“Non c’è nulla di cui preoccuparsi”. Per i medici non ha niente: poi la terribile diagnosi e la morte a causa del solito tumore fulminante

Era andata dal suo medico di famiglia lo scorso gennaio perché quelle sensazioni di stanchezza proprio non se ne andavano. Un primo consulto, poi era stata mandata in ospedale dove le era stato detto che non c’era “nulla di cui preoccuparsi” e che i suoi sintomi potevano essere dovuti al vaccino anti Covid. Poco dopo, però, la donna mamma di due bambini, aveva visto spuntare una massa. Dopo aver chiesto un secondo parere, i medici avevano ipotizzato che il suo nodulo potesse essere un prolasso della vescica dovuto alla gravidanza o una malattia sessualmente trasmissibile.

Insoddisfatta di come i medici stavano gestendo il suo caso, la signora si era rivolta altrove. Perché, spiegava, “Quando sono andata dai medici per la prima volta con i miei sintomi, sapevo che qualcosa non andava. Ho dovuto insistere affinché l’infermiera mi esaminasse per la seconda volta durante il mio appuntamento e lei mi ha detto che non c’era nulla di cui preoccuparsi”.

Katie Pritchard, che lavora all’Horton General Hospital di Banbury, si era rivolta a un appuntamento con un ginecologo alla Stratford Sexual Health Clinic lo scorso febbraio. Lì le fu diagnosticato un cancro alla cervice. Era stata costretta ad aspettare tre mesi dolorosi prima che iniziasse il trattamento, a quel punto il cancro si era diffuso. Dopo una prima fase di speranza, lo scorso dicembre la sentenza più brutta.

Le erano stati concessi pochi mesi di vita. La sua famiglia aveva persino finanziato in crowdfunding oltre 25.000 dollari per farle provare l’immunoterapia Pembro, perché era stato detto loro che poteva essere “la sua unica speranza”, ma nulla da fare. A maggio la famiglia di Pritchard l’aveva portata in un hospice poi la morte.

“Katie e io siamo – raccontava il marito – siamo rimasti assolutamente stupefatti dal sostegno di persone che conosciamo, persone che non conosciamo, persone nel Regno Unito, all’estero, persone con una storia personale vicina alla nostra e persone che volevano semplicemente aiutarci. Questo sostegno non è stato solo un evidente aiuto finanziario, ma ha dato la sensazione che non fossimo soli nella nostra lotta”.

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