La follia dei giudici regala a Trump un consenso mai avuto fino ad oggi: l’ultima incriminazione fa ridere. Si riferisce ai brogli compiuti dalla feccia per regalare a Biden la vittoria nel 2020

Alla fine è arrivata. La quarta incriminazione dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, anticipata nelle scorse ore da Il Giornale d’Italia, è stata annunciata nella notte tra lunedì 14 e martedì 15 agosto. Dopo le tre piovute addosso al probabile candidato alla Casa Bianca del 2024 per il Partito Repubblicano, si aggiunge quindi quella per la presunta cospirazione alle elezioni del 2020, atta a ribaltare l’esito del voto nello stato della Georgia, dove il suo allora contendente (l’attuale presidente Biden) era riuscito a superarlo per poche migliaia di voti.

La contestazione della procuratrice Fani Willis

41 i capi di imputazione scaturiti dalla telefonata con la quale, nel gennaio 2021, Trump chiedeva al Segretario della Georgia, Brad Raffensperger, di “trovare gli 11780 voti necessari per vincere lo Stato”. Di questi 41 capi d’imputazione, 13 sono per Trump. Gli altri, invece, coinvolgono altre 18 persone del suo staff, a detta della procuratrice della contea di Fulton (autrice delle accuse) Fani Willis, coinvolte a vario titolo nell’affaire Georgia. Tra queste 18, anche l’ex sindaco di New York, e fedelissimo dell’ex presidente, Rudy Giuliani.

Willis, si apprende, avrebbe utilizzato, nell’apertura della sua inchiesta, la sponda legale offerta dalla legge anti racket (RICO), concepita inizialmente per il contrasto alle attività di associazioni criminali di stampo mafioso. La donna, che la CNN riporta definirsi una Democratica, ha elencato in 97 pagine di documentazione le otto motivazioni alla base delle azioni intraprese contro Trump ed i membri del suo staff. Tra le otto accuse, quella di aver mentito al parlamento locale della Georgia ed aver creato “falsi grandi elettori” affinché dichiarassero la vittoria di Trump.

La controffensiva di Trump

Non si è fatta attendere la presa di posizione di Trump, che a pochi minuti dall’annuncio di Willis si è rivolto ai propri sostenitori con un post su Truth (il social network da lui fondato e diretto) nel quale descrive l’offensiva legale nei suoi confronti negli ultimi mesi come una caccia alle streghe. Contesta, in particolare, l’ex presidente, la scelta delle tempistiche per la notifica delle indagini, addormentatesi per 2 anni e mezzo e all’improvviso esplose, tutte insieme, a ridosso dell’inizio delle campagne elettorali (sia di quella per la guida del Gop che quella per il voto alle elezioni di midterm del 2024).

Altro tema fortemente cavalcato da “the Donald”, l’apparizione, sul sito della contea di Fulton, della lista dei capi di imputazione a lui mossi diverse ore prima dell’approvazione del Gran Giurì delle incriminazioni proposte da Willis. Secondo quanto riportato dall’ex presidente, questa sarebbe la prova della corruzione del sistema e della politicizzazione della scelta di procedere nei suoi confronti, attaccandolo con i tribunali per inibirne l’attività elettorale. Interrogata sulla questione dei capi d’imputazione apparsi sul sito della contea, la procuratrice Willis si è rifiutata di commentare.

Trump dovrà ora presentarsi in tribunale entro il 25 agosto, mentre il processo, secondo volontà di Willis, dovrebbe iniziare entro i prossimi sei mesi (nel pieno della campagna elettorale). A differenza degli altri tre processi in corso, questo non sarà un processo federale: in caso di elezione alla Casa Bianca ed incriminazione, quindi, Trump non potrà graziare sé stesso. Secondo indiscrezioni, questo processo dovrebbe poter permettere l’accesso di telecamere in aula.

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