“Curarsi è diventato un lusso, le liste d’attesa sono una vergogna” Il professor Zangrillo durissimo sulle disfunzioni della sanità: potrebbe rivolgersi a suo fratello, ministro del governo Meloni

«Il bene primario, il vero bene di lusso oggi in Italia è la salute. Il regalo più bello che io potrei fare ai miei figli è garantire loro che un domani possano essere curati. Ma credo che questo tipo di garanzia stia a poco a poco scemando». Sono le parole del professor Alberto Zangrillo, primario dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Generale dell’Ospedale San Raffaele di Milano. In un’intervista a La Stampa, il professor Zangrillo commenta le liste d’attesa infinite, la carenza di presidi sul territorio, la carenza di risorse e le disfunzionalità organizzative del servizio sanitario pubblico. Secondo il primario del San Raffael, il problema non si tratta tanto di carenza di medici di base, quanto più del fatto che i cittadini – a causa di disfunzioni territoriali – si rivolgono agli ospedali.

L’intasamento del pronto soccorso

Intasando dunque i pronto soccorso, che perdono così la loro funzione originaria. Ma non è il solo problema. «Certamente – prosegue Zangrillo – mancano le risorse, e quelle che ci sono vanno usate in maniera sapiente, non sprecandole. Nel privato, chi le spreca, va a casa». Secondo il primario del San Raffaele è necessario un cambio di passo nella distribuzione delle risorse, che vanno distribuite tenendo conto anche della qualità: «Dobbiamo avere il coraggio di controllare il risultato». Per spiegare meglio il metodo da impiegarsi, il professor Zangrillo spiega: «Al San Raffaele vengono stabiliti tetti di spesa, cioè quel valore economico per cui ci vengono riconosciute le prestazioni. Ma se a ottobre, novembre, abbiamo raggiunto quel tetto, cosa facciamo? Lavoriamo in perdita?».

I tetti di spesa

E quindi: «C’è un principio in medicina che è fondamentale: una patologia, quanto più è grave, tanto più può essere curata efficacemente in ospedali che registrano un’alta densità di casi. Se un ospedale vede quella determinata patologia due volte l’anno, è inutile portargliela. Va indirizzata nei cosiddetti centri hub, che sono così definiti perché a parità di valore sono migliori a prescindere da quelli pubblici: si stabiliscono alla qualità espressa». E il prof Zangrillo conclude: «Se non riusciamo a prendere questi provvedimenti andremo sempre peggio e non cureremo più i nostri cittadini».

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