ambito difesa. Ma se si sceglie una linea, dobbiamo andare fino in fondo, anche se qualche alleato non è contento».

(…)

Cosa ha pensato delle parole dell’ex premier Giuliano Amato sulla strage di Ustica?

«A stupirmi non è la tesi, che non è nuova, ma la persona che ha voluto riportarla alla ribalta».

Perché Amato ne parla adesso?

«Me lo chiedo, ma non ho risposte. Non credo sia una cosa casuale».

Matteo Salvini pretende chiarimenti dalla Francia: è la linea del governo?

«Io faccio il ministro della Difesa, non mi compete parlarne. Ma forse compete al vicepremier, che si occupa di infrastrutture e trasporti, anche aerei ed anche di argomenti rilevanti di ogni tipo come leader politico».

Il generale Vannacci, che lei ha rimosso dall’incarico dopo la pubblicazione di un libro molto controverso, le ha chiesto un incontro. Lei ha accettato. Perché?

«Io non ho rimosso nessuno, per essere chiari. In questa vicenda c’è, da parte mia, qualcosa da chiarire riguardo alla disciplina militare, le regole delle forze armate e quindi lo riceverò. Per ascoltare quello che deve dirmi e dirgli cosa pensa il ministro della Difesa».

Cosa gli dirà?

«Lo dirò a lui. Lei avrà visto che ho tenuto questa vicenda all’interno del Ministero della Difesa, non ho fatto manifesti o proclami politici o telefonate e non ho cercato di andare in tv o sui giornali per prendere spazi politici su questa vicenda che per me è interna».

La sorprende che questo generale vada a fare l’opinionista in tv e non escluda una candidatura?

«No. Conosco i meccanismi della comunicazione. Ho visto nascere e morire molti personaggi in questo Paese: si creano degli eroi, poi si distruggono».

La Lega dice esplicitamente di voler candidare il generale.

«Fa parte di un modo di fare politica che spesso porta consensi. Non è una novità, abbiamo candidato tutti e di tutto, negli anni. Soprattutto persone che diventano momentaneamente simboli di qualcosa. Di per sé, candidare un generale, quando si congeda, è ottimo, la scelta di parlarne ora fa parte di una strategia politica sulla quale non mi compete entrare».

La segretaria del Pd, Elly Schlein, chiede di rinviare l’impegno italiano di raggiungere il 2% del Pil in spese militari, secondo gli accordi Nato. Che ne pensa?

«È legittimo, ma devono andare fino in fondo: dicano che vogliono uscire dalla Nato. Il 2% non è una scelta italiana, se seguissimo le indicazioni di Schlein saremmo fuori dalle regole della Nato. Quindi il non detto di questa posizione è: “Usciamo dalla Nato”. Opinione legittima, magari vogliono entrare nei Brics. Vedano loro, per me non è in agenda».

Per la manovra le risorse sembrano limitate, sarà complicato mettere d’accordo i partiti della maggioranza?

«Non si può fare tutto. I ministri non sono i sindacalisti di qualcuno o di qualcosa. I destini dello Stato sono superiori agli interessi dei partiti. Se non si capisce questo vuol dire che non si è maturati politicamente». Ce l’ha con Matteo Salvini? «No, perché? Tutt’altro. Quello che leggo nei retroscena non lo ritrovo nel Consiglio dei ministri, dove registro una grande armonia

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